UN PASTORE RUMENO NELLA NOTTE DI CRACO VECCHIA
lettere lucane
Una decina di anni fa andai a prendere all’aeroporto di Bari l’allora direttore della narrativa Rizzoli Michele Rossi. Non so che libro dovevamo presentare in Basilicata l’indomani, ma prima dell’imbrunire decisi di fargli vedere Craco vecchia, perché pensavo che quel paese abbandonato e spettrale fosse il modo migliore per farlo entrare nel “mistero” della mia terra. Michele si trovò catapultato nel giro di tre ore dalla Milano alla moda a una realtà magica e atemporale. Purtroppo sbagliai strada, e per questa ragione arrivammo a Craco vecchia che era quasi buio. Scendemmo e parlammo ai piedi del paese abbandonato. A un certo punto però dalle rovine apparve la sagoma di un uomo, e poco mancò che non svenissimo dalla paura. Chi era quell’uomo? Un fantasma? Accesi una sigaretta e parlai a quello spettro: “Chi sei? Cosa vuoi?” Michele tremava, si era ammutolito – e io, per un attimo, temetti per lui. L’uomo si avvicinò rapidamente; e, così vicino, potemmo vederne il volto. Era un pastore rumeno, anch’egli spaventato, ma in fondo felice di poter parlare con qualcuno. Viveva lì nascosto da molti mesi, e non aveva amici. Viveva senza luce né acqua in una di quelle case diroccate dove qualcuno aveva deciso di “alloggiarlo”. Michele ovviamente si calmò, ma rimase molto colpito dalla storia dura e dolorosa di quel ragazzo, che viveva peggio di un pastore di mille anni prima. Quella sera ci fu definitivamente chiaro che tutto ciò che di brutto e di pauroso c’è su questa terra, e che noi tendiamo a identificare con il demoniaco, il magico, il sovrannaturale, il fantasmatico, ecc., è in realtà qualcosa di molto concreto, frutto delle nostre scelte e dei nostri comportamenti. E infatti l’apparizione di quel ragazzo rumeno in carne e ossa aveva spazzato via in un colpo solo tutto il ciarpame esotista, pittoresco e folcloristico che avvolge da alcuni anni Craco vecchia.