SE IL LAVORO STAGIONALE È PAGATO POCO E MALE
Lettere lucane
Chi mi legge sa che sono assai critico nei confronti del reddito di cittadinanza. Soprattutto se protratto per anni alla popolazione giovanile, che ha il dovere – se è in salute – di rimboccarsi le maniche e di guadagnarsi il pane quotidiano con il sudore della fronte. E perciò ho trovato giusto l’allarme lanciato dal Presidente della Giunta regionale campana Vincenzo De Luca, secondo il quale in Campania ci sarebbero grandi difficoltà a reclutare camerieri e lavoratori stagionali, perché i giovani, sempre secondo De Luca, preferirebbero di gran lunga il reddito di cittadinanza, al quale sommare qualche lavoretto in nero. Non nego che De Luca abbia in parte ragione: il reddito di cittadinanza è un disincentivo al lavoro, e impigrisce colpevolmente le nuove generazioni. Eppure il suo ragionamento non tiene conto di un problema, che prima o poi andrà risolto anche con una legge ad hoc. Un cameriere stagionale in Basilicata non guadagna cifre allettanti – nei posti più rinomati e rilevanti turisticamente le cose vanno meglio –, e guadagna assai meno, fino alla metà, nei posti meno blasonati o nelle strutture poco prestigiose. Bisogna anche dire che lavorare durante la stagione estiva significa quasi sempre lavorare senza giorni di riposo e spesso oltre le 10 ore giornaliere – nei ristoranti di mare un cameriere può prestare servizio fino a 12 o 13 ore al giorno. Finché si tratta di studenti che lo fanno per mettere qualche cosa da parte per gli studi può anche andar bene – forse; ma per padri di famiglia che lo fanno come lavoro non saltuario è assolutamente umiliante accettare condizioni ai limiti della sopravvivenza. È certamente vero, dunque, che molti giovani approfittano del reddito di cittadinanza per non mettersi in gioco; ma va anche detto che sono tanti i ristoratori e gli albergatori che fanno gli splendidi sfruttando gli altri “perché tanto là fuori c’è la fila”.