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LA BRUTTA MORTE A MONTEVIDEO DI LUCA VENTRE

Lettere lucane

Non so quanti lucani conoscano la storia di Luca Ventre – io ne ho sentito parlare per la prima volta soltanto ieri. È una storia triste e brutale che merita la nostra attenzione e quella della magistratura, che giustamente si sta occupando del caso. Luca Ventre, 35 enne, originario di Senise, viveva in Uruguay, dove la sua famiglia è molto conosciuta avendo alcune attività imprenditoriali sul posto. Da un po’ di tempo Luca non si sentiva al sicuro – si sentiva come minacciato. Il fratello ha confidato al giornalista di “Repubblica” Clemente Pistilli quanto segue: “Diceva di essere minacciato, anche se non ha mai chiarito esattamente da chi e per cosa, e nostro padre a fine anno gli aveva detto di dormire in hotel e che poi insieme si sarebbero attivati per farlo tornare in Italia. Ecco perché alle 7 si presenta in ambasciata, suona, nessuno risponde e lui scavalca il muro di recinzione. Sapeva che a quell’ora aprivano gli uffici, ma non aveva considerato che quel giorno era un festivo e non c’era nessuno”. Insomma, il primo gennaio di quest’anno Luca Ventre si presenta all’ambasciata italiana di Montevideo con in mano delle carte e, trovando tutto chiuso – è pur sempre capodanno – decide di scavalcare il muro, e di dirigersi verso gli uffici. Ma qui succede qualcosa di orrendo. Luca, che pure solleva subito le mani in segno di resa, viene buttato a terra e soffocato brutalmente da un poliziotto per più di dieci minuti. Dopodiché, con lentezza inaudita, viene portato in ospedale, ma ormai è senza vita. Ripeto, quella di Luca è una storia triste e brutale, che merita la nostra attenzione e l’accertamento dei fatti da parte della magistratura, perché è vero sì che entrare in un’ambasciata scavalcando un muro non è consentito, ma in egual misura non è consentito a nessun “poliziotto” ridurre così un uomo che non ha dato segni né di aggressività né di pericolosità.

diconsoli@lecronache.info

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