PER CAPIRE L’ECONOMIA SERVE MARX, MA ANCHE FREUD
Lettere lucane
Ho letto con attenzione l’allarme lanciato dal segretario regionale della Cgil Basilicata Angelo Summa, che a proposito delle povertà ha sottolineato “un quadro desolante, persino in confronto con altre regioni meridionali”. Summa ha dichiarato che siamo tornati ai livelli del 2012. Inoltre, il segretario regionale del principale sindacato italiano ha accusato la Regione di scarsa attenzione sui temi sociali e ha messo in guardia dalle crescenti infiltrazioni mafiose e dal costante calo demografico. Che dire? Summa ha senz’altro ragione. Ma mi chiedo anche – al di là della crisi conseguente alla pandemia – in che modo stia cambiando il mondo del lavoro, l’impresa, il rapporto con il lavoro manuale, il rapporto tra formazione e lavoro, la psicologia media delle ambizioni e delle aspettative. Siamo in un’epoca di profonde e radicali trasformazioni, e credo sia necessaria un’analisi non soltanto “sindacale” della realtà, bensì sociologica, psicologica, antropologica, ecc. Cosa sogna davvero la popolazione cosiddetta attiva? Che aspettative ha? E in che modo il reddito di cittadinanza ha cambiato la percezione dell’etica del lavoro? E ancora: come sta cambiando il rapporto con la ricchezza da parte delle nuove generazioni? Siamo certi che i giovani abbiano gli stessi obiettivi di noi più anziani? Lo Stato in tutte le sue articolazioni deve certamente elaborare una concreta politica industriale che porti al massimo livello il potenziale produttivo, il rispetto delle leggi (ambientali, sindacali, ecc.), il reddito medio pro capite e l’occupazione. Ma noi non viviamo in uno Stato socialista – o almeno: non ancora. In che direzione dunque sta andando la spontanea energia produttiva ed economica dei lucani? Che ambizioni hanno, i lucani? E quali sono i punti deboli della loro ideologia della ricchezza e del lavoro? Non basta Marx. Ci vuole anche Freud.