«IN BASILICATA 3 VOLTE SU 4 L’ABUSIVO RIESCE A FARLA FRANCA»
EDILIZIA Dal Report di Legambiente, numeri lucani sconcertanti: 190 esecuzioni su 732 ordinanze di demolizione
POTENZA. «Nelle regioni del Sud Italia, dove il fenomeno dell’abusivismo edilizio ha pesantemente compromesso il territorio, le demolizioni sono ferme al palo andando, così, ad aumentare il divario con un Nord Italia che, invece, fa più controlli, sanziona l’abuso e demolisce».
È quanto emerge in sintesi dalla fotografia scattata dalla seconda edizione del dossier “Abbatti l’abuso” di Legambiente sulle mancate demolizioni edilizie nei comuni italiani, dalla quale emerge con chiarezza una Penisola spaccata in due. Eloquente il dato nazionale: sulla base delle risposte complete date dai 1.819 comuni (su 7.909) al questionario di Legambiente, nella Penisola dal 2004, anno dell’ultimo condono, al 2020 è stato abbattuto solo il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, un dato “trainato” dall’attività degli enti locali delle regioni del Centro Nord.
FIOCCANO LE ORDINANZE, MA LE ESECUZIONI SCARSEGGIANO:PAGA SOLO 1 ABUSIVO SU 4
Male il Sud Italia dove, dove la Basilicata con 190 esecuzioni su 732 ordinanze di demolizione si salva parzialmente con un, peraltro, insoddisfacente 26% (al 13° posto nella classifica nazionale), mentre la Puglia si piazza in fondo alla classifica con un misero 4%, preceduta dalla Calabria (11,2%), dalla Campania (19,6%), dalla Sicilia (20,9%) e dal Lazio (22,6%).
«In altri termini ha dichiarato Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata 3 volte su 4 l’abusivo in Basilicata ha la quasi matematica certezza di farla franca. Può andargli ancora meglio se l’immobile è stato realizzato lungo le coste. I numeri del Dossier sono nel complesso preoccupanti e dimostrano come in Italia, ma anche in Basilicata, l’abusivismo e il cemento illegale siano ancora una piaga da sanare. Infatti, come Legambiente racconta nei suoi annuali rapporti Ecomafia, i reati nel ciclo del cemento anche nella nostra Regione sono in costante aumento. L’abusivismo rispetto al passato è diventato una pratica più subdola e più difficile da individuare in quanto spesso fondata sull’ottenimento di permessi di costruire sulla base di false dichiarazioni, ampliamenti e modifiche nella categoria degli immobili in difformità dai permessi».
A ciò si aggiunge anche quello che Legambiente ha definito un «“pasticcio”» generato nelle scorse settimane dalla circolare interpretativa inviata dal Ministero dell’Interno a tutte le prefetture che va ad azzerare l’efficacia della norma, inserita nella L.120-2020, c.d. Dl Semplificazioni, che attribuisce ai prefetti il potere sostitutivo nelle demolizioni degli abusi edilizi, di fronte all’inerzia dei Comuni che emettono le ordinanze ma non le eseguono. «Applicando le disposizioni della circolare ministeriale ha denunciato Legambiente si va a ristringere l’ambito d’azione dei prefetti ai soli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e, escludendo tutte le ordinanze su cui sia pendente un ricorso per via amministrativa. Pertanto, decine di migliaia di manufatti illegali sono destinati a rimanere esattamente dove sono, com’è successo finora».
«Procedere con gli abbattimenti ha spiegato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente è il migliore deterrente perché si scongiuri il sorgere di nuovi abusi edilizi. Il quadro che emerge dal nostro dossier conferma la necessità, non più procrastinabile, di avocare allo Stato il compito di riportare la legalità dove le amministrazioni locali non sono riuscite a farlo per decenni. Per questo abbiamo elaborato un emendamento all’ultimo decreto “Semplificazioni” del governo Draghi con l’obiettivo di ricondurre a un’interpretazione autentica della disposizione, nel pieno rispetto della ratio legis, fugando ogni margine di dubbio circa la sua applicazione. Alla ministra Lamorgese e al Parlamento chiediamo di rivedere e correggere la nota interpretativa del ministero riaffermando il potere d’intervento dei Prefetti su tutte le ordinanze emesse dai Comuni. Per liberare il Paese dallo sfregio del cemento selvaggio e dall’abusivismo impunito serve un netto cambio di direzione che solo la classe politica può intraprendere, non sono ammessi più ritardi o passi falsi».
IL QUESTIONARIO: I COMUNI NON RISPONDONO
“Abbatti l’abuso” è il questionario che Legambiente ha inviato ai 7.909 comuni d’Italia e a cui hanno risposto in maniera completa e corretta 1819 amministrazioni (un tasso di risposta del 23%).
È stato chiesto di fornire il numero di ordinanze di demolizione emesse dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, al 2020 il numero di esecuzioni, il numero di immobili trascritti al patrimonio pubblico e quello delle pratiche trasmesse alle Prefetture come previsto dalla nuova legge in caso di inottemperanza entro 180 giorni. In fatto di trasparenza della pubblica amministrazione, si distingue la Provincia autonoma di Bolzano, dove il 55,2% dei Comuni ha fornito i dati richiesti. Maglianera alla Calabria, dove rispondono solo 15 comuni su 404 (il 3,7%). La Basilicata si colloca al 16° posto con appena il 13% dei 131 Comuni che hanno fornito risposta al questionario.
TRASCRIZIONI NEL PATRIMONIO IMMOBILIARE DEL COMUNE SEMPRE PEGGIO
Quando il proprietario di un immobile abusivo non rispetta l’ingiunzione alla demolizione entro il termine di 90 giorni, l’edificio viene automaticamente acquisito al patrimonio immobiliare pubblico, inclusa l’area di sedime per un’estensione massima di dieci volte la superficie dell’abuso. Non essendoci controlli o sanzioni, fatta eccezione per qualche pronuncia della Corte dei conti che in alcuni casi ha calcolato e addebitato ai Sindaci il danno erariale da mancata acquisizione o, peggio, da occupazione illegale da parte degli ex proprietari, i Comuni non procedono alle trascrizioni. Dal questionario di Legambiente, emerge che solo il 3,8% degli immobili risulta ufficialmente nel patrimonio immobiliare degli enti locali. In controtendenza, c’è la Sicilia, che guida la classifica regionale degli immobili acquisiti a patrimonio pubblico (873) dove i Comuni hanno formalizzato la proprietà nel 19,2% dei casi. In valori assoluti la seconda regione è il Lazio (540 immobili acquisiti), seguita dalla Campania (212), dall’Emilia Romagna, con 135 trascrizioni, e dal Piemonte (89). La Basilicata con 5 trascrizioni su 732 ordinanze di demolizione emesse (lo 0.7%) si colloca al 15° posto. Legambiente ha chiesto anche di indicare il numero di pratiche inevase inviate alle prefetture sulla base della legge 120 del 2020. Sebbene la norma che attribuisce le competenze sostitutive ai prefetti sia recente e abbia avuto un periodo di applicazione di pochi mesi, e nonostante la circolare del Ministero, c’è un numero che balza subito in evidenza. In Sicilia, tra le regioni leader per abusivismo e per mancate demolizioni, i Comuni che hanno risposto al questionario di Legambiente hanno già trasmesso ai prefetti il 12,7% delle proprie ordinanze non eseguite e ben il 48,6% del totale nazionale delle pratiche trasmesse ai prefetti, ossia 454 su 935.
Per Legambiente «siamo di fronte a un dato che conferma la corretta interpretazione della legge da parte degli uffici comunali e la bontà della ratio della norma fortemente voluta da Legambiente, che deve sancire un definitivo cambio di passo sul fronte delle demolizioni, avocando allo Stato il compito di ripristinare la legalità quando i Comuni, per tutte le ragioni che sono state alla base dell’intervento legislativo, a cominciare da quelle legate ai contraccolpi sul consenso elettorale, non hanno provveduto».
«Ci aspettiamo ha aggiunto Lanorte che anche la Basilicata, dove i Comuni che hanno partecipato al questionario hanno trasmesso ai prefetti solo il 2,4% delle proprie ordinanze non eseguite (13 su 542), possa incrementare in breve tempo questi numeri, al momento insoddisfacenti».