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MELFI, STELLANTIS: LA STRANA GIOIA DEI SINDACATI E L’AD TAVARES CHE GIOCA A CARTE COPERTE

Tra forti buone uscite e avvertimenti di trasferimenti: più che all’elettrico, la multinazionale sembra concentrata sul costo del lavoro

Stellantis e stabilimento industriale di Melfi: verba volant, scripta manent.
Le parole sono quelle del fronte dei sindacati, Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqfc, urlante alla «conquista storica» dell’accordo di venerdì scorso, che è lo scritto, che rimane, in questione. Cesellando gli elementi, la dissonanza tra i toni trionfalistici e il contenuto degli enunciati, emerge con impressionante naturalezza.
Di immediata conclusione, 2 le ipotesi: o i sindacati lucani conoscono nei dettagli le future manovre di Stellantis e aiutano l’Ad Tavares nel proseguio del gioco a carte coperte, oppure, concedendo il beneficio del dubbio, ignorano.
Premessa importante, l’attuale piano industriale in vigore è quello 2018- 2022. Questo il dato certo, mentre quello aleatorio, un impegno su carta dal dubbio valore vincolante, è che a partire dal 2024, a Melfi sarà allocata la produzione di 4 nuovi modelli completamente elettrificati, ma l’evoluzione organizzativa prevede la produzione di vetture «su una linea soltanto».
Per i sindacati, non ci sarà «alcuna dichiarazione di esuberi strutturali». In più punti, la linearità logica dell’entusiasmo sindacale post accordo, si spezza aprendo il varco a interrogativi dai nebulosi risvolti.
Per esempio, come spiegato dal fronte dei sindacati «per i lavoratori che volontariamente vogliono uscire dall’azienda ma che non hanno i requisiti pensionistici, è previsto un incentivo che può arrivare fino a 75mila euro lordi». L’incentivo alla buona uscita appare molto elevato tanto che in alcuni casi potrebbe rappresentare circa il triplo dello stipendio annuale incassato dal lavoratore interessato dalla misura.
Il dato oltre a non collimare con i con i «non esuberi strutturali» e con la narrazione riportante un’azienda solida, è ulteriormente reso enigmatico dall’aggiunta, sempre per voce sindacale e che tra l’altro sembra proprio un avvertimento neanche troppo velato, che «saranno favorite, in questa fase congiunturale, le trasferte verso gli stabilimenti italiani ed europei del gruppo Stellantis».
Nel caso dell’accordo, pertanto, la rinuncia alla forte buona uscita volontaria, fa rima, tra le altre cose, anche col rischio trasferimento chissà dove. Stime sull’entità delle adesioni, non ce ne sono, ma si può ipotizzare che la cifra numerica sarà rilevante.
Da considerare, inoltre, che per chi invece ha i requisiti, è prevista l’ incentivazione volontaria all’esodo.
Più di qualche incertezza è racchiusa anche nella previsione dell’accordo riguardante il contratto di solidarietà difensivo, che vero è che favorisce una equa rotazione giornaliera, ma nella «percentuale massima del 45%».
Le manovre di Stellantis sull’occupazione e sul costo della mano d’opera a Melfi, allo stato attuale delle cose, appaiono tutt’altro che rassicuranti e nitide.
A maggior ragione, che si evince senza particolari difficoltà come i “convitatt di pietra”, mai citati, casualmente o causalmente, dai sindacati lucani, sia no il costo del lavoro e le tipologie contrattuali di cui Stellantis prevede di avvalersi.
Per questi e altri motivi ancora, sulla «volta storica»: verba volant, scripta manent.

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