MACCHIA GIOCOLI: IL COMUNE DOPO ANNI ANCORA NON HA TRASCRITTO LA SUA PROPRIETÀ DEI TERRENI
La storia infinita degli espropri anni’80. Ai residenti toccherebbe un esborso di circa 10milioni per i suoli, ma nessuna Amministrazione li ha mai chiesti
POTENZA. È una storia che dura da circa quarant’anni. Dopo aver fatto sacrifici, contratto mutui, risparmiato per comprare una casa, 250 famiglie si ritrovano, per lo Stato, ad essere proprietarie di nulla. E con la spada di Damocle di una richiesta di risarcimento per il terreno che andrebbe pagato al Comune di Potenza, risultato secondo la giurisprudenza: unico proprietario. I cittadini delle cooperative di Macchia Giocoli e Macchia Romana continuano a vivere sulle spine, pressati da un esborso che varia dai 15mila ai 25mila euro per una partita che complessivamente ammonta a circa 10-12 milioni di euro. Inutili, in tutti questi anni, gli appelli a fare presto, a trovare una soluzione che non li penalizzi. Siamo sempre al punto di partenza. Ma la situazione oggi si fa sempre più calda, considerato che da parte della giunta Guarente, che ha ereditato questo bubbone, l’unica ipotesi è di tornare alla sentenza, passata in giudicato, del Consiglio di Stato che obbliga l’amministrazione comunale a mettere le mani in tasca ai cittadini.
I FATTI. A seguito del ricorso dei proprietari dei suoli, il Consiglio di Stato con sentenze del 1992 e del 1999 ave-va annullato gli atti comunali di assegnazione dei suoli a 4 cooperative localizzate a Murate e 8 cooperative localizzate a Macchia Giocoli sostenendo che in entrambi i casi “erano state omesse le indagini in ordine alla sussistenza, in capo ai soci, dei requisiti di legge per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica“. Nel caso di Macchia Giocoli si conte stava anche “l’illegittimità della localizzazione in terreni a destinazione agricola“. Nel 2002 il tribunale di Potenza condannava, in solido comune e cooperative, a pagare i suoli ai legittimi proprietari. A seguito di un ricorso dei soci, nel 2006, la Corte di Appel-lo di Potenza stabiliva invece che il risarcimento era dovuto al solo Comune.
Per effetto di tali sentenze tra il 2004 e il 2007 l’Amministrazione Santarsiero riconosceva debiti fuori bilancio per circa 12 milioni di euro per il pagamento dei suoli ai signori Cammarota e Giocoli.
Successivamente l’Amministrazione Comunale, nel 2009, dichiarava l’acquisizione al patrimonio comunale delle aree interessate e, nel 2011, con delibera del Consiglio Comunale invitava le cooperative e i soci assegnatari ad acquistare la proprietà dei suoli, riservandosi, in caso contrario, l’accesso agli alloggi come previsto dalla legge.
Tale delibera veniva impugnata dai soci delle cooperative. Il Tar, accogliendo tale ricorso, giudicava illegittima la delibera del Consiglio Comunale. Il Comune, però pensando di aver operato in buona fede nel 2012 ricorreva in Consiglio di Stato il quale in data 16 aprile 2014 depositava la propria sentenza con cui si accoglieva l’appello proposto dal Comune. In tale sentenza il Consiglio di Stato,ripercorrendo l’intera vicenda, afferma che è da considerarsi “inficiata la convenzione tra il Comune e le cooperative” e che pertanto “una volta annullata l’assegnazione alle cooperative, non può ritenersi che le convenzioni continuino ad esplicare i loro effetti come se nulla fosse avvenuto, come pretendono gli appellati”.
La sentenza pertanto conferma la piena legittimità della decisione presa dal Consiglio Comunale con la delibera n. 121 del 2011 che proponeva ai soci delle cooperative l’alternativa della cessione onerosa degli alloggi ai diritti di accessione del Comune sugli stessi alloggi costruiti sui terreni di proprietà del comune.
Le amministrazioni che si sono susseguite dopo quella Santarsiero che aveva fatto il ricorso in Consiglio di Stato non hanno mai inteso dare atto a questa ultima sentenza. Anzi, molti su quegli appelli dei residenti di Macchia Giocoli ci hanno costruito la loro carriera politica promettendo mari e monti che non sono mai arrivati. Una situazione davvero surreale per chi quelle quattro mura le ha pagate a suo tempo, anche profumatamente. Quello che ne viene fuori è che i cittadini se non acquistano i suoli non possono considerarsi proprietari degli alloggi. A distanza di 7 anni dalla sentenza e di 15 anni dal pagamento dei suoli da parte del Comune si continua a perdere tempo e a non volere incassare somme dovute all’Amministrazione, consentendo che sia la comunità a farsi carico dell’acquisto di suoli per la costruzione di alloggi privati. Non solo, ma non avendo la stessa Amministrazione mai fatto alcuna trascrizione nei registri immobiliari, i cittadini hanno anche potuto vendere i propri immobili senza esserne proprietari. La domanda è: conviene addentrarsi nei labirinti di cavilli giuridici ed equilibrismi contabili se, in realtà, non c’è un grande scostamento da quanto stabilito dalla sentenza che porrebbe la parola fine a d una storia che dura da 40 anni? I residenti avrebbero le loro case e il Comune rientrerebbe dei soldi già spesi.