LI RADUNARONO ALLA SERA: “ANDRETE IN GERMANIA A LAVORARE”
Nel poligono di tiro di Cibeno, frazione a circa 3 km a nord di Carpi, furono trucidati il 12 luglio 1944 sessantasette internati politici del campo di concentramento di Fossoli, uomini con le esperienze più varie, di tutte le professioni, di tutte le regioni, dai 16 ai 64 anni
Eccidio di Cibeno 12 luglio 1944
I FUCILATI AL POLIGONO DI CIBENO
Nel poligono di tiro di Cibeno, frazione a circa 3 km a nord di Carpi, furono trucidati il 12 luglio 1944 sessantasette internati politici del campo di concentramento di Fossoli, uomini con le esperienze più varie, di tutte le professioni, di tutte le regioni, dai 16 ai 64 anni.
Condotti sul posto in tre gruppi, furono fucilati sull’orlo di una fossa scavata il giorno prima da internati ebrei.
A cose finite, la fossa comune fu colmata e mascherata, e il silenzio cadde sul fatto.
I destinati alla fucilazione erano 71, ma uno, Bernardo Carenini, fu tolto dalla lista dalle stesse SS, Teresio Olivelli si nascose durante la notte e Mario Fasoli ed Eugenio Jemina, del secondo gruppo riuscirono a sfuggire all’esecuzione, ribellandosi e dando inizio a una sollevazione dei condannati.
Si noti quante anomalie caretterizzino questa strage, rispetto alle “consuete” rappresaglie naziste cui la si volle accomunare, soprattutto per la segretezza da cui fu circondata.
La stampa dell’Italia liberata diede grande rilievo all’esumazione delle vittime e alle esequie solenni il 24 maggio 1945 nel Duomo di Milano: fu forse il primo momento pubblico in cui popolazione e personalità politiche e militari si fusero unanimi nel compianto e nella condanna.
Eppure a tanta emozione non è seguita giustizia: i processi iniziati sono stati insabbiati, i fascicoli per anni nascosti nel cosiddetto “armadio della vergogna”, la strage stessa, anche se ricordata ogni anno sul luogo dell’eccidio dai familiari e da una manifestazione dell’Amministrazione comunale di Carpi, è sconosciuta al grande pubblico.
Questi i nomi dei fucilati:
Achille Andrea
Alagna Vincenzo
Arosio Enrico
Baletti Emilio
Balzarini Bruno
Barbera Giovanni
Bellinp Vincenzo
Bertaccini Edo
Bertoni Giovanni
Biagini Primo
Bianchi Carlo
Bona Marcello
Brenna Ferdinando
Broglio Luigi Alberto
Caglio Francesco
Ten. Carioni Emanuele
Carlini Davide
Cavallari Brenno
Celada Ernesto
Ciceri Lino
Cocquio Alfonso Marco
Colombo Antonio
Colombo Bruno
Culin Roberto
Dal Pozzo Manfredo
Dall’Asta Ettore
De Grandi Carlo
Di Pietro Armando
Dolla Enzo
Col. Ferrighi Luigi
Frigerio Luigi
Fugazza Alberto Antonio Fortunato
Gambacorti Passerini Antonio
Ghelfi Walter
Giovanelli Emanuele
Guarenti Davide
Ingeme Antonio
Kulczycki Sas Jerzj
Lacerra Felice
Lari Pietro
Levrino Michele
Liberti Bruno
Luraghi Luigi
Mancini Renato
Manzi Antonio
Col. Marini Gino
Marsilio Nilo
Martinelli Arturo
Mazzoli Armando
Messa Ernesto
Minonzio Franco
Molari Rino
Montini Gino
Mormino Pietro
Palmero Giuseppe
Col. Panceri Ubaldo
Pasut Arturo
Pompilio Cesare
Pozzoli Mario
Prina Carlo
Renacci Ettore
Gen. Robolotti Giuseppe
Tassinati Corrado
Col. Tirale Napoleone
Trebsé Milan
Vercesi Galileo
Vercesi Luigi
LI RADUNARONO ALLA SERA: “ANDRETE IN GERMANIA A LAVORARE”
Riportiamo di seguito la testimonianza di *Alba Valech Capozzi, presente a Fossoli nei giorni dell’eccidio del Poligono del Cibeno
Il brano è tratto dal rarissimo volume “A.24029” di Alba Valech Capozzi – Soc. An. Poligrafica, Siena, 1946, ristampato nel 1995 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza Senese da Nuova Immagine Editrice – Siena, che ringraziamo per l’autorizzazione alla riproduzione.
(…) “Chissà dove avranno portato quei venti!” borbottò il cuoco lavorando attorno ad una torta.
“Qualche nuova idea dei tedeschi certamente! Non c’è mai da star tranquilli con quelli!”
“Che li ammazzeranno?” interrogai.
“Tu sei sempre paurosa,- intervenne la Vittorina.- Ma non pensare al peggio! Se non ci fossi io, tu vivresti sempre d’angoscia. Perché poi dovrebbero ammazzarli? Sono andati via con le vanghe ed i badili. Li avranno condotti a lavorare”.
“Accidenti alle patate! – interruppi. – Non finiscono mai. Però, – continuai, – non c’è da star tranquilli”.
“Non si sa mai come prenderle quelle bestie”, rincarò il cuoco.
Non mi riusciva di scacciare un penoso presentimento. Era il dieci di luglio, otto giorni erano già trascorsi dalla visita di Ettore e da allora ero stata sempre inquieta. Gli inglesi si avvicinavano, si parlava di evacuare il campo ed io temevo che ci ammazzassero o che ci portassero in Germania, sebbene circolasse la voce della nostra liberazione.
“Svelte, – disse il cuoco, – altrimenti faremo tardi per il pranzo”
Quel giorno lavorammo preoccupate. Neppure a mezzogiorno i venti ebrei erano rientrati. Nelle baracche regnava un gran nervosismo. Si facevano i commenti più disparati. Tutti eravamo inquieti.
Non tornarono neppure la sera, quando ci adunammo sullo spiazzo per il controllo. Pensammo li avessero ammazzati.
Eravamo tutti in fila, ma regnava un’atmosfera pesante e perfino il maresciallo Hans aveva il viso oscuro. Anche a mensa io avevo notato qualcosa di strano. Un parlottare serio e serrato fra i tedeschi e delle animate discussioni. Io non avevo compreso nulla di quello che si diceva, ma avevo collegato quelle discussioni con l’assenza dei venti ebrei. Avevo provato a chiedere di loro, ma avevano risposto solo con grida e con pugni sui tavoli. Non avevo insistito ed appena terminato il lavoro ero corsa subito al campo.
Scuro in viso Hans terminò il controllo, poi si portò in mezzo allo spiazzo e disse:
“Quelli che ora chiamo, prenderanno la loro roba ed andranno a dormire in un’altra baracca. Domattina partiranno per la Germania ed andranno in un campo di lavoro dove staranno molto bene”
Cominciò l’appello. Erano settanta.
Accanto a me udii piangere una donna. Era una internata politica e suo figlio era fra quei settanta.
“Vedi, – mi disse, – se deve andare a star meglio sono contenta, ma ero tanto felice di averlo qui con me, quel figliuolo! L’altro me lo hanno fucilato a S. Vittore. Ma se veramente deve andare a star meglio, – ripeté, – che vada. in Germania, lavorando, è più difficile che lo ammazzino, mentre qui, con queste rappresaglie, non c’è da star tranquilli”.
I settanta si erano frattanto riuniti, con tutta la loro roba. Vidi Fritz, l’interprete, parlare animatamente con loro, mentre si avviavano verso la baracca.
I venti ebrei non erano ancora rientrati.
Uno ad uno quei settanta vennero poi a salutarci tutti, e quella notte al campo, si fu più preoccupati per i venti ebrei che per quei settanta politici. La mattina seguente, andando in cucina, vidi che gli ebrei erano rientrati al campo. Stavano in gruppo fra la cucina e la mensa. Erano tutti pallidi.
“Signor Vita, signor Vita, – chiamai, rivolgendomi ad uno di loro, – ma dove siete stati? Qui al campo eravamo tutti in pensiero”.
Il Vita non rispose. Scosse solo la testa con aria desolata.
“Alba, Alba, venga qua”, gridò il cuoco.
Un tedesco si avvicinava. Erano circa le otto.
Presi il bricco del caffelatte e mi avviai alla mensa.
Uno dei tedeschi aveva un braccio fasciato.
“Capùt, capùt”, dissi indicandogli il braccio. Intendevo chiedere se si fosse fatto male; nella speranza di attaccare discorso e saper qualcosa.
Mi guardò meravigliato ed accennando di sì con la testa, rispose: “Molto, molto capùt”.
Uscii impressionata dalla mensa. Vidi i muratori che venivano al campo per lavorare. Anche loro avevano delle facce strane.
“Che è accaduto?” chiesi ad uno di loro.
“Li hanno ammazzati tutti, ma stia zitta, per carità”, mi sussurrò.
“Ma chi, hanno ammazzato?” insistetti.
“Un gruppo di internati”, rispose.
Compresi. Mi avviai in cucina. Vicino ad una baracca, a circa cento metri da me, vidi quella donna che la sera prima piangeva al mio fianco.
Non sapeva ancora.
*Alba Valech Capozzi, deportata a Fossoli e poi a Birkenau, fu liberata dagli Alleati nel circondario di Dachau il 1° maggio 1945.
L’Europa rende omaggio alle vittime dell’ex campo di concentramento di Fossoli
L’eccidio di Cibeno fu una strage compiuta dalle SS il 12 luglio 1944 presso il poligono di tiro di Cibeno, una frazione – oggi quartiere – di Carpi, in cui morirono 67 persone già recluse nel Campo di Fossoli.
Morti: 67
Data: 12 luglio 1944
Località: Carpi
Stato: Repubblica Sociale Italiana
Responsabili: Uomini delle SS, al comando del tenente Karl Müller
Cerimonia con il presidente dell’Eurocamera, David Sassoli, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen deporranno una corona di fiori
Il Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che deporranno una corona di fiori in occasione della commemorazione del 77esimo anniversario dell’eccidio di Cibeno, all’ex campo di concentramento di Fossoli, a circa sei chilometri da Carpi, nel Modenese.
Il sindaco di Carpi Alberto Bellelli :
“Mi verrebbe da dire ‘Bentornata a casa Europa’ perché penso che lo spirito comunitario, l’idea di popoli che si uniscono senza una guerra nasce nei campi di concentramento, anche nei luoghi e negli orrori della Seconda Guerra Mondiale.
Lo trovo da questo punto di vista un messaggio straordinario: va sottolineata l’occasione di commemorare 67 martiri di una furia che in passato ho definito di eugenetica politica perché vennero scelte persone antifasciste che erano un pezzo dell’anima e della speranza, peraltro provenienti da percorsi totalmente diversi, dalla Resistenza Bianca alla Resistenza comunista; in quelle eterogeneità era il vagito e la speranza di un Paese libero, degli ideali di pace e di democrazia”
Alla cerimonia parteciperanno anche Romano Prodi, Pierluigi Castagnetti, Presidente Fondazione Fossoli , Stefano Bonaccini, Presidente Regione Emilia-Romagna e Patrizio Bianchi, Ministro dell’Istruzione.
Per i riti religiosi, saranno presenti, il vescovo di Carpi mons. Erio Castellucci e il rabbino capo di Modena e Reggio Emilia Beniamino Goldstein.
Fossoli entra nella storia come campo nazionale della deportazione razziale e politica dall’Italia: dal 1944 è campo di transito utilizzato dalle SS come anticamera dei lager nazisti.
I circa 5.000 internati politici e razziali che passarono da Fossoli ebbero come destinazioni i campi di Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Dachau, Buchenwald, Flossenburg e Ravensbrück.
Dodici i convogli che si formarono con gli internati di Fossoli, sul primo diretto ad Auschwitz, il 22 febbraio, viaggiava anche Primo Levi che rievocò la sua breve esperienza a Fossoli nelle prime pagine di “Se questo e un uomo” e nella poesia “Tramonto a Fossoli”
“L’alba, scrisse Levi diretto ad Auschwitz, ci colse come un tradimento – ricorda il sindaco – Fossoli rappresenta anche un unicum, un orribile primato, l’unica vicenda nella quale vi sia una sezione di prigionieri che sono presi direttamente dal campo di concentramento: le vittime erano già tutte in questo campo e qui vennero ‘selezionate'”. Vicenda, sottolinea il primo cittadino, che compariva anche in alcuni fogli chiusi nel famoso Armadio della Memoria, nel sottoscala del ministero, con le ante rivolte verso il muro.
Spiega il sindaco di Carpi, Alberto Bellelli
“Il campo di concentramento di Fossoli è anche un formidabile lascito nelle politiche della memoria, e dura negli anni. Nel ’52 qui a Carpi ci fu la prima mostra in assoluto sui campi di concentramento, in un momento in cui nessuno conosceva realmente la realtà dei lager. Una grande manifestazione che nasceva dalla sensilbiità di una città che è Medaglia d’Argento al Valor Militare e Medaglia d’Oro al Valor Civile per quello che fecero le persone nel campo di concentramento di Fossoli”
Il 2017 segnò la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del 25 aprile, data storica in cui fu deciso per la prima volta di tenere la cerimonia fuori da Roma.
“Ora la grammatica della memoria ci riporta all’idea fondativa di Europa – conclude il sindaco, alla vigilia della visita delle massime cariche istituzionali europee-
Il campo è tuttora in buona parte un cantiere grazie a un finanziamento arrivato a suo tempo dal ministero di 4 mln di euro : è un sito di recupero storico che continua, con il recupero effettivo delle baracche. Un cantiere per me è sempre un segno di speranza. Il campo non è un luogo abbandonato, ma un luogo dove c’è un grandissimo lavoro di ricerca storica. In questo anni siamo riusciti a ricostruire praticamente tutta la lista di coloro che sono transitati per Fossoli seguendo il loro percorso di deportazione. Reputo sia questo il tesoro vero da punto di vista storico, le connessioni di Fossoli anticamera dell’inferno con i lager del Nord Europa”
Eccidio di Cibeno: Von der Leyen e Sassoli a Fossoli per commemorare la strage nazista
La visita di Ursula Von der Leyen e David Sassoli, presidenti rispettivamente di Commissione e Parlamento europeo, al Campo di Fossoli in provincia di Modena, avviene in occasione del 77º anniversario dell’eccidio nazista di Cibeno.
Il 12 luglio 1944, 67 internati politici, prelevati dal Campo di concentramento di Fossoli, furono trucidati dalle SS all’interno del vicino poligono di tiro di Cibeno.
Le vittime della strage provenivano da 27 province italiane, avevano diversa estrazione sociale e rappresentavano le varie anime antifasciste dell’epoca. Molti dei compagni di prigionia riferiranno nelle testimonianze e deposizioni successive che si trattava dei «migliori»
«Migliori» perché anche all’interno del campo, dopo aver subito la durezza del carcere e pur vivendo nella costante incertezza della loro sorte, molti di loro non avevano ceduto e, anche in quelle condizioni difficili, continuavano il loro lavoro di resistenza.
Fossoli è una frazione di Carpi, a circa sei chilometri dalla città.
Il campo fu costruito nel 1942 dal Regio Esercito per imprigionare i militari nemici.
Dal dicembre ’43 fu trasformato in Campo di concentramento per ebrei.
Dal marzo ’44 divenne Campo poliziesco e di transito utilizzato dalle SS come anticamera per i viaggi verso i Lager nazisti. Sono stati circa 5.000 gli internati politici e razziali che passarono da Fossoli per poi finire nei campi di Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Dachau, Buchenwald, Flossenburg e Ravensbrück.
Tra questi anche Primo Levi.
Von der Leyen e Sassoli a Fossoli commemorano strage nazista
Il 12 luglio del ’44 le SS trucidarono 67 internati politici
Ursula von der Leyen e David Sassoli, presidenti rispettivamente di Commissione e Parlamento europeo, sono in visita al Campo di Fossoli, nei pressi di Carpi, in provincia di Modena per la commemorazione del 77/o anniversario dell’eccidio nazista di 67 internati politici.
I due presidenti hanno deposto una corona di fiori per i martiri della Resistenza.
Accanto a von der Leyen e Sassoli anche Romano Prodi e la moglie Flavia.
Dopo i riti religiosi, celebrati dal vescovo di Carpi Erio Castellucci e del rabbino capo di Modena e Reggio Emilia, Beniamino Goldstein, Sassoli e von der Leyen prenderanno la parola dal palco allestito nell’ex campo di concentramento dove le SS naziste il 12 luglio ’44 trucidarono 67 internati politici.
La commemorazione sarà aperta dal sindaco di Carpi, Alberto Bellelli e dal presidente della Fondazione Fossoli, Pierluigi Castagnetti. Interverranno anche il presidente di Regione, Stefano Bonaccini, e il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
Poi la parola alle massime cariche Ue, per la prima volta insieme in una visita in Italia. Nella delegazione del Governo italiano c’è anche Vincenzo Amendola, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei.
L’evento si svolge tra rigide misure di sicurezza, con l’intera area del Campo blindata e interdetta al pubblico.
Questa mattina, all’ex campo di concentramento è stato ricordato l’eccidio avvenuto il 12 luglio del ’44 al poligono di tiro, ad opera delle SS
CARPI (Modena) – Vennero prelevati dal campo di Fossoli nel ’44, in un caldo 12 luglio, e trucidati dalle SS naziste all’interno del poligono di tiro di Cibeno, per ritorsione, vera o presunta.
In 67, provenienti da diverse località italiane, con storie differenti, accomunati da un anima profondamente antifascista.
Ogni anno in tanti partecipano a questo momento commemorativo, quest’anno è il 77esimo anniversario, e ogni anno i nomi delle vittime vengono ricordati singolarmente, per dare loro la dignità e il riconoscimento che meritano in maniera imperitura.
Più la data dell’eccidio si allontana nel tempo, più il ricordo e il bisogno di condivisione aumentano.
Una memoria preziosa, ancora piena di commozione e dolore, come il caso del parlamentare del partito Democratico, Emanuele Fiano, presente alla commemorazione del 2020
Della commemorazione dei martiri di Cibeno ha parlato anche il coordinamento nazionale docenti della disciplina dei Diritti Umani, con sede a Lucca, che chiede di dar vita a un progetto nazionale di enciclopedia digitale dove riunire i fatti storici più salienti, e anche tragici, del periodo nazi-fascista, nel nostro territorio, come l’eccidio di Fossoli, affinché tutti gli studenti possano conoscere fatti accaduti di tale importanza.
Von der Leyen: “L’eccidio di Fossoli grande colpa del mio Paese”
«Oggi è particolarmente toccante per me essere qui come europea di nazionalità tedesca. È stato un soldato tedesco a ordinare di uccidere i vostri genitori e i vostri nonni. È una colpa profonda nella storia del mio Paese»
Così Ursula von der Leyen, presidente Commissione Ue, al Campo di Fossoli, davanti ai parenti dei 67 internati politici trucidati dalle SS 77 anni fa
«La loro resistenza, ha contribuito a salvare l’Italia e tutta l’Europa. Incluso il mio paese, la Germania»
A queste parole la platea applaude e si alza in piedi. Nel pubblico anche tanti parenti delle vittime.
La presidente Von der Leyen, ha sottolineato anche che
«La Resistenza ci ha ridato la libertà, italiani come i tedeschi. So che devo la mia stessa libertà, a persone come i vostri genitori e i vostri nonni. Quindi oggi voglio onorare la memoria di tutti coloro che hanno combattuto per la nostra liberazione. È anche grazie al loro sacrificio che è nata un’Europa finalmente pacifica e democratica. I prigionieri di Fossoli non hanno mai smesso di sognare un futuro migliore. E il nome di questo futuro era Europa»
Nel suo discorso non manca un’autocritica nei confronti della Ue:
«La nostra Unione è lungi dall’essere perfetta. E ogni giorno dobbiamo chiederci se siamo fedeli ai valori fondanti dell’Europa. E dobbiamo agire, qualora non fosse così. Come europei non possiamo accettare che gli ebrei europei non si sentano sicuri nelle loro case e nelle sinagoghe»
Gli applausi sono continui
«Non possiamo tollerare il fatto che la stampa libera e le università siano sotto attacco. Non possiamo accettare la discriminazione, contro le persone di colore, le persone LGBTIQ e ogni sorta di discriminazione. Se vogliamo essere fedeli ai valori che hanno ispirato i vostri padri e nonni, gli eroi della Resistenza, allora dobbiamo rendere quei valori anche nel presente»
Con lei David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, che ha evidenziato che:
«Gli occhi di Mauthausen, come gli occhi di Srebenica, dei profughi siriani, delle mamme riprese sui gommoni prima di annegare nella corsa verso una felicità che non arriverà mai per la nostra indifferenza. Gli occhi che vediamo nelle fotografie delle vittime e dei prigionieri ogni qualvolta viene a mancare la libertà e il diritto, e tutte le volte che libertà e diritto non si sposano con la giustizia»
Un passaggio scandito da applausi.
In luoghi come questi riecheggia «la voce muta degli uccisi, degli innocenti, il grido “viva la libertà, viva l’Italia” spezzato dalle fucilate a Cibeno dove vennero assassinati importanti dirigenti della Resistenza.
Qui a Fossoli. Mi hanno sempre colpito gli occhi delle vittime, la fissità degli occhi che guardano, ma non vedono. Sì, gli occhi dell’umanità privata di umanità.
E, guardate, gli occhi delle vittime sono sempre gli stessi. Sono quelli delle foto nei lager, dei condannati a morte, quelli che ritroviamo sempre, in ogni guerra, in ogni persona violentata, annientata, in tutti coloro che cercano di salvarsi, nelle donne umiliate, nelle colonne di famiglie che scappano, nei bambini smarriti, in coloro che annegano, che si aggrappano alla vita e la perdono»
E ancora:
«Il mio pellegrinaggio oggi qui ha un solo motivo. Ricordare che non basta credere di essere al riparo, ribadire che l’orrore che ci travolse nasceva dentro grandi culture democratiche, liberali, progressiste anche, in un tempo di grandi invenzioni tecnologiche, di scoperte, di artisti, letterati e filosofi cosmopoliti e pieni di ingegno, ma tutti, tutti, incapaci di fiutare per tempo il pericolo del fascismo e del nazismo. Erano culture sicure che non fosse possibile un capovolgimento dei valori fondamentali di umanità e civiltà»