MEMORIE DI UN RAGAZZO CHE SI MUOVEVA IN AUTOSTOP
Lettere lucane
Io non so se i giovani facciano ancora autostop, ma quelle poche volte che mi capita ancora di vedere un pollice sollevato per strada, di solito mi fermo, perché mi rivedo io da adolescente – mi è capitato qualche mese fa a Ravello. Fare l’autostop però era anche angosciante, perché si fermavano in pochi, sopratutto di notte. Mi rivedo per strada a Sapri, a Maratea, a Lauria Nord, sempre disperato per questi appuntamenti assurdi e impossibili. Una volta ad Acquafredda di Maratea mi caricò un signore di Lauria che in pratica viveva in una camera a gas: mi disse che fumava cinque pacchetti di sigarette al giorno e che non amava guidare col finestrino aperto. Arrivai a Lauria col voltastomaco. Anche da studente universitario mi capitava di fare l’autostop per scendere in Basilicata. Arrivavo all’Anagnina in metropolitana e poi da lì cercavo qualcuno che mi portasse almeno in autostrada – sempre con appresso quei devastanti borsoni che si usavano un tempo. Una volta all’autogrill “La Macchia” mi prese un camionista. Gli dissi che dovevo arrivare a Lauria Sud o a Laino Borgo, e lui bofonchiò che poteva darmi uno strappo solo fino a Napoli. Salii. Ma notai che andava piano, che il motore aveva dei problemi. Era taciturno, impenetrabile. Gli chiesi se ci fossero problemi. E lui, laconico: “No, è tutto a posto”. Ma intanto dal motore usciva del fumo, e questo fumo aumentava sempre di più. Glielo richiesi: “Ma non è che c’è qualche problema?” E lui: “No, è tutto a posto”. E invece il camion andò a fuoco rapidamente, e noi fummo costretti a buttarci dal camion per non finire bruciati. Quando arrivò la polizia fui sgridato: “Ma tu hai capito che stavi su un camion pieno di rifiuti tossici?” Ero giovane, non temevo nulla. Per tutta risposta gli chiesi se potevano darmi un passaggio. E loro, pazienti, mi caricarono sulla volante, e mi portarono fino all’autogrill successivo.