UNA CENA “DA PEPPE” AD ACQUAFREDDA DI MARATEA
Lettere lucane
Porto a cena ad Acquafredda di Maratea mio figlio Claudio e il mio amico e collega della Rai Federico Zatti. Federico è venuto al “Marateale” per presentare “Una strana nebbia” (Mondadori), un bel saggio-inchiesta sul disastro della “Moby Prince” del 1991. Ho deciso di portarli “Da Peppe” perché qui venivo sempre la notte quando smontavo dal servizio al “Villa del mare”. Ci manco da moltissimi anni, e trovo tutto cambiato. Un tempo era un umile bar-ristorante molto affollato; ora si è allargato con un giardino adibito a sala davvero elegante. Mangiamo pesce, e beviamo Greco di Tufo. Sono felice, anche perché sento che Claudio è sempre più legato a questi luoghi. Ai tavoli ci serve Luigi, che gestisce il ristorante insieme al fratello. Gli chiedo della madre, “la signora Maria”, ma lui mi dice che non c’è più, che è morta nel 2014. Me la ricordo sempre seduta al reparto Tabacchi. Eravamo insopportabili, noi camerieri nottambuli. A volte verso l’una di notte ci veniva fame e iniziavamo a ordinare pizze, che divoravamo famelici. Lei ci sopportava; a volte, ci sgridava. Mi sento a casa. Luigi trascorre tutta la serata con noi, e io ne ammiro l’umiltà e la dolcezza. A un certo punto dico a Claudio – che sta sempre col cellulare in mano – che “Da Peppe” c’era una cabina telefonica a scatti, e che quando ci entravo per telefonare quasi non si respirava, per il caldo. Luigi si accende: “E’ stata una delle ultime cabine pubbliche in Basilicata. L’abbiamo tenuta fino all’anno scorso”. Mi rivedo lì, in piedi, sudato, inquieto per questioni sentimentali – “le donne sono sempre state un problema”, dico scherzando. La cena finisce. Salutiamo Luigi. Ci mettiamo in macchina e ci dirigiamo verso Fiumicello. Guidando nella notte saluto con un impercettibile cenno del capo Acquafredda, la sublime contrada dove ho dato un nome a tante cose per la prima volta.
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