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LA STAMPA ED IL CAGNOLINO DI CECHOV

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Senza alcuna retorica del caso e guardando per bene la vicenda della Gazzetta del Mezzogiorno va subito detto che quando chiude un giornale vola via un pezzo di pluralismo, bene essenziale e di comunità che fa essere l’informazione, tanto per intenderci, uguale ma anche diversa, libera ma anche accomodante, indagatrice ma anche civettuola. Eppure in questa formidabile avventura in cui forse si compie il gesto più bello della democrazia delle idee c’è chi sciaguratamente ne approfitta per menare lezioncine di giornalismo e cinofilia, binomio del tutto sconveniente per chi ancora non si è dato una mossa per fare vera opposizione politica a questo maldestro governo di centrodestra. Ora non pretendiamo che il consigliere del M5s, Gianni Leggieri abbia letto Anton Cechov e ne tantomeno il saggio d’interpretazione che su di lui ha saputo scrivere con mestiere, schiena dritta e tanta ironia, proprio il lucano Beniamino Placido, ma si dovrebbe partire da lì affinché la politica ritrovi autocoscienza e prudenza contro le chiacchiere del manicheismo informativo. Ha scritto Daniel Pennac: “Uno crede di portare fuori il cane a fare pipì mezzogiorno e sera. Grave errore: sono i cani che ci invitano due volte al giorno alla meditazione”

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