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REDDITO DI CITTADINANZA E DISOCCUPAZIONE AL SUD

Lettere lucane

Il Centro studi della Cisl lucana ha diffuso un dato sconcertante e deprimente, e cioè che i Centri per l’impiego sinora non hanno fatto assumere nemmeno uno degli 11.136 percettori lucani del reddito di cittadinanza. In pratica il dato della Cisl dimostra che il reddito di cittadinanza non è un rimedio temporaneo, come spesso si dice in malafede, ma un sussidio a tempo indeterminato. Ora, io so bene che in Italia c’è un gigantesco divario sociale, e che sono milioni gli italiani che hanno oggettive difficoltà a trovare lavoro; così come so bene che se non ci fosse stata questa misura di Welfare la pandemia avrebbe morso ancora di più le persone più fragili. Ma a tutto c’è un limite, e si sbaglierebbe a non voler ridiscutere questa misura, perché il rischio è quello di creare una sorta di plebe assistita permanentemente. Il fatto che i Centri per l’impiego non abbiano trovato un solo posto di lavoro ai fruitori del reddito dimostra non solo che lo Stato è incapace di far incrociare la domanda e l’offerta di lavoro, ma soprattutto il fatto che di lavoro ce n’è sempre di meno e che, quando c’è, in specie al Sud, è spesso sottopagato e sfruttato. Ho sentito di lavori di 9 ore al giorno retribuiti con 600 euro mensili. Inaccettabile, francamente. Sono anch’io convinto che il reddito di cittadinanza renda la gente poco motivata a cercarsi un lavoro, ma il vero grande tema a me pare la carenza di lavoro nel Mezzogiorno, ovvero la cronica difficoltà da queste parti di fare impresa e creare ricchezza. Ho notato che gli unici comparti produttivi sui quali ormai si punta al Sud sono quello turistico, quello agroalimentare e quello culturale, ma anche un bambino capisce che senza una vera politica industriale questi tre comparti possono assorbire soltanto una piccola quota della forza-lavoro. Ma parlare di industria al Sud è come parlare dei laziali coi romanisti.

diconsoli@lecronache.info

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