GENOCIDIO AFGHANO E FALLIMENTO AMERICANO BITANI PARLA DEI TALEBANI ARMATI DALLA CINA
Ex Capitano dell’Esercito di Kabul, inchioda gli Stati Uniti alle proprie responsabilità. La democrazia è morta
Dopo la riconquista dell’Afghanistan e la presa di Kabul, i talebani cercano legittimazione internazionale mostrandosi più moderati rispetto al passato e aperti alla possibilità di garantire diritti civili anche alle donne. Ipotesi discutibili visto che hanno già mostrato le loro vere intenzioni dichiarando apertamente che non vogliono più nemici, che perdonano tutti e che rispetteranno le donne ma nel segno della Shari’a. Un’amara lettura tra le righe di quello che sarà il nuovo capitolo della più brutta pagina della storia internazionale. L’avanzata dei talebani altro non ha fatto che mettere in discussione per la prima volta e forse in maniera definitivala potenza americana che oggi dopo aver piegato la testa ed esser fuggita a gambe levate dal Paese al confine col Pakistan, ha lasciato campo libero ai nuovi mujaheddin.
A loro disposizione, non solo armi ma anche denaro, tanto denaro, lasciato proprio dagli Stati Uniti come quasi inconsapevole eredità per il futuro. Il Presidente degli United States Joe Biden e il Premier britannico Boris Johnson, al termine di una discussione sull’Afghanistan, hanno concordato un summit virtuale per la prossima settimana con i leader del G7 per approntare strategie comuni.
Sull’inasprimento della situazione geopolitica del nuovo Emirato Islamico così lo hanno battezzato i guerriglieri entrati nella capitale in esclusiva a Cronache, Farhad Bitani ex Capitano dell’Esercito afghano che ha vissuto in quel Paese la missione ISAF (International Security Assistance Force) fino al 2012, quando sveste i panni militari e si dedica alla diffusione della verità. Trasferitosi definitivamente in Italia, è scrittore, giornalista e fondatore del GAF (Global Afghan Forum). Con lui abbiamo parlato dei talebani, del futuro dell’Afghanistan ma soprattutto del futuro dei Paesi medi-orientali. Chi sono i talebani? Chi li finanzia? Quali sono le nuove potenze di cui temere? E qual è il ruolo dell’Italia? Risposte, quelle di Farhad Bitani, che fanno presagire una situazione politica mondiale certamente non tranquilla, né favorevole per i nuovi scenari che potrebbero portare a terribili guerre civili. Dopo l’avanzata talebana, come possiamo definire oggi l’Afghanistan?
«Il ritorno al potere dei talebani rappresenta un grande fallimento della democrazia occidentale. Da oggi in poi, nei Paesi mediorientali nessuno più crederà alla democrazia ma soprattutto nessuno più crederà all’America. Il ritorno al passato rappresenta un grande problema perché in quell’area ci sono tanti Paesi e tanti Governi in pericolo come l’Iran, l’Arabia Saudita, la Turchia. Se anche gli Stati Uniti e tutti le nazioni che supportano la politica americana decidessero, ad esempio, di portare davvero la democrazia in un Paese come l’Iran, troverebbero l’opposizione di quelle popolazioni sfiduciate dal lavoro compiuto in Afghanistan»
La conquista da parte dei mujaheddin del palazzo del Governo potrebbe in futuro portare ad un ulteriore sviluppo del fondamentalismo islamico? «Le scene viste il 15 agosto mi hanno ricordato la prima avanzata dei talebani del 1996, dopo la caduta del governo sovietico. I mujaheddin entrarono a Kabul come portatori di pace: vennero accolti con applausi e con fiori lanciati sui loro carri armati perché il popolo pensava che fossero i nuovi ‘liberatori’ dal nemico. E invece si sono poi rivelati oppressori e terroristi»
C’è una differenza tra l’ingresso a Kabul dei talebani nel ’96 e quello di oggi?
«La differenza è solo ‘mediatica’ perché la tecnologia si è evoluta, le notizie corrono veloci e c’è più propaganda. Le scene sono esattamente le stesse. Ricordo che da essere portatori di pace, in poco tempo si trasformarono in milizia molto brutale. Vedremo presto che questi talebani, certamente non moderati come ci raccontano, si tra-sformeranno in violenti e saranno forse peggiori rispetto a quelli di prima» Ha vissuto l’Afghanistan dei talebani che descrive anche nella sua biografia ‘L’ultimo lenzuolo bianco’. Oggi come definirebbe il loro comportamento e il loro modo di essere? «I talebani fanno paura. Oggi fanno ancora più paura. Prima i giochi erano solo interni, ora hanno preso il potere e sono diventati molto potenti. Nella situazione attuale tutte le armi che sono rimaste del precedente governo ma anche degli americani e il denaro per miliardi di dollari, sono tutti nelle loro mani. Oggi i giochi sono cambiati: sullo scacchiere politico sono schierati anche Paesi potenti come la Cina, la Russia, l’Arabia Saudita, il Pakistan. I giochi diventano molto pericolosi e questo porta all’instabilità proprio in Afghanistan. Basti pensare che fino a poco tempo fa i talebani non avevano forza economica né tantomeno appoggi di spessore o quantitativi ingenti di armi. Adesso la situazione è cambiata in peggio e questo fa paura. Deve fare paura»
Ha parlato di nuove grandi potenze come la Cina, la Russia e di Paesi instabili come la Turchia e il Pakistan. Sostanzialmente sono i Paesi che fanno parte della cosiddetta ‘Via della Seta’. Come si pone l’Italia anche per quel che riguarda il finanziamento al terrorismo islamico e il supporto economico ai talebani? Il nostro Paese ha un ruolo attivo?
«Il ruolo dell’Italia è sempre stato marginale e c’è da dire che la politica estera italiana è poco ben delineata e soprattutto poco chiara. L’Italia non ha potere autonomo decisionale ma è sempre legata alle decisioni dell’America. Se domani Biden ordina all’Italia di schierarsi in Afghanistan o altrove, l’Italia si mette sugli ‘Attenti’. E lo abbiamo visto con la politica estera in Afghanistan: gli Stati Uniti hanno deciso di lasciare il Paese e subito dopo la stessa decisione l’ha presa anche l’Italia paventando una pace raggiunta ma che di fatto non è mai esistita. In politica estera l’Italia è il segugio dell’America e si presenta senza alcuna identità. Nel lasciare l’Afghanistan avrebbe dovuto salvare tante persone e invece è riuscita a portare via con sé solo meno di trenta persone che hanno collaborato con gli italiani»
Come vede il passo indietro dell’America che decide di lasciare il territorio afghano servendo ai talebani la vittoria su un piatto d’argento? C’è secondo lei un accordo sommesso tra potenza statunitense e milizie talebane? «L’America da sei anni aveva già deciso di andar via dall’Afghanistan. I mass media non ne hanno mai parlato, ma negli ultimi anni il tributo di sangue è stato di circa venti militari morti ogni giorno. Era la base della sconfitta annunciata ma, per ordine dell’America, non si doveva sapere nulla, non doveva trapelare nulla che ne potesse mettere in bilico la credibilità. I media hanno giocato un ruolo importante ma tutto quello che ci hanno fatto sapere era filtrato, riportato senza alcuna garanzia di verità. An-che i giornali e le emittenti televisive erano assoggettate alle regole statunitensi. L’America, di fatto, è finita sei anni fa quando ha capito che aveva già perso questa guerra. Gli attentati sono stati frequenti, gli americani saltavano in aria sistematicamente. I talebani hanno talmente tanti kamikaze tra le loro fila che potrebbero farne sacrifica-re uno ogni ora. Se gli Stati Uniti avessero abbandonato il campo allora, agli occhi dell’opinione pubblica sarebbero stati come la Russia nel ’96 e sarebbero stati etichettati come perdenti. Quindi hanno resistito fino alla decisione ultima di lasciare quei territori attribuendo la loro uscita di scena alla pace ri-trovata, all’ordine restaurato e all’esercito afghano ricostituito» Chi finanzia i talebani? «I talebani sono stati sempre finanziati dal Pakistan ma oggi i loro maggiori finanziatori sono la Cina e la Russia. Alcuni gruppi talebani sono stati finanziati anche dall’Iran contrari all’influenza e alla presenza degli americani nel Paese. La Cina, sempre per quella famosa ‘Via della Seta’ ha fatto un accordo per tantissimi miliardi di dollari col Pakistan che è il fondatore del fondamentalismo islamico nel mondo. Il Pakistan è il padre putativo dei talebani» Lei è nato in Afghanistan. Suo padre era un Generale dei mujaheddin, fedele al Presidente Hamed Karzai. Nella sua biografia ricorda di aver assistito, poco più che ragazzino, ad alcune lapidazioni di donne accusate di adulterio. Con l’ascesa dei talebani, le lapidazioni riprenderanno come riprenderanno tutte le punizioni imposte dalla Shari’a. Cosa prova oggi, vivendo in Occidente, ad immaginare il futuro dell’Afghanistan fatto di violenze e soprusi?
«Provo grandissimo dolore e inquietudine. Mi vengono in mente le scene recenti degli uomini che correvano dietro ad un velivolo sulla pista dell’aeroporto di Kabul nel tentativo di fuggire dalla loro terra. In Afghanistan non hai scelta: o sei dalla parte dei talebani o sei dall’altra parte della barricata e quindi la tua vita è a rischio. Ricordando quelle lapidazioni a cui ho assistito, e immaginando lo stesso scenario per il futuro, provo rabbia e tristezza. Siamo tornati indietro e ciò che c’è davvero da domandarsi e su cui avere risposte è dove sia andata la democrazia raggiunta in questi venti anni. E’ uno scacco matto non solo all’Afghanistan, ma anche alla memoria dei tanti soldati, anche italiani, caduti in quella terra»
Lei ha una condanna a morte da parte dei talebani. Ora che sono tornati al potere, si sente in pericolo?
«Quando i talebani hanno assunto il potere, mi è stato consigliato di lasciar perdere la mia ricerca della verità, le partecipazioni a incontri e dibattiti per far conoscere davvero come stanno le cose. Per far conoscere cosa realmente accada nel mio Paese. La mia vita è a rischio anche perché i talebani sono agguerriti e molto violenti e capaci soprattutto di inginocchiare il mondo piegandolo alle loro volontà. Nonostante la mia condanna a morte, la ‘fatwa’ nei miei confronti, la forza che contrappongo ai talebani è dovuta al dolore che provo quando vedo quelle immagini terribili che mi riportano alle mie esperienze personali. Continuerò la mia opera di ultimo testimone vivente e diretto avendo vissuto sia sotto il regime dei talebani che dei mujaheddin, ma anche del governo stesso prima di approdare al mondo occidentale. Quello che racconto è frutto di esperienza diretta avendo vissuto le vicissitudini dell’Afghanistan. So come sono quei territori, cosa sono quei territori» Farhad, non vogliamo essere portatori di cattive notizie ma, secondo lei, come sarà da oggi il futuro del Medio-Oriente? Dall’Afghanistan si apre una nuova brutta pagina di storia
«E diventerà ancora più brutta. Nasceranno nuove resistenze da parte di altri Paesi che non condividono l’opera dei talebani, sorgeranno nuovi gruppi armati e inevitabilmente ci sarà una nuova guerra civile. Questa volta sarà molto pericolosa e coinvolgerà altri centri: il Tagikistan presumibilmente darà vita ad un altro gruppo di resistenza contro i talebani ma nel gioco di potere rientrerà anche l’India. Quanto all’America, continuerà la sua onda di vergogna che porterà ad altre guerre civili mettendo in serio pericolo il mondo asiatico. Per via della globalizzazione ne subirà anche una parte dell’Europa e la stabilità mondiale sarà messa a rischio».