L’INQUIETUDINE UMANA E POLITICA DI GIANNI PITTELLA
Lettere lucane
Qualche mese fa, a Roma, io e Gianni Pittella abbiamo fatto colazione insieme. A dire il vero non siamo mai stati amici, però tra di noi c’è sempre stato rispetto. Pittella ha avuto ruoli di grandi rilievo – è stato vicepresidente vicario del Parlamento europeo e capogruppo del Pse – ma da qualche giorno si parla con insistenza della sua candidatura a sindaco di Lauria, suo paese di origine. Quel giorno, a Roma, ho notato un Gianni Pittella assai diverso da quello che avevo conosciuto in passato. L’ho trovato più intimista, più malinconico, più bisognoso di ritrovare radici e affetti. Pittella è stato anche un uomo di potere cinico – inutile negarlo – ma il Pittella con il quale ho fatto colazione quel giorno era diverso, perché in lui ho sentito tormento, smarrimento, un sincero bisogno di riconnettersi con la su terra e con le ragioni più profonde dell’impegno politico. Spesso siamo portati a valutare i politici con disprezzo, ignorando qualsiasi aspetto umano che li veda coinvolti. Io invece penso che dopo la sconfitta elettorale nel collegio uninominale, la morte del padre e le drammatiche vicende che hanno coinvolto il fratello – da sempre più esposto emotivamente – in Gianni sia subentrato un momento di crisi, di distacco dal potere, anche perché sono più di quarant’anni che fa politica, essendo stato eletto per la prima volta consigliere comunale – proprio a Lauria – nel 1979. Al Pittella plebiscitario e un po’ “feudatario” del passato, sinceramente preferisco questo nuovo Pittella che s’interroga sul senso del tempo e della vita, che sente più intimamente la fragilità della vita, che sta cercando, dopo tanto potere vero, di mettersi in gioco umanamente – e, aggiungo, spiritualmente, anche se so che sembra inverosimile. A me non importa nulla dell’anti-politica: a me interessa sempre e soltanto l’essere umano nella sua cruda e nuda verità.