I GIOVANI DI POTENZA SONO GIOVANI COME GLI ALTRI
La Riflessione sulla movida
I giovani non sono nichilisti, semplicemente sono giovani. E hanno diritto a esserlo anche in una città come Potenza dove già ci sono elementi strutturalmente impeditivi alla libertà (libertà fisica) di vivere un luogo all’aperto e stare con gli altri a ogni ora senza sentirsi per questo dei lupi mannari, e cioè il freddo invernale e l’eredità di una cultura parrocchiale che non è solo gioia e canto e preghiera e sport all’oratorio ma anche proibizione, senso di colpa, con tutto quello che ne consegue in termini di travaglio e sovversione interiore(tralasciando le ferite mai rimarginate del cuore della Chiesa a via Pretoria). Sulla Nuova di ieri Nino Grasso pone sostanzialmente un problema di sicurezza cittadino, oltre che di malcostume delle nuove generazioni, denunciando il vandalismo dei giovani su segnalazione di un esercente che ha fornito anche le foto di ragazzi e ragazze seduti alle sedie del suo bar dopo la chiusura. Gli stessi che avrebbero poi preso un tavolino scaraventandolo dietro la statua di San Gerardo. In pratica di un fatto, grazie alle telecamere di sorveglianza, oggi abbiamo le foto e la dinamica dell’accaduto. Nel grande fratello che ormai sono diventate le città, con telecamere piazzate a ogni angolo, quello che di certo non mancano oggi sono gli elementi di prova, quindi cominciamo col dire che, se ci fossero estremi per procedere penalmente, lo si potrebbe fare. Il punto vero della discussione è sulla cultura della libertà. Ricordo che uno dei miei primi articoli, quando arrivai a Potenza, fu a difesa del pranzo dei portatori di San Gerardo mentre tutti si scamiciavano a denunciare gli effetti indesiderati del baccanale di piazza Prefettura. Oggi, a distanza di oltre un decennio, solo il Covid ha potuto mettere in discussione un appuntamento ormai riconosciuto come appuntamento della città. I giovani, prima di essere figli dei propri genitori, sono innanzitutto figli del proprio tempo, e hanno un solo compito, quello di crescere. Per tre anni, con una casa al Francioso, se non fosse stato per la scritta “Università della Basilicata”, non mi sarei mai accorta che lì, sia pure a scartamento ridotto rispetto a Macchia Romana, giravano studenti. È uno dei grandi problemi di Potenza, la mancata integrazione dell’ateneo nella cultura cittadina. Qualche giorno fa nella chat di classe di mio figlio che ha terminato il liceo a giugno, un genitore ha chiesto se qualche ragazzo avesse scelto l’università di Bologna, per organizzarsi insieme per una stanza. Nel giro di pochi minuti una sequenza di città: Roma, Chieti, Perugia, Napoli, Milano…io Potenza non l’ho letta e credo non solo perché, facendo i conti, ne rimanevano pochi di ragazzi che potenzialmente sarebbero potuti rimanere a Potenza, ma anche perché chi qui è rimasto non lo dice per un senso di subalternità culturale. E allora da dove vogliamo ripartire? Un’università è attrattiva anche per quello che una città riesce a costruire intorno. E non è colpa di Mario Guarente, per dire di un sindaco. Nel senso che non parliamo di opere materiali o non solo (il beach volley, ad esempio, è stata una cosa molto carina eppure ho letto domande imbarazzanti sull’evento) ma di una cultura della libertà che non è trasgressione illecita lo diventa se si pongono i divieti ma l’ebbrezza (e l’energia fisica) di girare per la città all’ora che si vuole, sedersi sulle sedie o a terra e, sì, fare anche cose che a noi adulti ci sembrano abnormi ma che in cuor nostro ripiangiamo di non aver fatto.