MELFI,11 ARRESTI PER LA RIVOLTA IN CARCERE
La Cassazione dà ragione alla Procura sui fatti del 2020. Arrestati camorristi e affiliati alla mala pugliese
Un punto fermo sulla vicenda relativa alla sommossa nel carcere di Melfi avvenuta il 9 marzo del 2020 quando con un’azione di forza 44 detenuti sequestrarono alcuni agenti penitenziari per riuscire ad ottenere esito positivo su alcune loro richieste non esaudibili. Dopo la richiesta di arresto presentata dalla Procura e respinta dal riesame, il ricorso in cassazione ha permesso di veder emesse per ora 11 ordinanze di custodia cautelare mentre sugli altri 33 occorrerà attendere ancora le decisioni del tribunale supremo. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse nei confronti di soggetti appartenenti ed affiliati alla malavita campana e pugliese raggiunti dalle ordinanze nelle case circondariali in cui sono detenuti. I fatti risalgono al periodo clou della pandemia, quando l’amministrazione penitenziaria, seguendo i dettami imposti dal governo sul contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, limitò o meglio escluse le visite dei parenti per i colloqui con i detenuti lasciando la possibilità di effettuarli per via telematica. Il carcere di Melfi, l’unico ad alta sicurezza interessato dalle rivolte sparse in tutta Italia, fu in mano ai rivoltosi per oltre 10 ore e solo l’intervento delle forze di polizia permise di ripristinare la situazione di legalità. Non cui fu, da parte della sezione criminalità organizzata intervenuta a sedare la rivolta, alcun uso di violenza privata, ma venne solo attuato un uso legittimo della forza necessario per mettere fine alla protesta ed al sequestro e soprattutto consentito dall’ordinamento. A finire in carcere per quella rivolta, non solo personaggi di etnia straniera ed in particolare nigeriana, ma soprattutto soggetti legati alla camorra e alla mala pugliese.