LA FEBBRE DEL CONCORSO ALLA REGIONE BASILICATA
Lettere lucane
Quando Marcello Pittella era presidente della Regione ci parlai soltanto una o due volte – non di più. Ricordo però che una volta mi telefonò – non rammento per quale motivo – e si sfogò dicendomi che era letteralmente assediato da decine e decine di persone che ogni giorno gli chiedevano disperatamente lavoro. Lo sentii avvilito, impotente, esasperato. Tanto che, provocatoriamente, gli dissi che c’era solo un modo per creare la piena occupazione in Basilicata: assumere tutti nella pubblica amministrazione. L’attuale presidente Vito Bardi ha comunicato che nei prossimi due anni la Regione assumerà complessivamente 157 tra funzionari, impiegati e dirigenti. Non oso immaginare quale meccanismo psicologico di massa stia innescando nei lucani, questa notizia. Avere il posto fisso alla Regione è il sogno segreto di centinaia di migliaia di lucani, ma io considero questo sogno nefasto, perché se la Basilicata ha una così scarsa propensione all’impresa e un’aggressiva ostilità verso il libero mercato lo si deve proprio a questa radicata mitologia del posto fisso. Già vedo decine di migliaia di lucani chini sui manuali concorsuali; e già immagino i tentativi dei più “dritti” per provare a capire se c’è la concreta possibilità di essere “segnalati” in qualche modo – e i più rancorosi prepararsi a una sequela di ricorsi, e i più incendiari a scrivere post feroci su Facebook contro la politica clientelare che non sa riconoscere il merito. Purtroppo in Basilicata gli imprenditori sono considerati dei corrotti sfruttatori, le grandi società delle idre malefiche, e qualsivoglia progetto di sviluppo privato un attacco alla dignità delle persone e del paesaggio – salvo poi emigrare a migliaia ogni anno proprio nel Nord delle industrie e del libero mercato. Considero questa mentalità la principale causa della debolezza produttiva e della disoccupazione in Basilicata.