DIA IN BASILICATA, NON SI MUOVE UNA FOGLIA «LA POLITICA NON FACCIA SOLO ANNUNCI»
L’INTERVENTO Il segretario regionale della Cgil Summa torna a suonare la sveglia: «Bisogna rafforzare la presenza dello Stato»
Non può accadere che lo Stato abbandoni lo Stato così come risulta inevitabile che il progredire e l’evoluzione delle dinamiche sulle quali viaggiano gli affari malavitosi impongano ad inquirenti e investigatori il ricorso a sempre più sofisticate strategie di indagine, nonchè l’utilizzo di strumenti maggiormente avanzati. Nonostante ciò, in Italia ci sono regioni non direttamente presidiate dalle articolazioni periferiche delle Direzione Investigati Antimafia (Dia). Tra queste, la Basilicata che a detta degli stessi inquirenti non è immune da infiltrazioni mafiose in diversi anni. Dopo i numerosi appelli e anche la presa di posizione della stessa Regione Basilicata che si impegnava a movimentarsi sul tema dell’insediamanento della Dia in Basilicata a suonare la sveglia è il segretario regionale della Cgil, Angelo Summa. Una nota che pubblichiamo interamente di seguito.
È necessario che in Basilicata si accelerino tutti i passaggi necessari per avere la presenza di una Direzione investigativa antimafia, per contrastare la criminalità organizzata di importazione e quella autoctona, affinché il documento sottoscritto da tutti i consiglieri regionali, qualche mese fa, non resti un pannicello caldo per sentirsi in pace con la coscienza ma abbia sviluppi reali sul territorio lucano.
La criminalità in Basilicata è ormai un fenomeno che pare aver coinvolto molti settori del tessuto sociale, economico e amministrativo della regione. La relazione della Dia inviata al ministero dell’Interno per il secondo semestre del 2020 tratteggia una regione a elevato rischio malavitoso. Quella che un tempo veniva derubricata a microcriminalità ha fatto un salto in avanti, gestendo affari illeciti che in passato erano associati alla capacità organizzativa ed economica della criminalità organizzata storica, campana e calabrese e pugliese. Droga, prostituzione, gioco d’azzardo, caporalato ma anche riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti. Ci sono casi che addirittura dove usando metodi mafiosi si sviluppa “un controllo monopolistico di attività imprenditoriali di rilievo centrale nell’economia locale (produzione e commercio di ortofrutta, turismo, attività edilizie, principalmente)”, e situazione in cui si condizionano finanche le Amministrazioni locali. In vertiginoso aumento, infatti a leggere la relazione, i reati inerenti alla indebita percezione dei finanziamenti pubblici.
Bisogna rafforzare la presenza dello Stato anche per non lasciare soli i rappresentatati delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche sempre più oggetto di atti intimidatori verso colo-ro che non vogliono assoggettarsi a quell’ area grigia in cui si muovono amministratori locali, pubblici ufficiali e professionisti compiacenti dove si incontrano interessi pubblici e malaffare privato, testimoniato anche dallo scioglimento di qualche consiglio comunale.
Azioni operative di contrasto al lavoro nero hanno fatto emergere il supporto di impiegati pubblici compiacenti, dato significativo del grado di contaminazione evidenziate anche in altri ambiti per le costanti violazioni amministrative e penali riscontrate e legate alla gestione del ciclo dei rifiuti, ai reati di natura ambientale, alla sicurezza alimentare e nei luoghi di lavoro.È preoccupante che nelle province lucane continuino a verificarsi reati contro il patrimonio ed episodi di intimidazioni e minacce, sintomatico campanello d’allarme che non bisogna assolutamente sottovalutare ma raccogliere per rafforzare i presidi di sicurezza ambientale, sociale e amministrativa. La politica deve recuperare il ruolo di anche di garante del cittadino attraverso una presenza massiccia nei luoghi più a rischio allontanando figure e ombre che possano avvalorare il concetto che malaffare politica si alimentino in funzione una dell’altra.