CONFCOMEMRCIO: EFFETTI DEVASTANTI DEL COVID
La pandemia influenza negativamente l’economia regionale. Differenze tra Potenza e Matera
Il calo di valore aggiunto per abitante rilevato dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere è stato il peggiore per la Basilicata tra il 2019 e il 2020 con un -9,9%, superiore sia alla media nazionale del -7,1% che meridionale del -6,4%.
Un dato che conferma come gli effetti del Covid, nonostante la capacità di resilienza alla crisi da parte delle nostre microimprese, sono stati devastanti. A dichiararlo, il Presidente della Confcommercio Potenza e componente della Giunta Camerale Basilicata, Fausto De Mare. L’indagine sul valore aggiunto rappresenta una delle storiche attività di misurazione dell’economia dei territori e denota una marcata differenza territoriale tra la provincia di Potenza (64esima tra le province italiane con 21.352 euro di V.A./abitante ed un calo del 10,9%) e quella di Matera (81esima con 16.979 euro di V.A./abitante ed un calo dell’8,2%). Le aspettative di ripresa sono riposte nel Pnrr e pertanto l’annuncio del Presidente Bardi di istituire la Struttura di Missione per agevolare “la realizzazione in Basilicata dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal PNRR”, rappresenta uno strumento che ci si augura vada nella duplice direzione dell’efficacia e della celerità di spesa. L’Ufficio Studi di Confcommercio evidenzia che nell’economia mondiale, la ripresa porta con sé il rincaro di materie prime, noli marittimi e bolletta energetica. “Nonostante qualche prevedibile misura cuscinetto transitoria approntata dal Governo, l’indice dei prezzi al consumo in ottobre potrebbe mostrare una variazione ben superiore al 3% tendenziale. La media del 2021 – prevede il direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella – potrebbe così avvicinarsi al 2%, con un trascinamento sul 2022 che spingerebbe l’inflazione, senza considerare particolari ulteriori shock, sopra il 3% in modo piuttosto stabile”. Lo scenario che si sta disegnando per l’Italia, quindi, è quello di un’inflazione rilevante per almeno dieci-dodici mesi. A livello congiunturale, l’Ufficio Studi sottolinea che ad agosto l’indice generale dei prezzi al consumo (Nic) ha raggiunto il 2%, un livello che non si toccava da otto anni e che a settembre c’è stata un’ulteriore accelerazione al 2,6%. Il tutto senza che si siano ancora scaricati i rincari degli ultimi mesi e senza considerare eventuali aumenti delle quotazioni delle principali borse merci e crisi shock sempre possibili che potrebbero portare l’inflazione al 4% la prossima primavera.