CHE SENSO HA DICHIARARSI FASCISTI NEL 2021?
Lettere lucane
Sono cresciuto in un piccolo paese lucano dove le culture politiche dominanti erano quella democristiana, quella socialista e quella comunista. Non ho memoria di gruppi o personalità legate al vecchio M.S.I.; al massimi ricordo alcuni anziani che elogiavano “’a bunarma” (la buonanima, ossia Mussolini), ma avevo la sensazione che più che nostalgia del regime, costoro avessero nostalgia della loro giovinezza. Sin da ragazzo sono stato un antifascista; un antifascista a cui però non è mai sfuggita la complessità di una vicenda che ha coinvolto non già una piccola minoranza, bensì l’intera nazione. E quando un’intera nazione aderisce a un fenomeno, di quel fenomeno bisogna farsi carico, anzitutto per comprenderne i motivi. Qualche giorno fa i neofascisti di Forza Nuova hanno devastato a Roma la sede della Cgil. Un atto gravissimo, che tutti hanno stigmatizzato con giusta veemenza. Ma io mi chiedo: cosa significa nel 2021 essere fascisti? Significa davvero sognare una dittatura, un regime liberticida, la propaganda falsa e manipolatoria, le leggi razziali, la guerra? A un italiano del 2021 che si dichiara fascista vorrei chiedere: davvero vuoi la censura di Stato, le ridicole parate, l’autarchia, la persecuzione degli avversarsi, l’esautoramento del Parlamento, il culto della personalità, il razzismo? E perché? A che pro? Ora, una cosa è affrontare il ventennio fascista laicamente e senza facili scorciatoie ideologiche, e un’altra è rifarsi oggi a un’ideologia francamente improponibile. E allora perché lo fanno? Io credo lo facciano per reazione e per dispetto – e per un certo fastidio nei confronti della sinistra più buonista, ipocrita e convinta di essere moralmente superiore. Ma così il dibattito rimane bloccato su vecchi schemi che non permettono di affrontare le contraddizioni del presente con strumenti e parole nuove. E questa per me è un’inutile perdita di tempo.