LA POESIA È UN “GIARDINO CAOTICO” IL “DISORDINE” IN VERSI DI PARISI
Nell’opera letteraria dell’autore potentino, trame di ispirazioni sparse alla ricerca dell’inconscio La valenza epistemica come organico collegamento interdisciplinare tra sensazioni e realtà
Mi trovo davanti ad un alto cancello a battente. È socchiuso. Ne spingo un’anta ed entro. Ho immaginato così l’immersione nella lettura delle poesie di Angelo Parisi contenute nella raccolta “Giardino caotico”, edito da Editr Ermes, 2021. Passeggio in questo giardino volgendo lo sguardo a simboli visibili ed altri velati; alcuni si sottraggono al mio sguardo costringendomi ad inseguirli per poterne cogliere il significato profondo. “Poesia del non detto”, del taciuto e del sottaciuto, questo mi sembra essere l’essenza dei versi di Parisi, versi che sfuggono ad un’interpretazione subitanea o tacciono “perché i sassi/ non hanno parola” come lo stesso poeta scolpisce in Passato non remoto.
Al silenzio delle pietre si alternano, nei versi di Parisi, le cose che parlano, quelle che “hanno la voce dei sensi” e “Trasudano discorsi ormai trascorsi”, ma “Sono dee immobili”, inarrivabili, che non rivelano molto di più della loro ieratica staticità.
Da qui lo sforzo del poeta di cercare un senso, di mettere in ordine un mosaico di “tessere recitate alla cenere – futura” mentre matura in lui la consapevolezza della sospensione come unica modalità di sopravvivenza all’incertezza “oscillo languido – tra le indiscrezioni dei nodi distorti dei rami”. La sospensione esistenziale del poeta è quella dell’uomo occidentale di fronte alla barbarie della guerra, non nominata con il suo vero nome di tre vocali e tre consonanti, ma incisa nel titolo Deflagra, la poesia che ci proietta negli occhi le mille immagini dei telegiornali di palazzi come “pesci sventrati sul banco” ed “Entropia di carne e sangue sulla terra concimata di pianto”.
La sospensione del poeta ritorna nella poesia Mattanza mediterranea con il netto contrasto tra la sacralità della vita, la “carne benedetta” e il terribile destino di morte che avvolge con “edera rapace/di stracci d’onda”e trasforma il mare nostrum in un terrificante cimitero liquido. La sintesi suggerita da Parisi è rintracciabile negli ultimi versi del componimento La pace laddove “Ognuno è steso ad aspettare il seme coltivato nel buio del proprio cuore cavo”, quel seme che, germogliando, darà nuove messi perché la pace “sa di farina e pane accarezzati piano col dorso della mano”.
Avanzando nel giardino, scorgo versi d’amore, anch’essi silenziosi: “Assolvimi dai legami miseri della parola” (Non dirmi niente) o misteriosi: “Non sapersi arrendere al nominarsi invano al perdersi nelle sillabe baciate vicine almeno loro” (Sconosciuti).
Ma il poeta ci avverte che l’amore “Sconquassa deflagra lì in basso la testa si immola al martirio nel petto” e non basta mai perché è fatto da “sbadigli di mare di chi sa dissetarsi col sale”, come scrive in L’amore non va declinato. L’amore cantato da Parisi può anche manifestarsi nella paziente e costante attesa dell’incontro che portano gli amanti a cercarsi “nel tempo come noi due” e fondersi come stalattiti e stalagmiti (Sedimenti).
Ancora tanti i temi di “Giardino caotico”, un giardino che non incarna certamente il locus amoneus della tradizione classica con i fiori allineati che sbocciano al canto di uccelli in primavera; (nel giardino di Parisi vola un corvo che “sbuca tra le frattaglie d’albero”), ma che si avvicina di più ad un hortus conclusus, il fecondo e prezioso campo del lavoro intellettuale di un poeta che invito a leggere.