NOMINA DEL DIRETTORE GENERALE ARLAB: IL RICORSO AL TAR È SERVITO
Impugnato il decreto del presidente Bardi: la “Pieni poteri” al vaglio della Giustizia amministrativa
Chi di nomine ferisce, di nomine potrebbe perire: il caso Arlab, finisce al Tribunale amministrativo regionale (Tar) di Basilicata. Il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, governa la cosa pubblica, con la complicità compiacente di mutoli assessori, eseguendo principalmente due attività: accentrare e mescolare. Dei tanti esempi forniti dall’attuale legislatura, tra i più clamorosi quello riguardante l’Avviso pubblico per la nomina del Direttore generale dell’Agenzia regionale per il lavoro e l’apprendimento Basilicata (Arlab).
Dal mischiare di Bardi&Co., ne è derivata una matassa della quale ogni filo preso singolarmente invece che chiarire, disperde. Ogni filo, però, ha la sua importanza poichè compone il reticolo della “grana” Arlab che previa attenta ricostruzione, riesce, nonostante i “depistaggi” del centrodestra regionale, a risultare chiara nella sua confusione. La matassa è corposa, basti pensare che la genesi della vicenda risale all’ottobre di 2 anni fa, era il 2019. Mentre la conclusione, ora sub judice, coincide col decreto del presidente Bardi, così come partorito l’8 settembre scorso e consistente nella nomina di Francesco Paolo Di Ginosa a Direttore generale Arlab. L’Avviso pubblico del 2019 non è correttamente revocato e a Di Ginosa, sembra un gioco di prestigio, l’incarico è stato conferito non sulla scia del bando di 2 anni fa.
In corso d’opera, anzi peggio, ad Avviso esperito, della doppia decina di candidati soltanto 2 sostanzialmente avevano le carte in regola, ma uno di questi non piaceva al centrodestra, prima, nel dicembre 2020, tramite Consiglio regionale sono stati cambiati, con inconsueto allargamento delle maglie, i requisiti richiesti per ricoprire la carica, tanto che, da quanto si è potuto apprendere Di Ginosa che “vince” il secondo Bando, al primo neanche partecipa, e poi, nel giugno scorso, la rinnovazione dell’Avviso pubblico.
Ad impugnare la nomina di Di Ginosa, portando il presidente Bardi al Tar di Basilicata, Antonio Severino Fiore, già Dg Arlab e rappresentato dall’avvocato Antonio Di Lena. Tra i plurimi motivi del ricorso, anche l’«evidente violazione» del principio di distinzione tra potere politico e potere amministrativo. Tema questo, che, per altre vicende, la “lista della spesa” del capo di Gabinetto Busciolano sulla «stagione dei concorsi», con Bardi non smette mai di essere attuale.
“PIENI POTERI”,LA LEGGE SMENTISCE BARDI
Quasi come Enrico VIII, se non per il dettaglio che lui cadde da cavallo, il secondo, l’auto proclamato-si organo monocratico Bardi, rischia di cadere da cavillo.
Tecnicamente, prima ancora di addentrarsi nel merito delle contestate irregolarità, già la “copertina” dell’affaire Arlab, racconta di un errore grossolano. La nomina di Di Ginosa, come da ricorso, non doveva essere disposta dal Presidente della Regione, il «commendatore» di Filiano ormai con la “Pieni Poteri” si è persuaso della possibilità di andare in deroga a qualsiasi norma, ma dalla Giunta regionale. Così prevede la relativa legge regionale, quella del2016, che allo stesso articolo, il 7, contiene anche un altro indizio che tornerà utile ai fini del ricorso: «L’incarico di Direttore generale è conferito, con provvedimento motivato, dalla Giunta regionale». Motivato è l’indizio da ricordare per il prosieguo. Dalla legge regionale citata, che è quella di istituzione dell’Arlab, non si evince nessuna competenza in ordine alla nomina, attribuibile in via esclusiva al presidente Bardi. Basilare tematica, tanto che è possibile prevedere la contromossa del «commendatore» che non avrà, al Tar, altra alternativa a quella di sbandierare i «poteri sostitutivi». Poteri sostitutivi regolati, però, anch’essi da un’altra legge regionale che ne regolamenta i presupposti: la convocazione della Giunta per le statuizione sulle nomine, la predisposizione dell’elenco delle nomine e la mancata deliberazione da parte della Giunta nel termine previsto. Presupposti che, nel caso Arlab, non sembrano proprio ravvisabili.
L’INGERENZA POLITICA NELLE FACCENDE AMMINISTRATIVE
Il duo Bardi-Busciolano continua a disconoscere il principio cardine, garanti-to anche dalla Costituzione, della separazione tra potere politico e potere amministrativo.
Poteri sostitutivi a parte, Bardi, è lo stesso Busciolano a scriverlo a chiare lettere, non si è limitato ad esercitare il potere di no-mina, esercitando anche le «tipiche funzioni dirigenziali di carattere amministrativo».
In altre parole, Bardi, da solo, ha valutato le eventuali cause di incompatibilità e di inconferibilità, la presunta idoneità tecnica del soggetto a cui conferire l’incarico, il possesso dei requisiti di ordine professionale previsti dalla legge regionale e via discorrendo.
Busciolano, nel rispondere sull’«istruttoria di merito espletata» ha “chiarito”, nel carteggio finalizzato all’accesso agli atti, che «la scelta è stata operata direttamente dall’organo di direzione politica».
L’istruttoria sulle candidature, però, è compito spettante ai dirigenti amministrativi e non all’organo politico. Per quanto non un concorso, comunque si è trattato di una procedura selettiva pubblica introdotta mediante Avviso pubblico.
Bardi, in definitiva, si è fatto, non prevedendola, Commissione di valutazione, che invece, per avere un recente, specifico e concreto paragone di confronto, in Sardegna è stata, non casualmente, prevista.
NOMINA DI GINOSA:LA MOTIVAZIONE CHE NON C’È
Altro motivo di ricorso per l’ottenimento della dichiarazione, da parte del Tar, di illegittimità della nomina, è quello del difetto di motivazione.
Eppure persino gli atti connotati da un alto livello di discrezionalità, contemplano l’onere della motivazione in ordine alle ragioni della nomina e della scelta di uno specifico candidato anziché di altri. Difficile, se non impossibile, immaginare che la nomina del Dg Arlab, Agenzia tecnica finita nel tritatutto dello spoil system del centrodestra, rientri nella categoria dei provvedimenti amministrativi cosiddetti «“a motivo libero”».
A maggior ragione, verrebbe naturale aggiungere, dato che la scelta di Bardi è ricaduta su Di Ginosa che, se il curriculum vitae non inganna, dovrebbe es-sere un semplice funzionario regionale, privo della qualifica dirigenziale, che avrebbe ricoperto per soli 2 mesi.
Di Ginosa, come evidenziato nel ricorso, ha ricoperto l’incarico di Posizione organizzativa in di-stacco all’Arlab ed appartenente all’organico dalla Regione Basilicata. Durante il periodo di servizio per la Regione Basilicata era assegnato all’Ufficio trasporti pubblici locali, settore dall’ignota attinenza con ruoli e compiti demandati all’Agenzia per il lavoro.