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PER RISVEGLIARE LA REGIONE BASILICATA SERVE UNA MOBILITAZIONE INTELLIGENTE

Intervento di Nicola Savino

Possibile che in Basilicata ci si mobiliti soltanto col terremoto? Ricordo fiumi di gente e fila di automobili per le strade, il Papa che sbarca con l’elicottero nel campo sportivo di Castelgrande, Pertini incazzato a Balvano per la lentezza dei soccorsi!
I politici nazionali che accorrevano, dibattiti dappertutto per la legge 219 e riunioni a vari livelli: nei Partiti, tra Sindaci, Sindacati ed Amministratori, con Progettisti e Tecnici vari. Anche di affaristi calati dal Nord o non so di dove per gli affari dell’industrializzazione e prima per i prefabbricati! C’era come una moltitudine di alveari, un discutere, un intraprendere, di tutti dappertutto: si rincorrevano finanziamenti e non c’era tempo da perdere (anche se poi se n’è perduto tan-to che ancora c’è da ricostruire):e non solo in Basilicata ed Irpinia, ma in tutto il Sud e di lì nell’intero Paese!
Il Mattino di Napoli il 22- 10 intitola «Bonomi: la ripresa passa dal Sud»; il Quotidiano del giorno prima… grida «Sbrigatevi o salta tutto. Stare zitti sui bandi di gara non è più possibile. Rischiamo di aver pochi progetti buoni … »; ed il 20 precedente, «Il Pnrr riequilibra le risorse sulla sanità tra Nord e Sud».
Il suo direttore, Roberto Napoletano, gira per sollecitare la mobilitazione e per evitare di perdere quest’ ultima occasione. «Se non sapremo afferrarla, sarà la fine non soltanto del Mezzogiorno, ma dell’Italia intera, se non ci risolleviamo ora, non solo resterà in crisi, ma lo sarà ancora di più»! È il momento di una mobilitazione intelligente e penetrante come quella impressa nei primi anni della Cassa da Gabriele Pescatore, che seppe convogliare in essa competenza ed onestà.
Per di più, ora, quelle doti servono non in un solo Ente, ma diffuse su tutto il territorio, dalle Amministrazioni locali, da Regioni e Provincie, da Partiti ed Associazionismo. Perché nemmeno si tratta di realizzare acquedotti o case coloniche o pluriclassi rurali e la viabilità minore o il primo tessuto industriale: ora si tratta di risvegliare l’intero Mezzogiorno, attuandone le potenzialità ed i suoi punti d’eccellenza (che si annidano anche nelle Università) per entrare in Europa e “trascinarvi” l’intero Paese. Affinché sia in grado di cimentarsi con l’innovazione e con l’informatizzazione contro il riscaldamento del Pianeta: in un inedito confronto dalle dimensioni ormai intercontinentale. Con Cina ed America, la quale ultima-già dai tempi di Obama-ha trasferito il suo centro d’interesse nel Pacifico, affiancando l’Australia nella crisi dei sommergibili con la Francia, un pilastro europeo da anni tra le potenze mondiali, nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu!
La sfida a cui siamo chiamati anche noi Meridionali è dunque di spessore planetario, perché tali le dimensioni e le dinamiche della globalizzazione, della tecnologia Per comprenderle, nemmeno basta la mobilitazione delle nostre normali risorse nelle scuole, nei centri di ricerca e nelle stesse Università.
Occorre una vasta mobilitazione da parte dell’intero sistema democratico-istituzionale. Perché sta-volta non si tratta di ricostruire dopo un terremoto, ma di costruire il futuro sprigionando noi l’energia straordinaria di un ter-remoto!
Il direttore Napoletano gira il Sud per contagiarci, per invocare una “fiducia” contagiosa, che valga a mobilitare le popolazioni. E fa addirittura tenerezza che sia venuto persino a Potenza per scuoterci con la sua passione e competenza!
Ma nell’Aula del Consiglio Provinciale, pur con la partecipazione del Presidente Guarino e della Confindustria con la dottoressa Perretti, i partecipanti erano pochi, forse non più di una ventina; e nessuno che rappresentasse la Regione o un qualche Comune o un Ordine professionale: insomma, nessuna passione e nessuna partecipazione dalle altre Istituzioni! Ancora il Quotidiano scrive: «Il Mezzogiorno ha bisogno di manager… Il 40% dei soldi a rischio (se) Enti e Comuni non sanno attuare i progetti».
A ben vedere, non siamo in grado nemmeno di prepararli – e le vie dei nostri borghi sono ormai deserte! Quando vado a Rivello, a mezz’ora dalla ferrovia tirrenica (la più diretta per la Sicilia e per il Nord), a venti minuti dalla spiaggia di Maratea, a 10 da Lagonegro con le scuole medie superiori ed a 35 dalle Terme di Latronico o dal Pollino, nella Valle del Noce… ai piedi del Sirino, un tempo il paese degli orologi anche da torre,di orafi incisori e ramai, attraversando il Centro storico con le sue 40 tra chiese e cappelle di vicinato ( quasi tutte chiuse), non riesco ad incontrare anima viva! Il Museo na-to dalla 285/76 sta per chiudersi e l’albergo ri-strutturato-conoltre un milione di Eu (per una fantomatica “dieta mediterranea”) nemmeno si è riaperto!
Dove sono le energie per farlo noi il terremoto alla rovescia?

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