COME SONO CAMBIATE LE FACCE DEGLI ITALIANI
Lettere lucane
Amo molto i libri fotografici, sopratutto quelli che raccontano la realtà italiana dalle origini della fotografia alla fine degli anni ‘80 – poi, non so perché, il mio interesse vacilla. Sono letteralmente ossessionato dall’Italia antecedente al diffondersi della società dello spettacolo – categoria generica per indicare un profondo cambio di paradigma, anzitutto in direzione edonistica e “disimpegnata” – perché avverto oscuramente, proprio a livello fisico, un’emozione che potrei esprimere così: nell’Italia di oggi faccio sempre più fatica a riconoscermi. Penso alle facce, per esempio. Spesso quando guardo la mia faccia allo specchio, io mi sento a disagio, perché è una faccia segnata, stanca, consumata, inattuale – di chi si è gettato nella vita senza risparmiarsi. Tutti mi dicono, senza un minimo di tatto, che dimostro più degli anni che ho. E un po’ mi feriscono. Ma sbagliano, perché non sono io a dimostrare più degli anni che ho, ma loro a dimostrarne di meno – e, se ne dimostrano di meno, allora vuol dire che non hanno pagato come ho pagato io, non hanno sofferto come ho sofferto io, non si sono messi sulle spalle dei pesi come ho fatto io. Le facce, ecco. Sono molto cambiate, le facce degli italiani. E non mi piacciono più, anche se sono più belle di ieri, più curate, più gentili, più rilassate, più sexy. Un tempo si lavorava duramente, e si aveva poca cura del corpo, soprattutto negli strati popolari – e penso alle facce dei miei lucani, che erano bellissime, segnate e vissute com’erano. Lo so che è moralistica questa mia riflessione, ma proprio non riesco a riconoscermi in queste facce, in questi corpi. Oggi è tutto migliore di ieri – tutto, ripeto. Ma c’è una cosa – un “fattore X” – che rende tutto peggiore, tutto più deprimente. In quel “fattore X” c’è tutta la mia solitudine e la mia nostalgia per un’Italia perduta che mi manca proprio fisicamente.