AMMUTOLIRSI DI FRONTE ALL’ABISSO DELLA PEDOFILIA
Lettere lucane
Sto leggendo le notizie riguardanti una rete di pedofili che agiva tra Piemonte, Puglia e Campania. Nei computer di queste persone sono state trovate immagini “raccapriccianti”, e io ogni volta rimango ammutolito. Come rimasi ammutolito tanti anni fa quando lessi gli atti processuali di un caso di pedofilia che riguardava – mi pare di ricordare così – una persona originaria di Tricarico. Mi misi a piangere, perché l’uomo confessò ogni dettaglio, anche il più agghiacciante. Com’è possibile, mi chiesi? Riesco a capire tante cose, anche l’omicidio: lo temo e lo aborro, ma riesco a capirne la genesi, riesco a vederlo lineare, sia pure nella sua traiettoria di massima perdizione. Ma confesso che a quarantacinque anni, e dopo tanta vita vissuta e tanti libri letti, la pedofilia rimane per me un enigma. Credo di essere un cattivo padre. E questo perché non sopporto il pianto o l’infelicità dei bambini. I miei vicini di casa hanno un bambino piccolo, e certe volte questo bambino di notte piange; se sono sveglio provo una fitta al petto, perché vorrei andare da lui, e abbracciarlo, e coccolarlo, perché il pianto dei bambini mi lacera l’anima. Ora, non dico essere fragili e vulnerabili come me – non fa bene ai figli avere genitori troppo protettivi – ma come si fa a permettere che il loro copro subisca violenza, dolore, umiliazione, terrore? Come si fa a godere del loro pianto, delle loro suppliche, del loro terrore? Giuro che tutto ciò che è umano io, in qualche modo, lo capisco – ripeto, l’omicidio, la guerra, la violenza, il sadismo, ecc. La mia mente riesce a capire tante cose, razionalmente; ma di fronte alla pedofilia la mia mente va in tilt, e non sa come procedere. Ho chiesto più volte ad esperti da dove venisse questo male. Mi hanno detto tante cose, ma mai una volta che io abbia avuto la sensazione di capire minimamente quest’estremo abisso della vita.