LUPARE ROSA: LE DONNE DI ‘NDRANGHETA
Presentato a Tolve il libro di Don Cozzi con Montemurro, Pepe e Finelli
Lupare rosa, Storie di amore, sangue e onore è il libro di Don Marcello Cozzi presentato a Tolve e che ha visto la presenza tra i relatori del Gen. Luigi Finelli dell’Associazione nazionale carabinieri Basilicata, del sostituto procuratore Dda Vincenzo Montemurro e del Sen. Pasquale Pepe in qualità di Vice Presidente della Commissione Antimafia.
Si parla di ‘ndrangheta nel libro di Don Cozzi, di quella ndrangheta da cui è difficile uscirne se non come pentito o come cadavere. Ma si parla anche delle donne di ‘ndrangheta, quelle che supportano la famiglia, le ‘ndrine, quelle che si vergognano di essere accostate a uomini di mala, quelle che denunciano. I loro nomi risuonano nelle pagine del libro perché le storie di Cetta, Angela, Tita, Annunziata e Rossella sono le storie di chi si è ribellato, di chi ha deciso di venir fuori da un sistema degenerato e violento. O di chi è morta per mano mafiosa.
Donne in fuga, sognatrici e ribelli. Donne che con la ‘ndrangheta non avevano nulla a che fare se non per cognomi scomodi di padri, fratelli o mariti. Un libro che fa riflettere anche in Basilicata, una terra non esente dal fenomeno criminale e soprattutto dagli apparentamenti proprio con le ‘ndrine calabresi. Un dato di fatto che non può essere negato e per cui si rende necessario istituire la Dia in questa regione, così come è stato rimarcato anche nel corso della presentazione di Lupare Rosa. Evidenziato il ruolo di quelle donne che vanno via dalla ndrangheta, ma che diventano anonime nell’identità nella capacità di pensiero perché da ‘pentite’ o collaboratrici di giustizia occorre cambiare completamente la propria vita, dimenticarsi di chi si è stato fino al giorno prima. E poi di donne più feroci dei propri mariti: donne che prendono il posto dei mariti ammazzati e che riescono ad essere più violente e sanguinarie.
Si è parlato di leggi in Italia: quelle che non tutelano alcune di quelle donne che vogliono chiudersi alle spalle il portone della malavita: c’è tutela per collaboratori e testimoni di giustizia, ma le donne che vivono in quei contesti pur non avendo nulla a che fare con gli affari della malavita e da cui vorrebbero fuggire sembrano essere abbandonate a sè stesse. Si è parlato anche di processi, di maxi processi, con 350 imputati come il Rinascita Scott che ha fatto tremare la Calabria mafiosa.