CASO SALVIA, GUARENTE SE NE FOTTE DELL’“ORDINE” DEL DIFENSORE CIVICO
È così grande il bubbone sui contributi da nascondere le carte?
Il silenzio del Comune di Potenza, o meglio, l’occultamento degli atti relativi alle collaborazioni profumatamente pagate al consigliere comunale Giovanni Salvia e al suo Comitato +Sport continua imperterrito e indisturbato. Ma perché l’amministrazione comunale, in aperta e ostinata violazione della normativa sul diritto di accesso e su quanto disposto dal Difensore civico, non ha ancora convocato questa Redazione che da mesi chiede all’ente pubblico di poter vedere gli atti pubblici con i quali sono state svolte funzioni pubbliche e usati fondi pubblici in favore di un privato? “Pubblico”. Questa è la parola chiave della questione, il cui significato, etico ancor prima che giuridico, sfugge ad un’amministrazione comunale che ormai non più colpevolmente, ma dolosamente si ostina a non provare che con Giovanni Salvia e il suo Comitato tuttofare si è agito in piena legittimità.
Aldilà delle responsabilità penali di chi ritiene di poter impunemente violare le norme alle quali ogni cittadino è sottoposto, giacché la fascia tricolore o la carica di consigliere non sono né uno scudo protettivo né garanzia di non punibilità, quel che grida vendetta è la tracotanza e la prepotenza di chi gestisce la cosa pubblica come se fosse privata. “Faccio quel che voglio, come voglio e con chi voglio” non sono regole di condotta ammissibili in una Pubblica Amministrazione in cui cosa, come e con cui operare sono regolamentate ed è preciso dovere dell’Ente rendere conto del proprio operato.
L’amministrazione comunale della Giunta Guarente invece che fa? Si nasconde, si nega, viola norme e decisioni di autorità garanti della legittimità, sperando che il cittadino che legittimamente chiede conto prima o poi si stanchi, desista, si arrenda, peggio che nei peggiori regimi oscurantisti. E più il Comune di Potenza si ostina a celare i documenti più aumenta il sospetto che quella puzza di bruciato che si sente da anni, ben sette, a quanto dichiarato da componenti della Giunta, sia fondata. C’è del marcio anche a Potenza, e questa Redazione sta dando voce ai tanti, privati cittadini e associazioni, che negli anni hanno pagato questa allegra gestione della cosa pubblica e che non hanno avuto la forza o la costanza di portare avanti una impari battaglia contro il palazzo arroccato a difesa delle sue scelte e dei suoi consiglieri collaboratori tuttofare.
E menomale che la gioventù, la progettualità e lo spirito del cambiamento di questa giunta avrebbe dovuto essere garanzia di legittimità, partecipazione e crescita della città. Siamo sprofondati nel peggiore oscurantismo assolutistico, in cui chi ha le carte in mano comanda e gli altri devono sottostare. Un passo indietro, anzi, uno scivolone nel passato che fa rimpiangere gli amministratori “ancien régime” i quali, almeno, potevano giustificare i propri ostinati silenzi e ostili insabbiamenti con la mancanza di una disciplina che prescrivesse l’obbligo di consentire ai sudditi, pardon, ai cittadini e ai contribuenti, di accedere alle carte pubbliche.
E non è da sottacere neppure che se da un lato la politica fa quadrato e si difende, gli uffici se ne rendano incredibilmente complici, assumendosi responsabilità inutili e per le quali saranno però chiamati a rispondere personalmente. Resta insoluto interrogativo dal quale siamo partiti. Cui prodest? A chi giova tutto questo? Lo sapremo, con molta probabilità, con le decisioni che la magistratura adotterà a breve sulla questione, giacché questa Redazione non si ferma, non si stanca, non desiste. E’ e resta a bussare al battente del portone della Torre di Piazza Matteotti in cerca di quella pubblicità che nel regno assolutistico di Potenza si pensa sia solo una trovata rivoluzionaria da ignorare.