UNA GIORNATA DA SOLA NON BASTA
Violenza sulle donne, numeri in crescita e cambio culturale lontano: la Camera vuota insegna
La fortuna non è nascere uomini o donne, la fortuna è avere la libertà di vivere in un mondo libero che lascia esprimere senza giudicare e che non fa paura, a nessuno. Se un giorno questa cosa accadrà ripenseremo a tutti i 25 novembre che ci lasciamo alle spalle dal 1999, anno in cui l’Onu ha istituito la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne per ricordare quanto la violenza di genere sia una realtà da combattere. Oggi, purtroppo, la violenza resta un perno su cui la nostra società è costruita e nonostante siano diverse le azioni messe in campo per contrastarla mi viene da chiedere: ma stiamo facendo davvero tutto il possibile? La risposta è un secco no.
Per questo ogni anno come direttore di Cronache Lucane lavoro a qualcosa che dia risalto, grazie all’indiscusso megafono che porta con se la stampa, a un messaggio per il 25 novembre. Non solo perché sono donna, ma perché credo che la violenza non vada cancellata con un colpo di spugna come se non esistesse ma vada raccontata nelle sue diverse sfaccettature, a volte anche crude, per far comprendere a ogni singolo individuo che il dolore straziante che si crea con ogni femminicidio ricade non solo su famiglia e figli ma sull’intera società.
Quest’anno però il mio 25 novembre credo sia intriso di paura e rabbia. Sentimenti scaturiti dopo aver visto l’immagine della ministra Elena Bonetti che parla alla Camera di violenza di genere davanti a un’aula vuota. Una immagine che credo ricorderemo ancora per un pò perchè rappresenta l’ipocrisia della nostra politica. Perché, mentre la ministra per le Pari Opportunità si produceva, accalorata, nella mozione contro la violenza sulle donne, be’, i presenti in aula erano solo otto. Otto su seicentotrenta. Ce la ricorderemo si quella immagine, non tanto per la gravità della cosa (ok, di lunedì molti deputati non sono presenti in aula, ma si poteva comunque fare un’eccezione), ma perché simboleggia la mancanza di sensibilità verso un tema ufficialmente cavalcato da tutti, ma che, alla prova dei fatti, viene derubricato a sinecura parlamentare. Eppure i dati parlano molto chiaro: 109 donne vittime di femminicidio nel 2021.
I carnefici sono in gran parte persone a loro vicine: nel 36% dei casi, l’autore del femminicidio è il marito o il convivente, nel 20% dei casi sono fidanzati o ex e sempre nel 36% dei casi ex mariti o conviventi. Ogni giorno in Italia 89 donne subiscono qualche forma di violenza di genere, le istituzioni non possono voltarsi dall’altra parte e uscire dall’aula: siamo di fronte a un’emergenza che non può più aspettare. Ce lo ha dimostrato anche la pandemia, i numeri sulla violenza contro le donne invece di diminuire sono inesorabilmente aumentati. Il Covid-19 ha colpito le donne due volte. Hanno perso il lavoro, sono aumentati i carichi in casa, ma innanzitutto è esplosa la violenza contro di loro.
Con numeri impressionanti. Le chiamate al numero Antiviolenza sono schizzate del 120 per cento e il 77 per cento delle donne ha dichiarato, nel corso di queste chiamate, di avere subito violenza in casa. Le donne che denunciano spesso non vengono credute: come riporta Repubblica, una donna su sette segnala alla polizia il suo aguzzino senza ottenere interventi rapidi. Eppure si continua a chiedersi “Perché non ha parlato?”, si continua a colpevolizzare le vittime. Siamo circondati da narrazioni tossiche: “giganti buoni”, “uomini che amavano troppo”, “donne esasperanti”, “complici dei loro carnefici” o “ragazze che se la sono andata a cercare”.
Ancora oggi nella nostra società non è passata l’idea che la violenza di genere sia un problema culturale. Sono i nostri figli, padri, fratelli, amici che si trasformano in carnefici, ma raramente guardiamo il problema da questo punto di vista. Problema che però gli italiani hanno dimostrato di avere a cuore, dato che il 60% di loro ritiene il contrasto alla violenza sulle donne «una priorità politica » (secondo quanto pubblicato da AstraRicerche).
Invece dai politici, nulla. Neanche a fingere di presenziare. Di destra, centro e sinistra che fossero, i nostri deputati hanno snobbato in blocco le richieste d’aiuto delle donne che devono essere libere di denunciare la molestia; delle azioni preventive da mettere in campo per evitare che gli appelli d’aiuto cadano nel vuoto (una può essere, secondo la ministra, il Reddito di libertà l’altra il Microcredito di libertà); del problema delle ripetute violenze domestiche emerse in modo abnorme durante il limbo della pandemia. L’aula vuota, proprio ora, è surreale.
Abbiamo avuto, per mesi gli scranni parlamentari intasati su Green Pass, reddito di cittadinanza e quota 100, superbonus e perfino sulle capienze nei luoghi aperti al pubblico (giusto per citarne alcuni). Ma l’altro giorno, in una scena di suprema ingenerosità, abbiamo visto una sola donna che nel rimbombo della sua voce, difendeva tutte le altre. Sarebbe bello oggi vedere quanti di quelli assenti in aula ieri hanno invaso le loro pagine social di belle parole sul 25 novembre. Un giorno quell’aula vuota sarà solo un ricordo, ma oggi è ancora realtà e come tale fa male. E cosi in questo 25 novembre mi viene da chiedere a tutti: quante donne devono ancora morire per evitare che una ministra resti sola a parlare di qualcosa che ancora non è percepito come un’emergenza?