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EX MOGLIE, SORELLA E FIGLIA: I «POSTINI» DI STEFANUTTI

Dal carcere di Melfi i «pizzini» e le «ambasciate»: così Dorino comandava dalla cella


Prima dell’arresto di Dorino Stefanutti avvenuto nel novembre del 2019, a seguito della condanna definitiva della Corte di Cassazione per i reati di estorsione, detenzione e porto di armi da fuoco, fondamentale per Stefanutti in “libertà”, ovvero in regime di sorveglianza speciale, la scelta dei locali dove fare i “vertici” del clan. Come evidenziato dall’Antimafia di Potenza, c’è stato uno «stretto nesso pertinenziale fra i locali e il reato associativo». Tra questi, per gli inquirenti, certamente la pasticceria Dolce&Dolci di Saverio Postiglione, dove tra l’altro, per esempio, Renato Martorano espose la richiesta «di un’arma da fuoco».

L’informazione fu affidata a Valentino Scalese (genero di Stefanutti) che «portò l’ambasciata in carcere a Dorino». Il «nesso» dei locali, per gli inquirenti, emerge con tutta evidenza nel caso della registrazione della trattoria “da Elvira”, avvenuta in Camera di Commercio il 24 maggio 2018, «ovvero il giorno successivo alla scarcerazione dello Stefanutti», «o ancora dalla telefonata con cui, il giorno dopo la scarcerazione del Martorano, Stefanutti provvedeva a contattare Postiglione Saverio, preavvisandolo che doveva passare in pasticceria per ritirare un vassoio di dolci». Il nome della trattoria, “da Elvira”, in relazione a colei che la gestiva: Elvira D’Ascoli, ex moglie ed attuale compagna di Dorino Stefanutti.

Per l’Antimafia, «un dato fortemente evocativo, in quanto sintomatico del fatto che, in stretta concomitanza con la cessazione del suo periodo detentivo, lo Stefanutti fissava fin da subito presso i locali della trattoria “da Elvira” la base operativa del clan dallo stesso diretto, tenendo riunioni e fissando incontri e appuntamenti con i diversi sodali». I familiari di Stefanutti, come emerge dall’inchiesta, avevano un ruolo: messaggeri di «pizzini». Manuela e Albina Stefanutti, rispettivamente figlia e sorella di Dorino, pur non essendo inserite nell’organigramma del clan, «si attivavano, da esterne, a contribuire al raggiungimento delle sue finalità». Nei colloqui nel carcere di Melfi, «portavano notizie e ricevevano disposizioni: «ordini e “pizzini”» da consegnare ai diversi sodali liberi. Albina, inoltre, avrebbe custodito per conto del fratello anche «non meglio indicate armi» e non meglio indicata «documentazione» che non doveva finire nelle mani della Procura.

Anche Elvira D’Ascoli, «riceveva e consegnava» disposizioni, ordini e “pizzini” ritirati durante i colloqui avuti nel carcere di Melfi. Quanto ripreso dalle telecamere del carcere lucano posizionate nella sala colloqui, per l’Antimafia mette in evidenza come Stefanutti «abbia potuto mantenere durante tutto il suo periodo di detenzione un “filo diretto” con il sodalizio», ricevendo informazioni ed impartendo direttive, proprio grazie alla disponibilità di ex moglie, sorella e figlia, che facevano da «“postini”» tra il loro congiunto e gli altri affiliati liberi, in modo tale da permettere a Dorino di mantenere «a distanza» la «sfera di comando», «garantendo» così l’operatività del sodalizio. Stefanutti, che chiedeva del clan fuori, «e la “Purcella” (soprannome di Lorusso Donato) che dice?», i suoi «“pizzini”», li metteva, invece, o «nel bicchiere» o «all’interno della pila di bicchieri».


Ferdinando Moliterni

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