GRIECO, OMICIDIO DEL “PROFESSORE”: 3 CONDANNE
Sconto al collaboratore D’Elia: 18 anni di carcere. Per Armandi e Andriulli 24 anni ciascuno
DALLA CORTE D’ASSISE, PRESIEDUTA DA BAGLIONI E SERGI, ESCLUSA L’AGGRAVANTE MAFIOSA
Ventiquattro anni di carcere ciascuno per Carmelo Andriulli e Antonio Armandi, diciotto per il collaboratore di giustizia Giuseppe D’Elia. Si è concluso così il processo per l’omicidio di Antonio Grieco, detto ‘il Professore’ freddato a colpi di arma da fuoco nella boscaglia in località ‘Difesa San Biagio’ di Montescaglioso. La sentenza rispetta in parte le richieste avanzate dall’accusa: il Pm Anna Gloria Piccininni aveva chiesto che fosse carcere a vita per Armandi e Andriulli ma la sentenza rispecchia solo la richiesta formulata nei confronti del ‘pentito’.
Per tutti e tre gli imputati sono valse le attenuanti generiche, lo status di collaboratore per D’Elia ed è decaduta l’aggravante dell’aver agito con metodo mafioso. Tutti assolti dal tentativo di omicidio nei confronti di Ennio Cristalli, figlioccio della vittima. Qualche ora prima della pronuncia di sentenza, ultime dichiarazioni spontanee di Armandi che, in extremis ed in un tentativo evidentemente di rabbonire la corte, ha dichiarato in maniera molto confusionaria quello che aveva già dichiarato in precedenti udienze. Non ha aggiunto nulla di nuovo alle dichiarazioni rilasciate nei vari interrogatori relativamente alla circostanza che «era presente sul luogo del delitto, non ha sparato a Grieco perché ad un certo punto si è bloccato quando se lo è trovato di fronte, che non era andato in Contrada Difesa con l’idea di ucciderlo ma che si era portato dietro un fucile» che presumibilmente aveva in auto già da oltre una settimana per scopo di caccia.
A domanda precisa poi del Giudice Baglioni sul se fosse a conoscenza o meno dell’intenzione omicidiaria di D’Elia verso Grieco e sull’eventuale esistenza di un accordo tra lui stesso e l’attuale collaboratore ha ammesso che sapeva e che aveva anche preventivato che ciò accadesse. Perché ha sparato per primo? E la risposta di Armandi nella fase precedente alla sentenza è stata «perché avevo avuto l’impressione che Grieco stesse per sparare ». D’Elia da sito riservato a tutela della sua posizione di collaboratore di giustizia nelle sue spontanee dichiarazioni se l’è presa con Armandi, sostenendo a chiare lettere che «i due erano d’accordo, che l’altro imputato sapeva cosa sarebbe accaduto la mattina del delitto».
Stando alla testimonianza diretta di Cristalli, sarebbe stato proprio Armandi a sparare i primi due colpi a distanza ravvicinata nei confronti di Grieco mentre D’Elia avrebbe dato il colpo di grazia freddandolo alla nuca. Dopo l’omicidio il figlioccio del ‘Professore’ sarebbe stato rincorso nella boscaglia- secondo le sue dichiarazioni- presumibilmente per essere ucciso anche lui ma si sarebbe messo in salvo non prima di segnare su un albero e su un muro i nomi degli autori del delitto: una sorta di testamento che avrebbe permesso, nel caso anche della sua morte, di identificare celermente gli autori del fatto. Un omicidio, quello del ‘Professore’, che sarebbe avvenuto per una sorta di regolamento di conti, così come si conviene nell’ambito malavitoso.
L’omicidio avvenne il 27 maggio 2019 mentre le forze dell’ordine stavano indagando sulla vittima che gestiva il traffico di droga nel materano e che aveva interessi anche nella compravendita di armi. Proprio con la promessa di fargli acquistare una nuova pistola venne attirato assieme a Ennio Cristalli in un’imboscata tesa dai tre oggi condannati. Antonio Grieco venne ritrovato cadavere nei boschi di Montescaglioso mentre le forze dell’ordine indagavo su di lui.
Dopo il delitto, il suo corpo sarebbe stato trascinato per qualche decina di metri e poi gettato in un dirupo per farne perdere completamente le tracce. Dopo l’emissione della sentenza, soddisfazione per la decadenza del metodo mafioso è stata espressa dal difensore di Andriulli, Pietro Mazzoccoli e di Armandi, Emilio Buccico e Vincenzo Comi, i quali fanno sapere che in ogni caso ricorreranno in Appello per consentire una eventuale riduzione della condanna ora che è decaduto il metodo mafioso. Per Buccico «l’aggravante era uno scoglio insuperabile per cui passare da richiesta di ergastolo a condanna a 24 anni è un primo passo verso l’avvicinamento realistico alla giusta dimensione della pena comminata ». «Attenderemo le motivazioni della sentenza per fare Appello», aggiunge Comi, «anche se la condanna ottenuta è già un buon passo in avanti essendo state fatte valere anche le attenuanti sulla premeditazione».
Shara Zolla, difensore del collaboratore Giuseppe D’Elia non entra nel merito sulla durata della pena comminata ma evidenzia come aspetto fondamentale «il riconoscimento della credibilità e dell’attendibilità delle dichiarazioni rese da D’Elia non solo durante tutta la fase processuale ma anche successiva al delitto. Un atteggiamento lineare dell’imputato che ha contribuito a ricostruire tutte le fasi delittuose con dichiarazioni indispensabili per addivenire agli elementi probatori». Sulla decisione di collaborare con la giustizia, l’Avvocato Zolla ha sostenuto che «non è stata una questione di opportunità ma ha intrapreso un suo personale percorso profondo di redenzione dopo tutto quello che è stato il suo percorso criminale».