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MAFIA LUCANA, COSÌ LI BATTEZZAVANO

Esclusiva: Lucania felix, al via i primi interrogatori di garanzia: molti silenzi e alcune misure affievolite


Il «papello» dei «codici mafiosi» che il figlio di Dorino Stefanutti, il collaboratore di giustizia Natale, consegnò investigatori e inquirenti nel 2014, dopo anni, grazie all’inchiesta dell’Antimafia di Potenza, è stato riconosciuto come valido e autentico da “esperti” del settore, cioè da chi la ‘ndragheta l’ha vissuta dall’interno. Riti di affiliazione, nonché “doti”, gradi e gerarchie criminali, sono stati in parte aggiornate e completate. «Chi ha scritto questo “papello” – ha dichiarato in un interrogatorio Giuseppe Liparoti, che al pari di altri ex associati alla cosca “Grande Aracri” ha validato il documento nelle mani dell’Antimafia di Potenza – riveste un ruolo elevatissimo nella nostra organizzazione». Il “papello” di partenza è per l’apppunto quello che consegnò Natale Stefanutti mantenendo la promessa «il documento è in possesso di Donato Lorusso e posso venirne in possesso anche stasera».

Così fece. La sera del 123 novembre del 2014, dal suo cellulare, scattò le foto del “papello” che ora Cronache Lucane ha potuto visionare nella riproduzione originale. Oltre alle formule, anche l’elenco degli allora affiliati al clan Stefanutti- Martorano, di cui Natale precisò: «Mio padre ha un livello criminale più alto del Martorano… Martorano aveva l’investitura di capo-clan ma era mio padre ad avere invece gradi criminali più elevati». Al di là dei gradi, tra i 2, aiuti reciproci di pari livello: «come Martorano ha aiutato noi, anche mio padre ha aiutato Martorano… per un procedimento in Cassazione mio padre ha consegnato un biglietto a Giovanni Tancredi con l’indicazione del Giudice di Cassazione che doveva occuparsi del processo di Martorano.. biglietto consegnato dal Tancredi qui a Roma ad uno dei due che ho indicato… costui avrebbe quindi avvicinato il Giudice».

Tornando al “papello”, come confermato nel 2018 da Liparoti, «in Basilicata vi sono diversi locali di ‘ndrangheta, tutti legati alla locale di Cutro e alla cosca Grande Aracri… sono un gruppo autonomo ma fino ad un certo punto ». La gerarchia della ‘ndrangheta riveste un ruolo di primaria importanza, anche in considerazione del fatto che nella «locale» i livelli più alti (Società maggiore) oltre a rappresentare l’organismo decisionale, sono depositari di conoscenze non accessibili ai livelli inferiori (Società minore), ed hanno la possibilità di relazionarsi con altre organizzazioni

. IL «LOCALE»

Dai calabresi ai lucani, segnate le formule, i riti con l’indicazione finanche delle date in cui tenere le cerimonie criminali, gradi e corrispondenze gerarchiche. Le prime pagine del «papello» in mano al clan Martorano-Stefanutti, sono dedicate alla costituzione di un nuovo cosiddetto «“locale”». Scelto il luogo e confluiti i presenti, l’inizio del rito affidato al «capo società»: «Se prima lo riconoscevamo per località di transito, da questo momento in poi lo riconosciamo come un locale sacro, santo e inviolabile. Possono partecipare picciotti, camorristi e giovani d’onore con parola d’omertà e riservata località» «Io battezzo – prosegue la formula – questo locale come lo hanno battezzato i nostri tre vecchi antenati, Osso, Mastrosso e Carcagnosso.

Se loro lo battezzavano con ferri e catene e camicie di forza, io non faccio altro che battezzarlo con ferri e catene e camice di forza. Se loro lo battezzavano con rose e fiori di gelsomino in mano, io non faccio altro che battezzarlo con rose e fiori di gelsomino in mano, con parola d’omertà è battezzata la località». E ancora: «A nome dei nostri tre vecchi antenati che formarono, sotto Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini, l’albero della scienza, con 5 rose alla mano destra e 5 bei fiori alla mano sinistra (a forma di ciampa di cavallo), alzo gli occhi al cielo, vedo una stella volare, calice d’argento, ostia consacrata con parola d’omertà è formata la società». Formata «la società», il rito d’apertura non è ancora terminato.

Come scritto nel «papello », così la continuazione. «A nome di conte Leonardo principe di Russia e Fiorentino di Spagna che si incamminarono per 29 anni 29 giorni e 29 notti per monti e valli e colline, sbarcarono nella grande riva del fiume Giordano, incrociarono spada e spadino e formarono il quartino. A nome conte D’Aquino vecchio veterano e Fiorentino di Spagna e a nome di Salvatore Imbalsamo grande intagliatore di Favella principe di Russia e Cavalieri di Spagna che attraversano Francia, Spagna e Portogallo, sbarcarono nella grande riva del fiume Giordano con l’aiuto della stella Diana formarono un cerchio al centro, alzarono la punta dello spadino, così formano il Padrino».

LE «7 COSE BELLE» DELLA MAFIA

Passaggio intermedio, quello dedicato alle «cose belle» della mafia: gli “strumenti” criminali. «Come dare un fiore ad uno, prima si riserva poi si battezza e poi si forma. (una volta fatto questo si raccolgono i pareri) Raccolgo i pareri dei nostri umili e saggi compagni qui presenti e li metto in un bicchiere d’oro e li butto sul profondo del mare come prescrivono le regole sociali e nessuno le potrà scoprire e se qualcuno le scoprirà verrà da 3 0 5 segnalate dietro la spina dorsale, se qualcuno deve dire qualcosa la dica ora altrimenti taccia per sempre.

Confermate saggi compagni: (Risposta) Confermiamo». A mo’ di “interrogatorio”, la domanda cardine: «Cosa avete ricevuto dalla società ». Segue la risposta, «la società mi ha dato 7 belle cose» e la successiva domanda: «E quali sono? ». Eccole: «Umiltà, per essere umile con i miei saggi compagni. Fedeltà, per essere Fedele con i miei saggi compagni. Politica , per essere Politico con i miei saggi compagni. Falsa politica, per gli sbirri e gli infami. Carta, per esigere e transigere le regole della società o per scrivere e riscrivere le regole della società. Penna-matita, per scrivere le regole sociali. Rasoio-pugnale, per sfreggiare gli uomini indegni e infami»

L’AFFILIAZIONE: «TI BATTEZZO»

Nella “punciuta”, intrecciati sacro e profano. «Ti battezzo e ti fedelizzo come picciotto (e lo punge sul palmo della mano destra facendo uscire il sangue e farlo gocciolare una goccia sull’immagine di San Michele Arcangelo poi il mastro di giornata prende l’immaginetta e la brucia mentre brucia la da al picciotto facendola stringere nella mano punta e farlo giurare)».

Questo è il giuramento: «Giuro su questo pugnale sanguinante di società onorata e piena d’umiltà di essere umile e fedele con i miei saggi compagni e fratelli e con il mio saggio capo e di dividere millesimo per millesimo e centesimo per centesimo di no tradire la società e i miei saggi compagni, di rinnegare padre madre e sorella, di non portare ne macchie d’onore e ne d’infamità altrimenti e a carico mio e di chi mi ha portato a circolo formato e a discapito della società, di essere un servo d’umiltà a disposizione dell’intera società onorata ».

«Dite lo giuro – giuro una volta questo si forma di nuovo a nome dei nostri tre vecchi antenati che portano un mantello sulle spalle un bastone d’orato a fianco che formano e sformano sotto l’albero della scienza con parola d’omertà e formata la società saggi compagni siete conformi a passare la terza e ultima votazione sul conto di Tizio. Conformissimi ».


«Passo la terza e ultima votazione sul conto di Tizio se prima lo conoscevamo come un picciotto fatto a voce appartenente non battezzato o fidelizzato da questo momento in poi ti conosciamo come un picciotto fatto a voce appartenente battezzato e fidelizzato». Indicazione finale: «Una volta questo si da un bacio ed una stretta di mano da tutti i presenti e in più un bacio». Dai riti alla realtà, le possibili divergenze. Tra i pentiti, a parlare del clan Stefanutti-Martorano, oltre il figlio del boss Natale, anche Antonio Cossidente, «affiliato alla ‘ndrangheta calabrese», che «ha raggiunto la carica di “padrino”, assumendo ruoli e funzioni tipiche della cosiddetta “società maggiore”, ìn virtù dei quali aveva contatti e rapporti anche con appartenenti ai servizi di sicurezza nazionali, rivelando fatti e circostanze di criminalità organizzata».

Dai rituali alle cariche distribuite in territorio lucano. Non sono solo formule, quelle della mafia. Per esempio in una intercettazione nell’ambito dell’inchiesta “Lucania Felix”, Nicola Sarli, discutendo in auto con un soggetto a proposito del «battesimo» di Maurizio Pesce, avvenuto in carcere per «volontà di Saverio Riviezzi», capo indiscusso dell’omonimo sodalizio «mafioso» operante sul territorio di Pignola , ammetteva di essere stato indicato come «puntaiolo », facendo così riferimento ad una carica criminale prevista quale appartenente alla cosiddetta «società minore»

I 2 LIVELLI DELL’«ONORATA SOCIETÀ» LUCANA: MINORE E MAGGIORE

La «onorata società» lucana, come quella calabrese, prevede infatti 2 livelli: maggiore e minore. Non dalle foto del «papiello » del clan Martorano- Stefanutti, ma sulla scorta delle informazioni di ‘ndranghetisti o ex ‘ndranghetisti, il Procuratore distrettuale Curcio ha ricostruito con precisione tutti i gradi criminali. Della «Società Minore» fa il «Giovane d’onore» che non è un vero e proprio grado. «È una affiliazione per “diritto di sangue” – spiega l’Antimafia lucana -, un titolo che viene assegnato al momento della nascita e che tocca in pratica ai figli degli ‘ndranghetisti come buon auspicio affinché in futuro possano diventare uomini d’onore».

Poi c’è il «Picciotto d’onore»: è il primo gradino della «carriera» nella ‘ndrangheta. Si tratta di un gregario, esecutore di ordini, il quale «deve cieca obbedienza agli altri gradi della cosca », con l’unica speranza di ottenere benefici tangibili e immediati. I picciotti rappresentano la «fanteria». Il «Camorrista», invece, è un affiliato già di una certa importanza ed è arrivato al grado dopo un «tirocinio » più o meno lungo.

A lui sono affidate funzioni che il picciotto non può svolgere. Poi lo «Sgarrista o Camorrista di sgarro»: si tratta di un affiliato con incarichi di rilievo, in quanto è il grado ultimo della “Società Minore”. Della “Società Maggiore”, 5 cariche. Il «Santista» è il primo grado della maggiore. Poi, come lo sarebbe Giuseppe D’Elia del clan “Zito- D’Elia” operante nella zona di Montescaglioso e noto per l’omicidio Antonio Grieco detto ‘o professore, c’è «il Vangelo». Detto anche “vangelista” «perché il mafioso ha prestato giuramento di fedeltà all’organizzazione criminale mettendo una mano su una copia del Vangelo.

È un grado di alto livello, che si ottiene «per meritevole condotta delinquenziale ». Salendo, si trova il «Quartino»: il titolare rappresenta o possiede un quarto della massima carica di Padrino. Grado successivo, il «Quartino» che, invece, possiede 3 quarti della massima carica di Padrino. Infine, il grado apicale: «Padrino» o «Quintino ».

È attribuito a un ristretto numero di mafiosi che all’interno dell’organizzazione vanno così a costituire «una stretta oligarchia con diversi privilegi e altrettante responsabilità ». I non appartenenti al clan, sono chiamati «Contrasto » molto differenti dai «contrasti onorati» che, al contrario dei primi, comunque sono estranei, ma potrebbero entrare a far parte del clan. Soggetti «di cui ci si può fidare» e che rappresentano quell’area di contiguità e di consenso attorno al clan che la rende particolarmente pervasiva e diffusa sul territorio. Ai vertici del clan Martorano- Stefanutti, Renato e Dorino entrambi in «possesso di “cariche” criminali di osservanza ‘ndranghetista ».


 

Ferdinando Moliterni

3807454583

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