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IL BOSS TACE CON I GIUDICI

Lucania Felix, interrogatori di garanzia, Martorano in silenzio. Parlano l’ex moglie e la figlia di Stefanutti


Nuovo giro di interrogatori di garanzia per le persone arrestate nell’inchiesta “Lucania Felix” che ha portato a decapitare il clan potentino gestito da Renato Martorano e Dorino Stefanutti. In mattinata, dal carcere di Secondigliano, in videoconferenza proprio il presunto boss Martorano convocato per provare a rispondere al Gip Setola si è invece avvalso della facoltà di non rispondere.

Bocca cucita dunque in merito alle accuse formulate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura potentina che lo ritiene a capo di un sodalizio che avrebbe trafficato in droga, armi, avrebbe praticato estorsioni e soprattutto avrebbe stretto patti e alleanze con la malavita calabrese e siciliana, in particolare con le ‘ndrine dei Pesce-Benocco di Rosarno nel reggino, dei Grande Aracri di Cutro nel crotonese e dei Manfredi-Nicoscia sempre della stessa area geografica ma operanti ad Isola Capo Rizzuto e con la ‘stidda catanese dei Santapaola. Per gli inquirenti che lo hanno arrestato a fine novembre, Martorano avrebbe avuto ruoli verticistici e sarebbe stato il promotore del sodalizio mafioso oltre che aver avuto “cariche” criminali di osservanza ‘ndranghetista presso le cui famiglie godeva di elevato rispetto.

Un “uomo d’onore”, definito così anche dal collaboratore di giustizia ed ex killer sanguinario della cosca di Santapaola,Carmelo Aldo Navarria, che al Procuratore Curcio confida che Martorano è un elemento di altissimo livello, tenuto in forte considerazione dalla mafia siciliana e che “basta la sua parola e le cose si aggiustano”. A lui, quindi, spettava l’ultima parola in fatto di criminalità: una sorta di “venerabile” della malavita riconosciuto a tutti i livelli. Un uomo col 416 bis inciso sulla pelle Martorano, che con il denaro di provenienza illecita avrebbe garantito per mezzo del suo sodalizio assistenza ai detenuti ed ai loro familiari e che- invece- durante i periodi di libertà avrebbe ideato, pianificato ed organizzato azioni delittuose, alcune delle quali eseguite personalmente.

Secondo la magistratura potentina, avrebbe co-gestito in un certo qual modo anche le attività della KuadraSrl di Napoli facendo piazzare all’interno della ditta che gestiva i servizi di pulizia e mensa dell’Ospedale San Carlo di Potenza persone di sua fiducia. Determinante sarebbe stato il collaboratore di giustizia Natale Stefanutti, figlio dell’altro presunto boss Dorino, che avrebbe raccontato agli inquirenti delle attività usuraie di Martorano, del reinvestimento di denaro illecito proveniente dalle estorsioni, dell’assoggettamento di alcune imprese edili operanti sul territorio potentino.

Ma Martorano sarebbe stato anche l’esecutore materiale di un atto intimidatorio consumato ai danni dell’imprenditore Alfredo Cruoglio verso la cui abitazione avrebbe egli stesso esploso numerosi colpi di arma da fuoco. Alla base, un presunto debito dell’imprenditore di circa 900mila euro. Tutte accuse a cui il boss non ha dato peso, scegliendo la via del silenzio. Ascoltato anche Gerardo Vece che ha risposto in merito al capo d’accusa relativo al traffico di droga e nelle spontanee dichiarazioni rese, ha specificato che nel parlare di “battesimo”, durante un’intercettazione, si riferiva ad una prestazione professionale che avrebbe offerto come fotografo ad alcuni battesimi di neonati e per i quali non aveva ancora ricevuto la somma di circa quattromila euro così come pattuita. Altro interrogatorio di garanzia, quello di Giambattista Pace, storico affiliato al clan Martorano- Stefanutti, che ha risposto al Gip Setola fornendo la sua versione dei fatti. Per la Procura avrebbe partecipato attivamente alle strategie operative del clan rapportandosi costantemente con Martorano a cui avrebbe chiesto anche un aiuto per risolvere alcune beghe interne al sodalizio e relativamente a debiti di droga.

Della facoltà di non rispondere si sono avvalsi anche Domenico Carlucci e Antonio Masotti. Stessa cosa aveva fatto qualche ora prima Albina Stefanutti, sorella del boss mentre la figlia Emanuela e la moglie Elvira D’Ascoli hanno chiarito le loro posizioni. Nel caso della figlia del boss, la Dda ha avanzato l’ipotesi che pur non essendo inserita nell’organigramma della consorteria, si sarebbe attivata assieme alla zia a contribuire al raggiungimento delle finalità malavitose comunicando notizie dall’esterno e riportando le informazioni e i messaggi che Dorino Stefanutti avrebbe dato agli affiliati liberi nel periodo di detenzione.

La D’Ascoli, invece avrebbe gestito le quote e gli utili rivenienti da attività illecite, consentendo lo svolgimento di incontri, riunioni e appuntamenti all’interno dei locali della sua trattoria in cui si sarebbero svolti summit non solo con li affiliati alla malavita locale ma anche con adepti di altre consorterie mafiose. Le due donne, rispondendo al Gip avrebbero confutato le tesi accusatorie e si sarebbe dette completamente estranee ai fatti contestati.


 

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