«SULLA DIA NESSUNO CI ASCOLTA»
Curcio, col Sostituto Dda Montemurro, audito in Commissione ecomafie incalza le Istituzioni
Il Procuratore, sollecitato da Lomuti, ha parlato del traffico di rifiuti sull’asse Polla-Tunisia
Le associaioni mafiose esistono anche in Basilicata e in questi anni hanno disegnato «un quandro al quanto preoccupante». A ribadirlo è stato il sostituto procuratore del Tribunale di Potenza Francesco Curcio, audito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Curcio, accompagnato dal sostituto procuratore Montemurro, è stato ascoltato sul caso del traffico dei rifiuti partiti da Polla e attraverso il porto di Salerno sbarcati al porto di Sousse in Tunisia.
I rifiuti sequestrati in 212 container al porto di Sousse sono stati bloccati dalla Magistratura tunisina in quanto ritenuti non autorizzati per il trasferimento transnazionale in attesa di rimpatrio come disposto dallo stato maghrebino e accettato dalla Regione Campania. La Dda della Procura di Potenza, guidata appunto da Francesco Curcio, è chiamata a indagare in quanto Polla ricade nell’area del Tribunale di Lagonegro, tuttavia dall’audizione di ieri è riusltato che i contatti con la Dda di Salerno sarebbero costanti. Ma prima di entrare nel dettaglio della vicenda, dove Curcio e Montemurro hanno illustrato un quadro chiaro alla Commissione, un passaggio sulla situazione lucana non è mancato.
LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA LUCANA POCO AFFINE AL TRAFFICO ILLECITO DI RIFIUTI
Ad incalzare i due procuratori lucani è stato proprio il senatore conterraneo del Movimento Cinque Stelle Arnaldo Lomuti (di recente nominato capogruppo M5S della Commissione Parlamentare d’inchiesta Ecomafie). Curcio sull’esistenza della criminalità organizzata in Basilicata è stato chiaro: «Certamente ci sono una serie di indagini che stiamo svolgendo sul traffico di rifiuti. Devo dire, però, che le associazioni mafiose autoctone lucane, e mi riferisco sia a quelle potentine in ordine alle quali le indagini si sono chiuse di recente con una serie di arresti sia a quelle materane, non hanno nel loro core busines questo tipo di attività del traffico illecito di rifiuti».
C’è però un caso che potrebbe definirsi come l’eccezzione. «Abbiamo un caso di cui possiamo riferire essendoci già stato il rinvio a giudizio -continua Curcio-, per gli altri dovremmo riferire in regime di segretaezza, che riguarda la Lucania ma sempre dalla parte salernitana del nostro distretto. Traffico illecito di rifiuti, ancora una volta a pochi chilometri da Polla, gestito da tale Luigi Cardiello detto il “Re Mida”. Soggetto che ha portato la famiglia Diana, legata alla Camorra casalese, nel Vallo di Diano e risultato implicato in una serie di gravissimi fatti che ha portato ad una 50ina di arresti per reati di contrabbando, associazione a delinquere con il metodo mafioso, e così via.
Questo Cardiello che vive a Santarsenio è un soggetto di interesse investigativo poichè è stato coinvolto anche in indagini della Dda di Napoli in materia di traffico illecito di rifiuti». «Totlo questo caso -ha precisato Curcio- non abbiamo dimostrazione evidente del coinvolgimento di associazioni mafiose lucane nel traffico illecito di riffiuti che pure si svolge in Basilicata ma attraverso soggetti che professionalmete danno questo tipo di servizio illecito alle aziende che intendono risparmiare sulla gestione dei rifiuti ».
DIA IN BASILICATA: CURCIO NON DEMORDE E INCALZA LE ISTITUZIONI
Per il senatore lucano pentastellato Lomuti l’occasione di avere pubblicamente a tiro il Procuratore distrettuale di Potenza Curcio è servita per chiedere un chiarimento sull’attività della criminalità organizzata sul territorio di Basilicata. Non solo in tema di traffico illecito di rifiuti ma anche su altri aspetti. Lomuti ha, infatti, voluto comprendere se «gli strumenti e le strutture di cui disponogono le forze dell’ordine e la magistratura lucana sono sufficienti o serve uno sforzo in più».
Tra le righe della domanda di Lomuti è possibile cogliere il chiaro riferimento alla richiesta di istituire la Dia in Basilicata giunta da Curcio ormai da tempo. Una battaglia a cui si sono subito aggiunti sindacati e mondo politico (tra cui lo stesso Lomuti) che ad oggi però non ha ancora ottenuto risposta. Il Procuratore distrettuale di Potenza in Commissione, dopo che Lomuti gli ha servito su un piatto d’argento la possibilità di tornare sulla questione, ha voluto evidenziare che «in Basilicata vi è una complessiva sottovalutazione del fenomeno criminale e della criminalità organizzata. Credo che abbiamo fatto più di 200 arresti di reati di tipo mafioso negli ultimi tempi. Non abbiamo una sezione distaccata della Dia che invece c’è a Salerno e che sarebbe molto utile. La richiediamo da tempo ma nessuno ci sente».
RISCHIO REATI AMBIENTALI IN BASILICATA
I campi della criminalità organizzata sono ormai vasti. Non si parla più solo di armi o droga ma si è estesa in varu ambiti che a volte permettono un riciclo economico più vataggioso e a volte anche più facile. Ogni regione ha cerayemnte il perno su cui muovere la sua capacità economica. Quello lucano è certamente l’ambiente. Terra di parchi, acqua e anche petrolio. Nasce da queste “fortune” la preoccupazione di un maggiore infiltrazione della criminalità prorpio in ambito ambientale.
A lanciare il monito è statao proprio Curcio che ha ribadito come: «Se c’è una risorsa fondamentale e un rischio elevatissimo in Basilicata è quello ambientale. Va ricordato che proprio in Basilicata hanno sede il più grande stabilimento industriale dell’automotive italiano a Melfi e abbiamo i più importanti impianti di estrazione petrolifera d’Europa.
Non parliamo d’Italia ma d’Europa, perchè esclusi gli impianti estrattivi in mare questi sono quelli più importanti. Quindi con problemi ambientali in un contesto di grande pregio paesaggistico ». Eppure il Procuratore distrettuale di Potenza ha evidenziato come: «Noi abbiamo un Noe con pochissime unità, perchè certamente i Carabinieri forestali se pur molto volenterosi non hanno le competenze e le professionalità che sono nel Noe. Un corpo straordinario ma numericamente e assolutamente inadeguato, dovremmo essere intorno alle 20 unità per tutta la Basilicata. Vi è anche uno dei quattro siti italiani atomici, a Rotondella, e vi sono stati problemi anche lì dove abbiamo dovuto sequestrare l’impianto con pochissime unità specializzate». «Certamente sarebbe opportuno e gradito un maggiore impegno» ha concluso Curcio.
RIFIUTI TRASPORTATI DA POLLA IN TUNISIA: INDAGA L’ANTIMAFIA DI POTENZA
La Direzione distrettuale antimafia di Potenza indaga sui rifiuti partiti da Polla e attraverso il porto di Salerno sbarcati al porto di Sousse in Tunisia. Nel paese maghrebino sono state arrestate, sul finire del 2020, 12 persone (altre 12 indagate), tra loro anche un ex ministro, dirigenti della dogana e nel mirino è finito anche il proprietario della Soreplast, l’azienda tunisina che avrebbe dovuto accogliere i rifiuti, dopo un accordo con la Sra, società di Polla. I rifiuti sequestrati in 212 container al porto di Sousse sono stati bloccati dalla Magistratura tunisina in quanto ritenuti non autorizzati per il trasferimento transnazionale in attesa di rimpatrio come disposto dallo stato maghrebino e accettato dalla Regione Campania.
Da quando è scattato il blitz in Africa, è partito, da quest’altra parte del Mediterraneo un rimpallo di responsabilità, con la Sra che si sente parte lesa in quanto tutto il dossier autorizzativo è stato messo in atto proprio dagli uffici della Regione Campania. Il Ministro dell’Ambiente tunisino ha accusato di negligenza la Regione (che ha chiesto lumi sulle autorizzazioni al Consolato invece che al ministero, il focus point) e l’ente campano ha ribaltato le accuse alla Sra chiedendo di riprendere i rifiuti. Nel frattempo i procuratori Curcio e Montemurro provano a fare luce sul caso. Considerayo anche che in Tunisia il rpocesso dovrebbe partire a breve. Ma nonostante questo le carte dell’indagine tunisina richieste dalla Procura di Potenza non sono ancora arrivate. Il sostituto procuratore Montemurro dopo aver illustrato la situazione ha ribadito con curcio la necessità «di avere una copia dell’attività investigativa tunisina. Senza quelle carte non si possono fornire neanche a questa autorevole Commissione, i dati certi della valutazione della vicenda».