PATRIZIA BIANCO : CI RACCONTA E SI RACCONTA “RADICI LUCANE”
È di certo l’amore declinato in molteplici forme che tiene le fila di questa storia: l’amore che va oltre i legami di sangue, l’amore fraterno distrutto dall’odio e poi ricostruito, quello che sfida gli anni e si fa cura, l’amore che affranca discriminazione e malattia
IN ESCLUSIVA PER CRONACHE LUCANE
Intervista alla scrittrice potentina Patrizia Bianco che, con il suo ultimo romanzo edito da Santelli Editore, “Radici Lucane”
si è messa in evidenza nel panorama letterario italiano con lusinghieri riconoscimenti:
Nonostante le difficoltà legate alla pandemia Patrizia Bianco è impegnata in un ciclo di presentazioni che hanno già toccato:
Il titolo esplicito e lapidario insieme alla foto d’epoca della copertina ci preannunciano un’ambientazione retro, è proprio così?
Effettivamente volevo che il lettore guardando quell’immagine di primo impatto intravedesse la strada lungo la quale si snoda il racconto.
Un percorso fatto di parole, di immagini, di storie che si intrecciano attorno a una famiglia materana nel corso di tre generazioni a partire dagli anni ’30 del novecento.
Un arco temporale cruciale che ha provocato cambiamenti epocali oscurando le contaminazioni culturali che hanno reso la Basilicata una terra culturalmente feconda travolgendo senza scampo la millenaria civiltà.
Spero che il lettore, attraverso uno sguardo contemporaneo di Fortunata la figlia della protagonista, si lasci trascinare dal filo della memoria riportando in vita uno spaccato di mondo contadino a cui il popolo lucano ha contribuito confierezza e dedizione.
Il ritorno a Matera, la città di origine della famiglia, è un ritorno “necessario” per svelare il mistero che avvolge l’infanzia dell’anziana madre nel tentativo di contrapporlo all’oblio verso cui la malattia la sta trascinando.
I ricordi viaggiano sottopelle e il lettore seguendoli ricostruisce la vita degli antichi rioni, la quotidianità degli anni della guerra e la difficile ripartenza.
Un periodo storico ben delineato, il fascismo, la Seconda guerra mondiale, il confino politico, l’emigrazione,“Radici Lucane” può definirsi un romanzo storico?
Per dare credibilità e espressività alla storia dovevo inquadrare tradizioni, usi e costumi nel loro contesto storico.
Alla Basilicata, come alle altre aree interne tagliate fuori dal boom degli anni ’60, viene riconosciuto solo il contributo in termini di quota di manodopera su cui è stato portato a compimento il processo di sviluppo industriale del Paese.
Dal nord giunge il richiamo delle fabbriche, del lavoro, del benessere, difficile resistere. La valigia è già dietro l’uscio, la civiltà contadina ha le ore contate.
L’esodo di massa della fine degli anni ’60 completato dallo sfollamento della popolazione chiuderà un’epoca.
Niente sarà più com’era.
Eppure il romanzo si snoda dando voce ai personaggi e alle loro vicende, una prospettiva soggettiva che spinge il lettore a comporre un quadro delle dinamiche socialipartendo da un approccio induttivo.
Più che dalla storia di una conquista sociale che ha riguardato pochi fortunati, mi interessava partire dal bisogno dei giovani di immaginarsi un futuro, l’universale desiderio di riscatto connaturato all’umana natura. D’altronde con l’emigrazione più che dell’emancipazione di un popolo sarebbe più opportunoparlare di una trasformazione della condizione di subalternità, quest’ultima cambia solo pelle, si distacca dalle antiche logiche familistiche legate al sistema latifondista convertendosi a quelle del sistema capitalistico.
Perché hai scelto di avviare il racconto con un flash back?
Mi interessava entrare nella storia con uno sguardo contemporaneo e asciutto, estraniandomi da melensi stati d’animo.
I tuoi personaggi dunque fanno sentire la loro voce, un affresco in cui i toni più accesi scaturiscono da personalità forti e determinate.
Effettivamente ho cercato di dar vita a un mondo distante anni luce dal nostro tempo di cui i giovani hanno solo sentito parlare nonostante si avverta ancora l’eco, di tracciare il sentiero che ci riporta bambini, a quando ci sentivamo protetti, al profumo di casa, al luogo “dove tutto ebbe origine”..
Il passare del tempo è segnato dall’evoluzione non solo del costume ma della mentalità e della prospettiva sempre più ampia.
La città di Matera immersa nella sua storia è l’immagine speculare del suo passato remoto, sempre uguale a se stessa, indifferente al trascorrere del tempo.
La sfida è stata riuscire a captare l’attenzione del lettore sulla vitalità dei personaggi. L’immobilità dell’ambiente rupestre selvaggio e inospitale resta struggente quinta teatrale azzerando l’assiomatico rapporto fra l’ineluttabilità del destino degli uomini e quello della loro terra.
Il libero arbitrio resta anche in questa terra universale e insopprimibile protagonista della natura umana rafforzato a tratti da un atavico spirito ribelle.
Lottare non è una scelta è un imperativo, l’unico antidoto contro le avversità.
La sola via possibile per affermare la propria identità è scardinare l’ordine sociale, gli equilibri familiari, la quotidianità il ché, con il susseguirsi delle generazioni e sull’onda dell’inarrestabile contaminazione culturale degli anni sessanta, diventa un traguardo più alla portata.
I miei personaggi mostrano una crepa, una fragilità da cui traspare l’indole che l’ha precipitato alla rovina o, viceversa, la forza d’animo a cui deve il suo trionfo.
È di certo l’amore declinato in molteplici forme che tiene le fila di questa storia: l’amore che va oltre i legami di sangue, l’amore fraterno distrutto dall’odio e poi ricostruito, quello che sfida gli anni e si fa cura, l’amore che affranca discriminazione e malattia.
I personaggi, con la loro personalità complessa e reattiva, mettono in luce sofferenza e riscatto, amore e rimorso, sacrificio e fierezza. Quale senti più vicino alla tua sensibilità?
Forse Diletta è quella a cui sono più legata visto che praticamente ricalca la storia di una mia antenata.
Ha un carattere reattivo che le ha permesso di andare oltre la sua condizione di disabile e di disfarsi dell’olezzo dolciastro della rassegnazione.
Tutti credono sia una pazzia ma per Diletta leggere e scrivere è solo il punto di partenza, lo studio entra sempre più prepotentemente nella sua vita finché, con grandi sacrifici, riesce a diplomarsi.
Purtroppo il tenero sentimento costruito negli anni con il suo insegnante verrà spazzata via da pregiudizi e discriminazioni, la sua indiscussa superiorità intellettuale viene temuta al pari di una bomba ad orologeria programmata per esplodere all’indomani del matrimonio.
Un’occasione per affrontare il rapporto fra il vivere contemporaneo e la nostra interiorità che si avvicina a un atto d’amore.
La conoscenza e la consapevolezza delle proprie radici è robusta barriera allo “smarrimento” del nostro tempo.
È nella zona d’ombra della mancanza di identità che si annida il disagio.
È nella fierezza delle mie radici che ho colto il minuscolo contributo alla mia terra.
Quali sono le prossime presentazioni di RADICI LUCANE?
Nei prossimi mesi ci saranno incontri a:
ABSTRACT DELL’OPERA RADICI LUCANE
La prima immagine di Matera descrive un ambiente rupestre e selvaggio, indifferente al trascorrere del tempo che richiama i classici elementi con i quali la civiltà contadina è stata da sempre descritta e sui cui canoni la stessa questione meridionale è stata codificata.
Eppure nella narrazione non c’è traccia dell’assiomatica corrispondenza fra l’ineluttabilità del destino degli uomini e quello della loro terra, la vitalità dei personaggi sempre protagonisti della loro vicenda riduce il paesaggio aspro e a tratti poetico a struggente quinta teatrale.
Il libero arbitrio resta anche in questa terra universale e insopprimibile protagonista della natura umana rafforzato a tratti da un atavico spirito ribelle.
Lottare non è una scelta è un imperativo, unico antidoto contro le avversità.
Scardinare l’ordine sociale, gli equilibri familiari, la quotidianità è la via obbligata per seguire, nel bene e nel male, le aspirazioni di ciascuno, unica via possibile per l’affermazione della propria identità.
È questo un lavoro corale in cui niente è come appare, ogni personaggio mostra una crepa, una fragilità da cui traspare l’indole che l’ha precipitato alla rovina o, viceversa, la forza d’animo a cui deve il suo trionfo.
È di certo l’amore declinato in molteplici forme che tiene le fila di questa storia: l’amore che va oltre i legami di sangue, l’amore fraterno distrutto dall’odio e poi ricostruito, quello che sfida gli anni e si fa cura, l’amore che affranca discriminazione e malattia.