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PER L’IMPRENDITORE CARLOMAGNO, CHE IL BOSS CHIAMAVA «COMPARUCCIO MIO», CADE ACCUSA DI MAFIA

Clan Schettino, per la Cassazione la «mera vicinanza» dell’imprenditore al «boss» che lo chiamava «comparuccio mio» non basta


La Cassazione ha smontato l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso Francesco Carlomagno di Montalbano Jonico. L’uomo, imprenditore edile, nonché nel settore dei servizi di manutenzione e pulizia dei villaggi turistici della costa materana, oltre che dipendente part-time del comune di Scanzano Jonico, era stato arrestato a marzo dello scorso anno nell’ambito di una delle inchieste che ha coinvolto il clan Schettino e la misura cautelare fu confermata dal Tribunale del Riesame, a cui aveva presentato appello.

La decisione è stata annullata, in relazione alla circostanza dell’aggravante mafiosa, dai giudici della Suprema Corte con rinvio al Riesame di Potenza, per nuovo giudizio su alcuni capi di imputazione. Per l’accusa, Carlomagno sopportava oneri per l’appartenenza al clan, prestandosi ad assumere soggetti vicini o intranei ad esso, ma lucrava anche vantaggi derivanti dalla sua «notoria vicinanza al vertice Gerardo Schettino», come da «numerose» comunicazioni intercorse con il capo attraverso l’utenza della convivente di costui, Daniela Turtoi.

Da ciò, come da piattaforma indiziaria, derivava per Carlomagno la possibilità di «assicurarsi incarichi ed appalti contando sulla soggiacenza dei concorrenti, consapevoli della protezione mafiosa di cui egli godeva, così risultando alterata la dinamica della libera concorrenza imprenditoriale». Per la Cassazione, però, molti i punti da approfondire e chiarire. Carlomagno, a tratti, sembrerebbe apparire «un debole totalmente sottomesso agli Schettino».

Per la difesa, tra le altre cose, non casualmente è Schettino che appellava Carlomagno come «“comparuccio mio”» e non viceversa. Rilevata dagli “ermellini”, «incertezza» sull’inquadramento della posizione di Carlomagno. Ricordando come «la mera “vicinanza” dell’imputato ad un boss mafioso non costituisce elemento dotato di intrinseca valenza dimostrativa di appartenenza alla consorteria mafiosa», la Cassazione ha chiesto di chiarire che tipo di rapporto emerga dal compendio indiziario a carico di Carlomagno, e poichè necessario dimostrare, «una partecipazione associativa caratterizzata dalla stabilità del vincolo e dall’assunzione di un preciso ruolo nell’ambito organizzativo », in alternativa «potendosi adombrare un concorso esterno», ovvero «una mera “contiguità compiacente” » dell’imprenditore riferita alla persona di Gerardo Schettino.


 

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