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LA CAMERA DEI SEGRETI DI ACQUEDOTTO LUCANO

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Non sappiamo cosa ci fosse sotto tanto da spingere Acquedotto Lucano a censurare l’occhio della stampa dall’assemblea dei suoi soci, ma di certo è la prova come la trasparenza non se la passi bene sotto il governo del settantenne Vito Bardi che, a questo punto, farebbe bene a sentire i morsi della sua coscienza contro quel ritornello facile del cambiamento con cui ha infinocchiato i lucani, fatto svolazzare chiacchiere e moltiplicato poltrone in una sua interpretazione tutta militare e napoletana di perfetto mal governo. Eppure dinnanzi allo scempio di velatura della cosa pubblica, sia esso di Regione, Farbas, Acquedotto Lucano o di qualche altro inutile carrozzone, non c’è ad indignare solo l’ammutolimento omertoso del centrodestra, quanto l’animus stesso del potere per il segreto, buono a nascondere fatti e privilegi e su cui è giunto ormai il tempo che Anac, Corte dei Conti e Procura della Repubblica facciano sentire la propria voce. Ora però la trovata delle porte chiuse, escogitata da qualche Solone di corte, trasforma Acquedotto Lucano in una vera e propria camera dei segreti in cui infilarci di tutto, comprese le indicibili consulenze faraoniche. Ha scritto Roberto Gervaso: “Un segreto custodito è come un rospo non sputato”.

 

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