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«ADEGUARE LE POLITICHE SUL LAVORO»

Summa: «Tenere presente anche formazione, sicurezza e welfare per colmare le disuguaglianze»


IL SEGRETARIO DELLA CGIL SOLLECITA LA REGIONE AD INTERVENIRE PRIMA DI PREDISPORRE IL PROGRAMMA GOL


POTENZA. «Il piano attuativo regionale del programma Gol, che dovrà essere predisposto dalla Regione Basilicata entro il 22 febbraio prossimo, dovrà tener conto, nella definizione delle politiche attive e della formazione da attuare, delle profonde trasformazioni del mondo del lavoro in atto.

Il nuovo modello produttivo ha variato il concetto di luogo e di tempo di lavoro, creando nuove figure professionali e richiedendo competenze costantemente aggiornate. In questa nuova dimensione il potenziamento delle competenze deve essere sostenuto da interventi pubblici tesi a rafforzare sia il sistema di istruzione sia quello della formazione professionale con la domanda di lavoro. In questo solco si dovrà inserire il Piano attuativo regionale del programma Gol, che può rappresentare una grande opportunità per rispondere e governare efficacemente questi cambiamenti».

È quanto afferma il segretario generale della Cgil Basilicata, Angelo Summa. «Il mercato del lavoro – continua Summa – sta subendo una repentina evoluzione a causa dei forti processi di automazione e digitalizzazione nei cicli produttivi, soprattutto del manifatturiero, che ha sempre registrato negli anni la maggiore incidenza di occupati nel nostro Paese.

Nel corso degli ultimi anni, già prima della pandemia, si è assistito ad una forte riduzione della durata media dei contratti di lavoro e la transizione da un posto di lavoro a un altro è diventata sempre di più, statisticamente, una normalità. Il numero dei contratti a termine è cresciuto, ampiamente, a partire dagli ultimi 15 anni. Nel contempo negli ultimi anni, invece, si è ridotta, considerevolmente, la durata media dei contratti a tempo indeterminato.

Con lo sviluppo delle automazioni e delle digitalizzazioni dei cicli produttivi, negli ultimi anni, si sono, di contro, approfondite le disuguaglianze (disuguaglianze che frenano la crescita) che hanno registrato un enorme spostamento dai salari al profitto e alla rendita e all’interno dei redditi da lavoro, lo spostamento dalla classe media (operai, impiegati) verso dirigenti, manager e grandi professionisti, con una caduta molto pericolosa dei tassi di sindacalizzazione».

«La Basilicata, unitamente a tutte le regioni del Sud non è rimasta immune a tale fenomeno.Per evitare la perdita di lavoro – afferma il segretario – sarà essenziale riuscire a mantenere, sviluppare e innovare i settori produttivi, avere dei progetti nazionali in settori più ambiti per la manutenzione e la gestione corretta del territorio, per la sostenibilità ambientale, la transizione ecologica, per l’innovazione in ambito sanitario e nell’ammodernamento dei servizi territoriali e bisognerà poi valorizzare le nostre produzioni di eccellenza, quelle a maggiore valore aggiunto e occupazionale.

Bisognerà coinvolgere nelle decisioni le rappresentanze dei lavoratori e delle imprese, innovando i contratti nazionali ma confermandone il ruolo e definendo con loro le forme di partecipazione dei lavoratori».

Prendendo a riferimento le analisi del documento del ministero del Lavoro “Il lavoro che cambia. Contributo dell’Italia al centenario dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro”, Summa sostiene che «per rispondere e governare questi cambiamenti è necessario colmare la differenza di velocità che oggi c’è tra le repentine trasformazioni portate dall’innovazione tecnologica e la definizione di politiche pubbliche in materia di lavoro, formazione, sicurezza e welfare. Nel futuro, infatti, il tema della protezione sarà sempre più connesso con il tema dell’inclusione. Occorre agire da subito per diminuire le disuguaglianze legate a questi processi di trasformazione del lavoro.

Appare chiara la necessità di garantire al lavoratore all’interno di questi nuovi scenari del lavoro tutele che possano adattarsi sia alla persona che alle esigenze del mercato. Se è vero che le categorie lavorative, come oggi caratterizzate, andranno via via scomparendo, a causa dell’automazione e dell’informatizzazione, che porterà l’assottigliamento delle differenze tra mansioni e lavori, non avrà più senso ancorare il welfare all’appartenenza o meno del soggetto a determinate categorie produttive o lavorative.

Sarà necessario quindi sviluppare un nuovo paradigma su cui imperniare e strutturare il sistema di protezione sociale spostandolo dalla concezione di lavoratore a quella di persona, spingendo quindi su un welfare a carattere universale più che sul coordinamento e l’integrazione di varie tipologie di welfare settoriale e aziendalistico ». Particolare importanza «riveste anche la necessità di offrire ai lavoratori opportuni strumenti al fine di consentire loro di tenere il passo con i rapidi mutamenti in atto nel mercato del lavoro, tra cui una formazione adeguata alle richieste della nuova domanda del lavoro.

Al contrario – avverte Summa – occorre prestare molta attenzione affinché la progressiva espansione degli ambiti regolati mediante la contrattazione non si traduca in una deregolamentazione. In particolare, ciò è importante per quanto riguarda i salari: è necessario, infatti, garantire una retribuzione equa al lavoratore in modo da assicurargli una vita e un lavoro dignitoso in condizioni di libertà, equità, sicurezza e dignità. In tal senso, l’indicazione di “garantire standard retributivi minimi” può essere seguita, tra l’altro, riducendo la miriade di tipologie dei contratti collettivi in essere, contrastando la proliferazione di quelli pirata e legittimando la contrattazione collettiva del lavoro alle sole sigle sindacali più rappresentative».

Basti evidenziare che secondo l’ultimo report del Cnel, a giugno 2021 si contavano in Italia addirittura 985 contratti nazionali vigenti (compresi quelli del settore pubblico), di cui più di metà scaduti da anni. Ma la prova della proliferazione di quelli pirata viene dalle percentuali di applicazione: quasi il 90% dei dipendenti fa capo a non più di 60 contratti. Nel commercio e terziario i cinque più applicati coprono l’85% dei lavoratori, più di 3 milioni di persone. Gli altri?

«Dispersi in una miriade di accordi al ribasso – sottolinea Summa – con lavoratori che per medesime mansioni e orari nello stesso settore produttivo possono percepire salari di importo nettamente differente. Tutti formalmente validi, visto che l’articolo 39 della Costituzione è rimasto inattuato e nonostante una lunga teoria di tentativi delle parti sociali e dei governi ancora non esiste un meccanismo di misurazione della rappresentatività delle sigle sindacali. In questo contesto, non è più rinviabile una legge sulla rappresentatività sindacale così come si rende necessaria un’autorità di controllo che ne valuti l’effettività, in base ai reali numeri dei sindacati sul territorio.

Alla luce dei nuovi scenari, il Piano attuativo regionale del programma Gol deve prevedere una personalizzazione delle misure attuative in funzione del livello di competenze, della complessità del bisogno, delle esigenze di conciliazione, del contesto del mercato del lavoro di riferimento, dei fabbisogni espressi dalle imprese.

Non solo gli aspetti di innovazione tecnologica e i temi della formazione e delle competenze devono divenire centrali, ma anche quello degli orari, della loro gestione, di una diversa redistribuzione delle ore e di nuove possibilità di riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione, per consentire di conservare posti di lavoro e fronteggiare efficacemente i rischi di disoccupazione. In questo nuovo paradigma – conclude Summa – sarà importante anche investire nell’ammodernamento tecnologico e nella crescita dimensionale del welfare state.

L’investimento nei servizi,potrebbe rivelarsi una strategia capace di favorire i meccanismi compensativi (aumento di occupazioni legate al welfare a compensazione di occupazioni in riduzione di altri settori) e al contempo aumentare qualità e quantità dei beni pubblici offerti».


 

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