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FLOP MANI PULITE , MONITO PER LA BASILICATA

Un lascito storico-politico che può solo pesare nelle periferie più carenti di difese, come la Basilicata



DI NICOLA SAVINO*


A 30 anni da Mani pulite c’è chi ricorda quell’evento con interviste ai pentiti che hanno cambiato vita o con il lungo elenco di coloro che la vita se la tolsero per esser stati “giudicati” con l’avviso di garanzia!

C’è anche chi, esperto della materia come l’Avvocato Caiazza, Presidente nazionale della Categoria, evidenzia su Radio Radicale del 19 febbraio, le gravi distorsioni alle regole che furono introdotte dal Pool milanese e che dilatarono il potere dei Pubblici Ministeri sulla vita degli italiani. In molti furono trascinati in Tribunale ed esposti al pubblico ludibrio, un po’ come i ghigliottinati del 1789 in Francia, mescolandosi i “politici” che avevano “riscosso” per finanziare i partiti con coloro che nella “politica” di solito s’infiltrano per affari e per rubare in proprio; e persino colpendo chi lo avevano fatto “dopo” ma ignorando chi lo aveva fatto “prima”, grazie alla sanatoria adottata per il Pci.

Anche questa volta il Parlamento non fu messo nella condizione di provvedere,come già nel 1989, alla caduta del Muro, circa la regolamentazione dell’art. 49cc, unico strumento (con il referendum) per partecipare tutti alla vita politica! Si volle trattare come fenomeno criminale un problema ch’era stato con franchezza e correttamente posto in Parlamento (Craxi), e che ancora sussiste per tutte le democrazie moderne; e lo si condusse in stretta sincronia con la grande stampa, di modo che si potesse sia fare di ogni erba un fascio che istigare quotidianamente la rabbia popolare!

Abusivamente si istituì un unico registro (n. 865592, il Dubbio del 19 febbraio) per convogliare a giudizio tutti dallo stesso Gip; si estorsero confessioni con la minaccia di carcerazioni di lunga durata; si esposero alla tv galantuomini in manette e si adescarono le confessioni proponendo incriminazioni di favore. In nome di una rivoluzione purificatrice, l’Opinione pubblica fu spintadalle delusioni all’antipolitica e da questa al giustizialismo (poi bandiera del M5S); con la collaborazione della stampa – Mediaset in primis- si bloccarono iniziative istituzionali pur identiche a quelle già adottate a favore del Pci pochi mesi prima.

Destarono silenzioso spavento anche i minitentativi di singoli parlamentari (con Ciaurro, Ministro ai Rapporti col Parlamento) finalizzati arendere facoltativo il famigerato “avviso di garanzia”: sicché esso, pur non limitando la libertà del Pm, tuttavia disinnescasse l’abuso della gogna pubblica, ancora oggi tesa a trasformare un inquisito in colpevole “fino a prova contraria” (come reiteratamente sostenuto da un illustre ex membro del Pool, poi nel Csm).

Insomma, un “colpo di Stato”, che Di Pietro presenta (intervista del 20 febbraio sulla 7) come atto dovuto contro l’illegalità “confessata” in Parlamento; liddove – invece – si trattava della sollecitazione politica ad aprire una seria riflessione – che peraltro ancora manca – sul sistema di finanziamento dei partiti! I quali – come ben si sa e si riconosce non solo da esperti – o vengono finanziati dallo Stato, dunque, con modalità da studiare bene, controllati magari dalle stesse Assemblee; oppure lo sono dai potentati economici, che così li sottomettono ai propri interessi, eliminandoli come strumenti della partecipazione dei cittadini.

Problema cardine della Democrazia, che si studia da tempo sul piano tecnico-politico, ma che ad “uso del popolo” fu presentata come materia criminale, occasione per il processo ai “politici” e lo smantellamento dello strumento partito! Un tipo originale di Putsch, forse involontariamente teso ad alterare l’equilibrio dei poteri; infine, una dinamica da cui scaturirono il berlusconismo, la resa della Bicamerale D’Alema, la Severini e l’abuso d’ufficio, etc etc … Tutti forti limiti alle libertà costituzionali e alla dignità personale: l’esatto opposto del liberalismo propagandato!

Di lì, anche l’ulteriore ingarbugliarsi della nostra politica: per il giustizialismo seminato dal moralismo berlingueriano ed ereditato nel Pci, che fiancheggiò il Pool nella pervicace illusione (testimoniata ancor oggi dal tesoriere Greganti, Ivisu La 7) di trarne il vantaggio che invece fu “usurpato” dal Capo di Mediaset! Insomma, una “tragica recita sulla legalità”, i cui effettivivono nelle legioni di Magistrati insediati nelle Direzioni dei Ministeri; in Sindaci e Parlamentari che, proclamandosi indipendenti, escono ed entrano a piacimento dalla Magistratura;

in cittadini ed amministratori che, a scapito delle istituzioni e della democrazia, hanno paura di candidarsi e di firmare documenti; nell’alto numero di “reclusi in attesa di giudizio”, privati della libertà spesso con la scusa che potrebbero inquinare prove o fuggire all’estero; nella persistente preclusione alla finalità rieducativa delle pene e alla dignità umana, condannataci dalla Corte Eu;

nell’esasperante lentezza dei processi e nell’impossibilità di scalfirla. Al di là delle sensibilità o delle scelte o delle valutazioni di cui la varia umanità coinvolta in quelle vicende oggi riferisce sui “30 anni fa”, come non vedere il lascito storico-politico nel rischio dellelibertà fondamentalie sposte ad un “peso senza i contrappesi”, da cui già Montesquieu raccomandavavigorosamente di tutelarci? E come non considerare che, tanto più, questo clima può pesare nelle pe riferie- ahimè! – più carenti di difese, come la Basilicata e l’intero Sud?

Ci vorrà tempo perché «sia possibile perseguire i reati senza passare come un rullo compressore sulle libertà costituzionalmente garantite», come afferma A.Panebianco sul Corsera del 20 febbraio. Ma, per imboccare la via, dobbiamo assolutamente cogliere l’opportunità di votare ai Referendum! Tanto più dove, come nel Sud, reputazione e onestà sono da sempre più minacciate di per sé, oltre che dal clima illiberale di questi ultimi 30 anni!


*GIÀ SOTTOSEGRETARIO DI STATO


 

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