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RIORDINO MEDICINA LABORATORIO, BARDI COPIA E IL TAR LO BOCCIA

90 giorni per correggere, poi commissario in regione


Sonoramente bocciato dal Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Basilicata il copia e incolla della Giunta Bardi sul piano di riorganizzazione della rete delle strutture private accreditate di medicina di laboratorio. Il papocchio di Bardi e degli assessori risale a pochi mesi fa, all’ottobre del 2021.

Dovendo disciplinare la riorganizzazione settoriale citata, l’esecutivo regionale ha preso il piano che ha trovato in qualche cassetto di via Verrastro, e cambiando i nomi dei votanti, lo ha riprosto al vaglio della 4a Commissione consiliare e dopo averne acquisito il parere lo ha approvato.

Adesso, però, scoperto il “trucco” dai giudici amministrativi lucani, che hanno accolto il ricorso di “Laboratorio Life”, la Sanità lucana rischia un Commissariamento tutto particolare. Il piano copiato, è risultato essere quello stilato dalla precedente Giunta regionale nel 2016 e già doppiamente cassato dalla Giustizia amministrativa in primo e secondo grado con riferimento al Consiglio di Stato al quale la Regione aveva presentato ricorso contro la prima sentenza sfavorevole.

Dal 2017 la questione riorganizzazione rimane inevasa ed ora il Tar ha azionato il cronometro: la Giunta ha 90 giorni per adeguare il testo normativo. In caso di «decorso infruttuoso del predetto termine », la nomina di un Commissario “ad acta”.

La bocciatura è giunta anche in forma “caritatevole”. Nel senso che, come precisato dal collegio giudicante, l’accoglimento della tesi di “Laboratorio Life”, avrebbe dovuto condurre «al promovimento del giudizio incidentale di legittimità costituzionale della disposizione qui in rilievo». Il caso doveva finire per direttissima dinanzi alla Corte Costituzionale.

I giudici amministrativi lucani hanno però inteso aggiungere un ma ritenendo «prioritario» lo «sperimentare preventivamente la possibilità di dare al testo legislativo un significato compatibile con il parametro costituzionale».

Per quanto la tematica complessa, agevole si è rivelata la trattazione del giudizio, poichè, dato il copia e incolla, è risultata con evidenza «la paradossale decisione» del copia e incolla Bardiano che ha confermato gli indirizzi e i criteri del piano del 2016, cioè «proprio quelli contenuti nella deliberazione della Giunta regionale che è stata annullata ».

Al presidente Bardi, il Tar ha ricordato un elemento basilare. Vero è che l’amministrazione regionale, una volta annullati gli atti dall’esecutivo adottati, «deve provvedere nuovamente » a redigere un testo, «ma lo deve fare alla stregua delle coordinate indicate» in sentenza.

Per la Regione, non c’era nessun errore poichè vincolante la parte della relativa legge regionale del 2015 che prescriveva come «a partire dal 1° gennaio 2015, le Aziende sanitarie locali di Potenza e di Matera hanno l’obbligo di razionalizzare la propria (enfasi aggiunta) rete delle strutture di laboratorio accorpando quelle strutture che, nell’anno 2014, hanno erogato complessivamente meno di 200 mila esami di laboratorio e hanno l’obbligo di riorganizzare la rete dei punti prelievo per garantire sul territorio l’equo accesso alle prestazioni».

Questo, le 200 mila prestazioni, il limite, secondo la tesi difensiva della Regione, «inderogabile e vincolante», al di sotto del quale procedere all’aggregazione di tutti i laboratori a garanzia della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni erogate.

Per il Tar, equivoco banale su una questione definita di «piana evidenza». Chiaro, hanno rimarcato i giudici amministrativi, che all’esito di un’interpretazione condotta col gerarchicamente prioritario criterio letterale, la norma citata consideri unicamente e semplicemente la rete delle strutture di laboratorio pubbliche, afferenti all’Asp e all’Asm, «mentre nulla è riportato con riguardo alle strutture private accreditate ». In altri termini, come «pure riconosciuto dalla difesa regionale nei suoi scritti difensivi», la norma non concerne le strutture private accreditate.

Anche per logica elementare, ha dovuto sottolineare il Tar di Basilicata, «non si vede in che modo le Aziende sanitarie potrebbero direttamente “procedere all’accorpamento” di soggetti giuridici privati». Ancora più tranciante il seguente commento.

L’asserita necessità di «equiparazione pubblicoprivato », a cui ha fatto riferimento la Regione nel «non riuscito tentativo di estendere ai laboratori accreditati tale previsione», non ha alcun «addentellato testuale» e quindi «si risolve in una petizione di principio».

Tra l’altro i criteri per la riorganizzazione delle reti di offerta di diagnostica di laboratorio approvati nell’Accordo Stato-Regioni, lasciavano margini di autonomia alle Regioni in merito alla traduzione operativa degli stessi «ritenuta più consona alle specifiche realtà territoriali ».

Ad ottobre scorso come nel 2016, la Regione si è limitata a recepire la soglia minima delle 200 mila prestazioni annue, «senza riportare l’analisi della situazione di partenza, delle caratteristiche dell’offerta e della domanda di tali tipologie di prestazioni sanitarie, delle ragioni che hanno indotto a confermare tale volume minimo». Per questi e altri motivi, ricorso accolto e atto di Giunta annullato: 90 giorni per adeguare il testo normativo o sarà Commissario “ad acta”.


 

Ferdinando Moliterni

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