UN MESE DI GUERRA ~ ECCO DOVE, E PERCHÉ, KIEV HA FERMATO MOSCA
Jens Stoltenberg, segretario generale NATO alla vigilia del summit: “Cina sostiene Russia e diffonde bugie. Ingresso Ucraina nell’Alleanza Atlantica? Non in agenda, ma aumenteremo sostegno”
GUERRA IN UCRAINA IL REPORT
FONTE : IL SUSSIDIARIO
Stoltenberg “Cina sostiene Russia e diffonde bugie”/ “Ucraina in NATO? Non in agenda”
Jens Stoltenberg, segretario generale NATO alla vigilia del summit: ‘Cina sostiene Russia e diffonde bugie. Ingresso Ucraina nell’Alleanza Atlantica? Non in agenda, ma aumenteremo sostegno’
La Nato è preoccupata dalla posizione della Cina nella guerra tra la Russia e l’Ucraina. “Mi aspetto che affronteremo anche il ruolo della Cina in questa crisi. Ha dato sostegno politico alla Russia e l’appoggia nella diffusione della disinformazione“, ha dichiarato Jens Stoltenberg nel corso della conferenza che si è tenuta oggi alla vigilia del summit straordinario in programma domani. Di fatto, il segretario generale dell’Alleanza Atlantica chiede a Pechino di condannare l’invasione russa (“Abbiamo visto che non è stata capace di farlo“) e conferma che domani si affronterà anche la questione cinese (a cui ha fatto accenno oggi anche il premier Mario Draghi), anche alla luce dell’astensione sulla risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu.
“Gli alleati sono preoccupati che la Cina possa fornire supporto materiale per l’invasione russa“, ha aggiunto l’ex premier norvegese. Si chiede anche impegno “negli sforzi diplomatici per trovare una via pacifica” per trovare una soluzione pacifica all’aggressione e di “non dare sostegno materiale” a Vladimir Putin. Jens Stoltenberg ha lanciato anche un’accusa: “La Cina ha diffuso anche alcune bugie su Ucraina e Nato“
“UCRAINA NELLA NATO? NON IN AGENDA”
Per la Nato è motivo di preoccupazione il fatto che “la Cina abbia posto in questione alcuni principi chiave per la nostra sicurezza, come il diritto di ogni Paese di scegliere il proprio percorso“. Jens Stoltenberg ha ricordato che i presidenti Xi Jinping e Vladimir Putin “insieme hanno emesso una dichiarazione di contrarietà ad ogni allargamento della Nato“. Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, a proposito della riunione di domani, ha spiegato che gli alleati sono pronti a rafforzare gli aiuti militari all’Ucraina, oltre che sostegno per la difesa da attacchi hacker ed equipaggiamento contro armi chimiche, biologiche e nucleari. “L’ingresso dell’Ucraina non è in agenda ma il suo sostegno da parte degli alleati lo è. Mi aspetto che saremo d’accordo nell’intensificare il sostegno su misura per altri partner a rischio a causa della pressione russa. Compresa la Georgia e la Bosnia-Erzegovina“. L’idea è di lavorare insieme all’Unione europea per “a sostenere la loro sovranità e il loro diritto a prendere decisioni indipendenti“. In merito all’eventuale uso di armi chimiche da parte della Russia, ciò per Stoltenberg “cambierebbe la natura del conflitto e avrebbe enormi conseguenze”
IL DISPIEGAMENTO MILITARE DLELA NATO
Per quanto riguarda il dispiegamento militare della Nato, l’ex premier norvegese ha spiegato che attualmente centinaia di migliaia di uomini di truppe alleate sono in allerta. Circa 100mila militari Usa sono in Europa, 40mila sotto il comando diretto della Nato, in particolare nella zona orientale dell’alleanza. “Il tutto sostenuto da una grande potenza aerea e navale, compresi cinque gruppi d’attacco di portaerei nel Nord e nel Mediterraneo“, ha precisato Jens Stoltenberg. Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica in conferenza stampa oggi ha espresso anche quali sono i suoi auspici in vista del summit di domani: “Mi aspetto che i leader siano d’accordo nel rafforzare la posizione della Nato in tutti i campi, con importanti aumenti delle nostre forze nella parte orientale dell’Alleanza. A terra, in aria e in mare“. A tal proposito, ha anticipato che è previsto “il dispiegamento di quattro nuovi gruppi tattici Nato. In Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia. Insieme alle nostre forze esistenti nei paesi baltici e in Polonia, questo significa che avremo otto battaglioni multinazionali della Nato lungo tutto il fianco orientale. Dal Baltico al Mar Nero“
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UN MESE DI GUERRA/ Ecco dove (e perché) Kiev ha fermato Mosca
Per Mauro Indelicato l’ipotesi del ricorso ad armi chimiche è più improbabile e meno pericolosa di eventuali incidenti tra Russia e paesi terzi
Alle 5 del mattino di un mese fa cominciava l’“operazione militare speciale” – così definita da Vladimir Putin – dell’esercito russo in Ucraina. Nel giro di pochi minuti, quella che fino al giorno prima era sembrato soltanto un grande azzardo, una gigantesca partita a scacchi della Russia con gli Usa e la Nato, era diventata guerra vera, combattuta sul terreno. 28 giorni dopo, la politica si fa ancora con le armi e con le vittime.
Abbiamo fatto il punto della situazione con Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver. “Poiché la guerra lampo è fallita, adesso il Cremlino sta puntando su due obiettivi specifici”, spiega Indelicato: “isolare Kiev per fare pressione sul governo e avanzare lungo la costa orientale e nelle province orientali”
Il resto non possiamo saperlo. Ma ci sono altri fatti salienti. Innanzitutto il peso dei rifornimenti di armi occidentali: “ha un peso solo propagandistico, non credo che cambi di molto la situazione sul campo. Influiscono molto di più le informazioni di intelligence che la nato fornisce all’Ucraina”. E poi ci sono i rischi legati alle operazioni, soprattutto al confine orientale europeo. “Una singola esplosione al di là del confine bielorusso darebbe il pretesto a Lukashenko di intervenire direttamente in Ucraina al fianco di Putin”
I russi attualmente dove sono più in difficoltà?
Le difficoltà maggiori le truppe di Mosca le stanno avendo nella zona attorno Kiev. Gli ucraini qui hanno innalzato solide difese, la linea del fronte è stata ben fortificata usando tattiche come l’allagamento dei terreni attorno al fiume Irpin, il corso d’acqua che divide la periferia della capitale con le cittadine dell’hinterland occidentale da cui i russi provano ad avanzare. Inoltre ovviamente qui gli ucraini sono ben motivati: difendere Kiev è difendere il cuore politico del Paese.
E dove invece sono in vantaggio?
Sono riusciti a imprimere una certa accelerazione alla loro avanzata nel sud dell’Ucraina. Credo per due motivi fondamentali: non ci sono grandi centri urbani da conquistare, la stessa Mariupol o la stessa Kherson sono sì importanti città ma non sono metropoli e non vanno oltre i 300mila abitanti.
E l’altro motivo?
È dato dal fatto che anche una buona strategia difensiva ucraina deve scontrarsi con il fatto che la coperta, rispetto al potenziale di fuoco russo, è corta: se si difende Kiev, occorre mettere in conto la possibilità di lasciare sguarnito un fianco. In questo caso, il fianco meridionale.
Vediamo adesso le forze ucraine.
In generale, si stanno difendendo meglio nelle grandi città. Si è detto prima del caso di Kiev, ma anche Kharkiv, Chernihiv, Sumy, sono tutti esempi dove l’esercito ucraino ha dato prova di un’ottimale strategia difensiva.
A cosa si deve?
Alla conoscenza del territorio da parte delle proprie truppe e alla difficoltà dei russi di attuare una guerra urbana, difficoltà aumentata anche dal fatto che a Mosca si è deciso di non calcare la mano con i bombardamenti sulle grandi città. Inoltre l’esercito ucraino è stato molto abile nello “sporcare” le retrovie russe.
Cosa significa?
Lì dove i soldati di Mosca sono avanzati, esistono, soprattutto nel nord del Paese, sacche di soldati ucraini che creano scompiglio dietro le linee e provocano rallentamenti nell’avanzata nemica.
Qual è la situazione a Mariupol, città simbolo e uno dei fronti più caldi?
Mariupol è tecnicamente caduta in mano ai russi. Mosca nel sud del Paese è riuscita a conquistare molti territori. Una volta raggiunte Melitopol e Berdyansk, sul Mar d’Azov, l’esercito russo è riuscito a circondare Mariupol e a creare una fascia di sicurezza attorno alla città di 50 km. Vuol dire quindi che i soldati ucraini all’interno della città non possono ricevere rifornimenti e non possono comunicare con gli altri reparti dell’esercito. Tuttavia essendo qui presente il Battaglione Azov, il più ideologizzato e schierato su posizioni nazionaliste, credo che la battaglia andrà avanti fino all’ultimo palazzo di Mariupol.
Perché Mariupol è così importante per Mosca?
Perché permetterebbe di congiungere i territori già conquistati dall’offensiva iniziata il 24 febbraio con quelli delle repubbliche separatiste del Donbass. Si creerebbe quindi un lungo corridoio tra la Crimea e Lugansk, primo vero obiettivo militare per il Cremlino. Questo corridoio potrebbe essere il preambolo o della creazione di territori cuscinetto tra la Russia e un’Ucraina ridimensionata territorialmente oppure, in caso di ulteriori avanzate, della presa di possesso delle regioni orientali del Paese.
Altri fronti sotto la tua attenzione?
Si parla molto di Odessa, ma per il momento a parte alcuni raid compiuti in questi giorni non si segnalano qui molti movimenti. I russi sono ancora bloccati alle porte di Mykolaiv e anzi qui stanno subendo alcuni timidi ma importanti contrattacchi ucraini. È quindi importante monitorare quanto sta accadendo proprio a nord di Mykolaiv e di Kherson.
Quale sarebbe l’obiettivo delle forze russe?
Qui i russi potrebbero decidere di avanzare, risparmiando per il momento Odessa, e premere verso Dnipro, isolando quindi l’est dell’Ucraina dalle regioni occidentali. Stesso discorso vale per il fronte a nord di Mariupol: nell’entroterra le truppe di Mosca potrebbero tentare di avanzare verso Zaporizhzhia e anche in questo caso verso Dnirpo. Entrambe le operazioni potrebbero isolare definitivamente l’est dell’Ucraina. Importante è anche il fronte di Izium.
Di che si tratta?
Izium è una cittadina tra Kharkiv e Lugansk, caduta negli ultimi giorni in mano ai russi. Gli ucraini qui stanno opponendo una forte resistenza perché in caso di definitiva presa nemica del territorio, l’esercito di Mosca andrebbe a ricongiungersi da nord e da ovest con le repubbliche separatiste. Complessivamente, come si può vedere, le province orientali dell’Ucraina sono quelle in cui si stanno concentrando i massimi sforzi bellici.
Alla luce di tutto questo, quale poteva essere la strategia di Mosca e come è stata modificata?
La Russia puntava a una guerra lampo in quanto il piano A prevedeva uno sfaldamento politico, prima ancora che militare, dell’attuale Stato ucraino. Questo non è avvenuto, non solo per la resistenza offerta dall’esercito, ma anche per una popolazione che non ha accolto i russi con il tappeto rosso, come forse ci si aspettava dal Cremlino almeno nelle regioni orientali. E allora adesso si sta puntando su due obiettivi specifici: isolare Kiev per fare pressione sul governo e avanzare lungo la costa orientale e nelle province orientali.
“Non intendiamo occuparci delle riforme istituzionali nelle zone liberate dell’Ucraina” ha detto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. Esistono al momento “zone liberate”?
Dal punto di vista russo, le zone dell’est dove le truppe hanno potuto porre la loro bandiera sono zone liberate dalla presenza di autorità “naziste”. Questo è il punto di vista di Mosca e si può spiegare così l’affermazione del portavoce del Cremlino. Sappiamo però che a Kherson, a Melitopol e in altri centri dove già i russi sono arrivati la gente non è ben contenta dello sventolio di bandiere diverse da quelle dell’Ucraina.
Allora come commenti quella dichiarazione?
Peskov ha per il momento chiuso alla possibilità di tenere referendum volti a far sganciare questi territori dal resto del Paese. Niente Crimea per intenderci, almeno per il momento. Le truppe si limiteranno a togliere amministratori non favorevoli alla Russia e a piazzare altre autorità filorusse, ma in ambito “ucraino”. Occorre capire poi se, in caso di ulteriore avanzata, Mosca non decida di creare nuove entità statali.
Il rifornimento di armi occidentali a Kiev ha un peso quantitativo o anche qualitativo?
Ha un peso solo propagandistico. Tutti in guerra fanno propaganda, anche chi sostiene indirettamente una parte. l’Europa fornisce armi che, in primo luogo, non è detto che arrivino a destinazione, visto che i russi bombardano anche gli aeroporti delle regioni occidentali dell’Ucraina. In secondo luogo, non credo che cambi di molto la situazione sul campo.
Sai dirci cosa sta fornendo l’Italia?
Si parla di missili stinger, così come di mitragliatrici 12.7 Browning, mitragliatrici MG 7.62, almeno 200 lanciarazzi e missili anticarro Milan. Poi anche elmetti e giubbotti antiproiettili, almeno 5mila.
Quali saranno secondo te le prossime iniziative russe?
Proseguire con le avanzate sul campo non appena arriveranno nuovi rifornimenti lungo i fronti più cruciali. Non credo che da parte di Mosca, ma così come anche da parte di Kiev, arriveranno novità dal fronte politico.
C’è un nesso tra i molti generali russi che sono stati uccisi e il supporto di intelligence occidentale?
Indubbiamente gli ucraini non sparano a casaccio. Se hanno potuto uccidere così tanti generali è perché hanno avuto, anche dall’estero, precise indicazioni su determinati movimenti avversari. Le informazioni di intelligence da parte della Nato, e degli Usa in particolar modo, si stanno rivelando più importanti delle armi inviate. E questo già prima della guerra.
Puoi farci un esempio?
Perché Mosca non è riuscita a imporre un preciso dominio sui cieli ucraini nonostante intensi bombardamenti? Kiev ha avuto indicazioni, a pochi giorni dal conflitto, di spostare i propri aerei in basi minori in tutto il Paese e non concentrarli in aeroporti su cui erano prevedibili i raid russi. Se oggi l’Ucraina ha ancora a disposizione una parte della propria aviazione, è grazie a questo “suggerimento” arrivato dall’intelligence Nato.
Secondo Stoltenberg l’eventuale impiego da parte di Mosca di armi chimiche “avrebbe conseguenze di vasta portata e sarebbe inaccettabile”. Sai dell’utilizzo di armi chimiche o di bombe al fosforo, oppure è ancora questione indecidibile?
Quando si parla di armi chimiche si entra in un campo in cui la verità è molto difficile da decifrare. Ricordiamoci ad esempio che in Siria in ben due occasioni si è sfiorata negli anni passati l’escalation sulla base di presunti attacchi chimici ancora oggi non dimostrati. Quindi le dichiarazioni circa il possibile impiego di armi chimiche, dall’una e dall’altra parte, vanno prese con le pinze.
Temi operazioni false flag?
In un contesto del genere operazioni di false flag sono sempre in agguato. Difficile però prevederle, proprio per la loro natura. C’è da dire che nella fase iniziale del conflitto non ce n’è stato bisogno: i russi hanno attaccato puntando su pretesti storici e su richieste difensive delle repubbliche autoproclamate, senza aspettare specifici episodi “autoindotti”.
Secondo te quali sarebbero e come verrebbero procurate le “conseguenze di ampia portata” citate da Stoltenberg?
Occorre temere maggiormente “incidenti” che coinvolgano Paesi attualmente “terzi”. Una singola esplosione al di là del confine bielorusso darebbe il pretesto a Lukashenko di intervenire direttamente in Ucraina al fianco di Putin, ad esempio. Così come un bombardamento, vero o presunto, di mezzi militari Nato impegnati a portare armi in Ucraina darebbe il via a ulteriori grandi escalation dalle conseguenze imprevedibili.
Hai notizia di ripercussioni sulle trattative di quanto sta avvenendo sul campo?
Le uniche ripercussioni riguardano i corridoi umanitari, quelli che si riesce ad aprire veramente. Per adesso le due delegazioni diplomatiche sono riuscite a concordare locali tregue per i civili e nulla più. Per il resto, purtroppo, la parola è in gran parte affidata alle armi.
(Federico Ferraù)
Putin vendite gas russo in Italia/ Pagamento in rubli per indebolire Euro e Dollaro
Putin impone una nuova forma di pagamento sul gas fornito in Italia e agli altri paesi. Ecco che cosa cambia e perché l’euro potrebbe indebolirsi
Putin gas in Italia: pagamento in rubli, la “vendetta” di Putin
Putin apre una nuova vicenda riguardo la fornitura di gas per l’Italia. Se prima d’ora il pagamento da Mosca veniva accettato in euro, oggi mercoledì 23 marzo 2022, il presidente della Russia ha dichiarato ufficialmente che accetterà esclusivamente credito nella sua valuta, rublo russo.
Si tratta chiaramente di una decisione puramente vendicativa rispetto a tutto quello che ha subito la Russia tramite le sanzioni applicate dall’Unione Europea. Vendetta che si può riscontrare nelle parole del presidente russo:
“Ho preso la decisione di attuare una serie di misure per passare al pagamento in rubli per il nostro gas consegnato a Paesi ostili, e di rinunciare a tutte le valute che sono state compromesse“.
Putin gas in Italia: sale il valore del Rublo
Fin da quanto il presidente russo, Vladimir Putin ha comunicato di voler essere pagato in rubli per poter distribuire il gas russo in Italia e negli altri europei, la moneta russa ha cominciato una crescita economica non indifferente, avvicinandosi quasi al valore dell’euro e del dollaro americano.
Prima che la Russia iniziasse la guerra contro l’Ucraina, il valore dei rubli ammontava a 75. Dopo la comunicazione di Putin, sul mercato il rublo russo ha cominciato improvvisamente la sua crescita, riuscendo a toccare i 97.75.
L’obiettivo del presidente russo, è quello di poter aumentare la domanda del rublo russo, strategia finanziaria piuttosto importante che potrebbe aiutare la Russia a risollevarsi economicamente dopo le brusche sanzioni ricevute.
Ai paesi che ricevono questo stato di materia, non resta che adeguarsi alle disposizioni russe, dato che il gas resta una fonte indispensabile. Tra un po’ di tempo non resta che comprendere gli effetti della valuta russa rispetto al dollaro e all’euro.
Putin questione gas in Italia: che cosa cambierà dal 24 marzo
Nonostante Putin abbia trovato un modo per aumentare il valore del rublo russo(sfruttando la distribuzione del gas in Italia previo pagamento in tale valuta), il rischioche la Russia possa finire in default è piuttosto elevato.
Sulla questione sono intervenute una serie di società di rating, enti privati con l’obiettivo di monitorare la capacità creditizia di uno stato. La Moody’s Corporation ad esempio, è piuttosto preoccupata e fortemente convinta che lo stato russo nel giro di poco tempo si ritrovi in default.
Ritardi nei pagamenti e difficoltà ad estinguere i debiti, sono i temi che preoccupano maggiormente le società di rating. Recentemente la Russia è riuscita a liquidare ben 117 milioni di dollari di diritto a degli investitori circa due obbligazioni statali.
Infine, anche la società Algebris Investments avrebbe dei forti dubbi sulle capacità economiche attuali della Russia. Secondo l’azienda i debiti sarebbero eccessivi e le difficoltà parecchie. Il governo russo a breve, dovrebbe liquidare una obbligazione di Stato da ben 2 miliardi di dollari.
Ma le tensioni con l’Occidente e le dure sanzioni ricevute, potrebbero costringere lo stato russo ad andare in default e a crollare vertiginosamente.
RUSSIA vs UCRAINA/ Una soluzione c’è, si chiama CSTO e conviene anche a Putin
Esiste un trattato, firmato nel 1992 e rilanciato dieci anni dopo tra Russia ed ex Repubbliche sovietiche che potrebbe servire di base per porre fine alla guerra in corso
Siamo arrivati ad un punto nel quale il rispetto dovuto alle migliaia di morti e al dolore di tante famiglie, sia ucraine che russe, richiede, assolutamente, una soluzione di pace. In fondo questo lo desiderano sia il presidente dell’Ucraina che quello della Federazione Russa. In guerra tutti perdono, mentre nella pace si può recuperare un po’ di quello che si è perso.
Prima regola di queste trattative di pace: poter dare a ciascuno dei contendenti la possibilità di offrire al proprio popolo almeno l’impressione di avere vinto.
In tal senso questo non può essere il momento della definizione delle colpe. Questo è un compito che si può lasciare ai commentatori, e in ultima sede, per chi crede, a Dio. I capi ora devono preoccuparsi solo di trovare “una via d’uscita”.
Tre settimane fa, quando ancora l’invasione (o la “operazione speciale”, chiamatela come volete) non era cominciata, ho proposto insistentemente che una trattativa partisse proprio da quel trattato sottoscritto il 15 maggio 1992, ribadito ad Astana nel 2002 e noto come “Dogvavor o collektivoi bezopasnosti” (Trattato di sicurezza collettiva). Protagonista di questo trattato stipulato dalla Federazione Russa e da alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica fu certamente Putin. Io, come ho già scritto, ero presente nell’Aula magna dell’Università Eurasiatica di Astana dove insegnavo (oltre che all’Accademia Diplomatica) alle firme apposte dai presidenti nel 2002. Allora, dato che conosco bene la lingua russa, rimasi colpito dall’atteggiamento di superiorità che nei momenti prima della cerimonia ufficiale Putin mostrò verso gli altri presidenti, compreso quello del Kazakistan, che in fondo era il padrone di casa.
C’era stato da poco l’11 settembre, cominciava la campagna anti-Bin Laden e qualcuno iniziava a preoccuparsi che dopo la fine del Patto di Varsavia e dopo il progressivo allargamento della Nato, si potesse contare su alcuni alleati; soprattutto in considerazione del fatto che l’Asia centrale è vicina a molti punti caldi ed è un cuscinetto naturale tra l’Europa (Russia compresa) e la Cina.
Non a caso, il passo successivo di quel trattato fu la costituzione nel 2007 del gruppo di Shangai. E non mi sembra che allora ebbe molto a dispiacersi l’Unione Europea, se decise di finanziare abbondantemente la costruzione della Nuova Via della Seta.
Ma torniamo al nostro Dogavor. Il Trattato di sicurezza collettiva del 2002 nasce come sviluppo di quello del 1992, l’anno successivo alla fine dell’Urss. È un trattato che stabilisce un’alleanza militare che riafferma l’impegno dei suoi membri a rinunciare alla minaccia o all’uso della forza nella risoluzione delle controversie tra i firmatari e introduce la clausola di aiuto solidale in caso di un attacco da parte di paesi “esterni”, che in questo caso sarebbe considerato un attacco a tutti i sottoscrittori del trattato.
Proprio dal 2002, in attuazione del trattato, l’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Csto) si è dotata di infrastrutture militari comuni e opera momenti di addestramento.
È significativo il fatto che durante il conflitto russo-georgiano del 2008 e durante il conflitto del Donbass i Paesi dell’Organizzazione (Russia, Kazakistan, Bielorussia, Armenia, Tagikistan e Kirghizistan) non si siano sentiti di intervenire, perché in questo caso non hanno giudicato che si trattasse di un attacco da parte della Georgia o dell’Ucraina contro la Russia, come è evidente. Del resto la Federazione Russa ha pensato di risolvere da sola le questioni, che, dal suo punto di vista, riguardavano la difesa di minoranze russe da quei Paesi.
In modo diverso si sono comportati i paesi dell’Organizzazione in occasione dei disordini in Kazakistan, che secondo il presidente Tokayev erano suscitati da non precisati agenti stranieri.
Ora, come già detto e scritto, mi pare che, paradossalmente, la base attuale della trattativa possa proprio essere questo trattato; che l’Ucraina, rinunciando ad entrare nella Nato, può sottoscrivere con altri paesi. D’altra parte Putin non potrebbe smentire se stesso, avendo lui voluto quel trattato, che anzi potrebbe presentare come una soluzione dei problemi, ispirati – almeno in parte – da lui medesimo.
Il vero problema allora mi sembra un altro: quali Paesi tra quelli “coraggiosamente” schierati con l’Ucraina sarebbero disposti a sottoscrivere un trattato che di sua natura è militare (come del resto è anche la Nato)?
Speriamo che alla fine il trattato non sia sottoscritto solo dalla Città del Vaticano, perché, oltre ad altre ovvie considerazioni, non mi pare che le pur gloriose Guardie svizzere possano dare un grande affidamento.
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