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SULLA MATTANZA DI BUCHA LA FERMA PRESA DI POSIZIONE DEL GIORNALISTA UMBERTO DE GIOVANNANGELI

In quel comunicato non c’è una riga, macché, neanche una parola che richiama alle responsabilità di chi questa sporca guerra d’aggressione ha scatenato: la Russia

GUERRA IN UCRAINA 


Le foto ad alta definizione di Maxar Techologies dimostrano che erano in via Yablunskaya da almeno tre settimane

Compagni dell’Anpi, quel comunicato su Bucha non vi fa onore

Chi scrive ha sempre tenuto in gran conto l’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
Ma oggi, di fronte alla mattanza di Bucha, c’è solo un modo per essere “partigiani” nel senso più alto e nobile del termine: parteggiare per l’aggredito, l’invaso.

Umberto De Giovannangeli

5 Aprile 2022 – 10.16

SULLA MATTANZA DI BUCHA LA FERMA PRESA DI POSIZIONE DEL GIORNALISTA UMBERTO DE GIOVANNANGELI 

UMBERTO DE GIOVANNANGELI

Ho riletto e riletto quel comunicato.
E ho visto e rivisto le immagini strazianti che giungevano da Bucha.
Confesso di essere rimasto schiantato.
Chi scrive ha sempre tenuto in gran conto l’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
Per la sua storia, per le sue origini, per ciò che rappresenta.
Ma oggi, di fronte alla mattanza di Bucha, c’è solo un modo per essere “partigiani” nel senso più alto e nobile del termine: parteggiare per l’aggredito, l’invaso.
Per la resistenza di un popolo colpevole di esistere.

Per questo, con tutto il rispetto, non formale, dovuto, ritengo il comunicato dell’Anpi sulla mattanza di Bucha un capolavoro di ambiguità.

Per ciò che c’è scritto, per quello che non c’è scritto, e per l’invocazione fatta.

“L’Anpi condanna fermamente il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’Onu e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili”

L’Associazione nazionale partigiani (Anpi) in una nota si esprime così sul massacro di Bucha, con decine di civili uccisi.

Le immagini negli ultimi giorni hanno documentato la presenza di numerosi cadaveri in strada o ammassati nelle fosse comuni.

“Questa terribile vicenda conferma l’urgenza di porre fine all’orrore della guerra e al furore bellicistico che cresce ogni giorno di più”, scrive l’Anpi. 

Furore bellicistico?
Certo, ma a chi si riferisce l’Anpi.
All’Europa delle sanzioni e degli aiuti militari all’Ucraina?
All’America che con il suo presidente calza l’elmetto?

Se è così, siamo al riflesso pavloviano, proprio di chi non riesce proprio a liberarsi dall’idea, o per meglio dire, dall’ossessione, che in fondo se il mondo è così ingiusto la colpa era ed è dell’imperialismo americano e dei suoi vassalli europei.

In quel comunicato non c’è una riga, macché, neanche una parola che richiama alle responsabilità di chi questa sporca guerra d’aggressione ha scatenato: la Russia.

O per essere ancora più chiari: l’autocrate che ne è il Presidente.

Lo zar del Cremlino: Vladimir Vladimirovich Putin.

In quel comunicato non c’è distinzione alcuna tra l’aggredito e l’aggressore, ma solo un generico riferimento al “furore bellicistico

Lungi da chi scrive imbastire un processo alle intenzioni.

Quello che mi auguro è un dibattito che non demonizzi, che non criminalizzi chi la pensa diversamente.

E Globalist si candida a ospitare questa “agorà”.

Ma non criminalizzare, non significa attestarsi su posizioni ecumeniche, un tempo si sarebbe detto alla “democristiana

Ad esempio, sarebbe molto interessante discutere su come definire ciò che dal 24 febbraio, sta accadendo in Ucraina.

Le parole sono importanti, soprattutto quando si parla di cose serie.

Ai compagni dell’Anpi, e a chi ne condivide le idee espresse in quel comunicato, chiedo: quella in atto è una guerra, si o no?

E se si, che tipo di guerra è?

È una guerra d’aggressione o, come qualche analista afferma, è una guerra per procura, che l’America, la Nato, l’Europa combattono contro la Russia attraverso l’Ucraina?

Ed ancora: ma davvero credete che l’obiettivo di Putin sia mai stato quello di “de-nazificare” lo Stato ucraino?

Una denazificazione perseguita, peraltro, usando come teste d’ariete i neonazisti del Gruppo Wagner?

Davvero si crede alla narrazione putiniana sulla Grande guerra patriottica?

E cosa c’è di spirito socialista, nell’aver finanziato in tutti questi anni i peggiori movimenti, partiti sciovinisti, populisti, d’estrema destra, in Europa? 

E poi, la proposta avanzata.

Qui, lasciatemelo dire compagni dell’Anpi, siamo all’escamotage furbesco: creare una commissione d’inchiesta dell’Onu formata da Paesi neutrali.

Ora, si dà il caso che qualsiasi commissione d’inchiesta Onu deve avere luce verde dal Consiglio di Sicurezza, massimo organismo decisionale delle Nazioni Unite, nel quale, come anche i dirigenti dell’Anpi sanno bene, la Russia è uno dei cinque membri permanenti con diritto di veto.

E poi, di grazia, che sdarebbe a chi la patente di “Paesi neutrali”?

Neutrali rispetto a cosa?

E chi dovrebbe fare questa analisi del sangue “neutralista”? 

Ha ragione il mio amico e compagno Nichi Vendola, quando scrive:

“Dio è morto a Bucha. In questa città ucraina si è violato ogni codice di guerra, qualunque arcaica o moderna Tavola delle leggi, qualunque idea di ciò che ci rende umani”

Per proseguire:

“Se un soldato russo lega le mani a un uomo vestito in abiti civili, lo sequestra nella sua città, poi gli spara un colpo in testa per strada, magari sotto casa sua, magari sotto lo sguardo impietrito di un figlio. Se quel soldato fa fuoco contro uno sconosciuto che passa in bicicletta o fredda un’automobilista che ha scelto un giorno sbagliato e un’ora sbagliata per mettersi in macchina…”.

Quando ciò avviene, caro Nichi, vuol dire che Dio è morto a Bucha. Per mano russa.

È così.  Sì, a Bucha si è violato ogni codice di guerra…E chi l’ha violato? Nichi non giro attorno al problema, lo conosco da una vita, dai tempi della Fgci, e so che se c’è un tratto che ha sempre mantenuto nel suo essere politico, è quello di prendere parte.
Di schierarsi. E, aggiungo, di non avere mai avuto simpatie per il socialismo di stato sovietico. Che di socialismo aveva poco o niente.

Stavolta non la voglio tirare per le lunghe.
Ai compagni dell’Anpi consiglio una lettura.

Il titolo è La Russia di Putin (Adelphi, 2005).
Un prezioso libro-inchiesta scritto da una straordinaria, per coraggio, sensibilità, determinazione, giornalista russa: Anna Politkovskaja, assassinata il 7 ottobre 2006 a Mosca.
Nel libro, affermava:

“Con il presidente Putin non riusciremo a dare forma alla nostra democrazia, torneremo solo nel passato. Non sono ottimista in questo senso e quindi il mio libro è pessimista. Non ho più speranza nella mia anima. Solo un cambio di leadership potrebbe consentirmi di sperare”

Ed ancora: “Diventato presidente, Putin – figlio del più nefasto tra i servizi segreti del Paese – non ha saputo estirpare il tenente colonnello del Kgb che viveva in lui e pertanto insiste nel voler raddrizzare i propri connazionali amanti della libertà, come ha sempre fatto nel corso della sua precedente professione”

Nell’incipit del Libro, Anna afferma un’amara verità che risuona come un possente j’accuse rivolto a noi.
A noi europei. A noi occidentali. A noi mondo libero.

“Questo libro – scrive – parla di un argomento che è molto in voga in Occidente: parla di Putin. Senza toni ammirati”
Ammirati

In questa parola è racchiusa tutta l’ipocrisia del “mondo libero”.
Quello che ha chiuso gli occhi di fronte ai crimini di guerra e contro l’umanità commessi dall’esercito russo in Cecenia, replicati in Georgia, e poi in Siria.

Allora lo “zar” dallo sguardo di ghiaccio era considerato un partner nella guerra al terrorismo jihadista.

Un partner da tenersi buono, anche per farci affari. Ora lo zar ci chiede il conto. Un conto salato. E a pagarlo è soprattutto il popolo ucraino. 

UMBERTO DE GIOVANNANGELI

Umberto De Giovannangeli, già inviato speciale de l’Unità, segue da oltre trent’anni anni gli avvenimenti, le storie e le cronache del Medio Oriente, con reportage, analisi, dossiere e interviste ai maggiori protagonisti delle vicende che hanno segnato e continuano a segnare questa nevralgica area del mondo. Collaboratore della rivista di geopolitica “Limes”, è autore di saggi sul conflitto israelo-palestinese e sul fenomeno integralista, tra i quali “L’enigma Netanyahu”, “Hamas, pace o guerra”, “Israele 2013. Il falco sotto assedio”, “Terrorismo. Al Qaeda e dintorni”, “Non solo pane. I perché di un’89 arabo”, “Medio Oriente in fiamme”.

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