VIA CRUCIS 2022 IN TEMPI DI GUERRA
Le storie, le gioie e le difficoltà di tanti nuclei familiari nelle 14 stazioni per il rito del Venerdì Santo con Papa Francesco. Nell’Anno famiglia “Amoris laetitia”, le meditazioni raccontano spaccati di vita quotidiana ma anche la guerra nell’est Europa e la durezza di vita dei migranti nei Paesi di accoglienza
viacrucis2022
Via Crucis: lo sguardo di Gesù nelle persone che ci sono vicine nel dolore
Fabio Colagrande e Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il Venerdì Santo sono le famiglie le protagoniste della Via Crucis presieduta dal Papa al Colosseo. In occasione dell’anno dedicato alla famiglia, con cui la Chiesa celebra i 5 anni dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris laetitia, Francesco ha infatti affidato la preparazione dei testi delle meditazioni e delle preghiere ad alcuni nuclei familiari. La meditazione della decima stazione nasce dall’esperienza di una madre, rimasta vedova otto anni fa, e dei suoi due figli. Simona Spinelli, 44 anni, ha perso improvvisamente il marito, Dario, nel 2014, quando i figli, Margherita e Giovanni, avevano 6 e 4 anni. Simona li ha cresciuti con grande forza d’animo e attenzione, ricoprendo contemporaneamente ruoli lavorativi impegnativi. Nel testo della sua meditazione la storia di questo lutto sfocia nella testimonianza concreta dell’amore di Cristo che non ti abbandona anche nei momenti più bui.
La croce è anche l’albero della vita
“Nella vita di tutti i giorni a volte, anche una parola gentile e lo sguardo di qualcuno che capisce il tuo malessere, sono lo sguardo di Gesù”
È quanto sottolinea Simona Spinelli nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News, aggiungendo che “la croce rappresenta il massimo della vicinanza nel dolore”.
Le chiedo un commento su questo testo che ascolteremo Venerdì Santo alla decima Stazione. Lei ha scritto che “sotto la croce ogni famiglia, anche la più sbilenca, la più dolente, la più strana, la più monca, trova il suo senso profondo”. Cosa significa questo in concreto?
Significa che la croce, in fondo, è anche l’albero della vita. È un legno conficcato nel terreno e viene innalzato per la scelta che Dio ha fatto di sacrificare suo Figlio. C’è Maria, la madre di Gesù, che sta sotto la croce. Da madre, posso soltanto immaginare quello che si può provare in un momento simile. Mi vengono i brividi: una sofferenza simile si sente, si vede, solo con gli occhi del cuore. Ma ogni famiglia si può ritrovare in questo. È difficile spiegarlo a parole: è un po’ come sentire intimamente la voce dello Spirito che parla al nostro cuore. Questa profonda umanità di Gesù sulla croce comprende tutte le famiglie. La mancanza è una cosa sperimentata da tutti, ma ogni famiglia è felice a modo suo e ciascuna è anche infelice a suo modo. Quindi è importante capire – al di là di ogni singola storia – il senso profondo di un’umanità trasversale che le lega tutte. E io credo che ogni storia familiare di sofferenza si possa rivedere nella croce.
Lei ha anche scritto: “Abbiamo sperimentato, non senza lacrime e dolore, che Gesù in quell’abbraccio di travi inchiodate ci guarda e non ci lascia mai soli”. Quanto è difficile nella vostra esperienza, come quella di altre famiglie segnate da un lutto, scoprire e intercettare lo sguardo di Cristo nei momenti più dolorosi?
Da una parte è difficile, dall’altra stupisce sempre quante occasioni di grazia ci capitino: lo sguardo di Gesù è, in realtà, lo sguardo di tutte le persone che ci sono state molto vicine. C’è una solitudine esistenziale: alla fine ogni uomo è solo. Ma nella vita di tutti i giorni a volte, anche una parola gentile e lo sguardo di qualcuno che capisce il tuo malessere, sono lo sguardo di Gesù. Io dico sempre che Gesù l’ho incontrato perché ho incontrato una persona, delle persone che sono state Gesù nella mia vita. La croce rappresenta il massimo della vicinanza nel dolore. Anche se questa è la cosa più difficile da vivere. Il Papa lo dice: ogni volta che si incontra una persona dobbiamo sforzarci di pensare a che cosa ci possa essere dietro di lei. Questo può aiutarci veramente a diventare compassionevoli e ci spinge anche a condividere la gioia. Ho scoperto anche questo: si può provare un grandissimo dolore, ma anche nel dolore si possono vivere momenti di gioia. I sentimenti non sono escludenti: la ricchezza dei nostri cuori e il messaggio della croce ci dicono che c’è già un pizzico di resurrezione in questa vita. Anche se a volte, almeno per me, è più facile sentirsi vicino a Gesù sulla croce che a Gesù risorto.
Come hanno accolto i suoi figli questa iniziativa, hanno collaborato?
Un po’ stupiti e un po’ spaventati. Loro hanno collaborato perché abbiamo elaborato insieme questo essere una famiglia a ‘tre gambe’. Hanno collaborato per essere e diventare quello che siamo. E questo anche con aiuti esterni. Non ce la fai mai da solo. Nessuno si salva da solo, ha ragione il Papa…
Anche i nonni paterni vi danno una grossa mano…
Sì, i nonni paterni ci danno una grossa mano. Ci ha aiutato pure mio padre, finché non ho perso anche lui. Due terapeuti sono stati veramente preziosi. A volte, anche riconoscere che non si può andare avanti da soli è un primo passo per accogliere l’aiuto degli altri, anche nella Chiesa.
Nel suo testo ricorda proprio quanto sia importante una Chiesa che tende la mano, pur con tutte le sue fragilità…
Assolutamente, per noi è stato fondamentale.
Via Crucis al Colosseo, dalle famiglie una preghiera di pace per Russia e Ucraina
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Ci sono le famiglie nella loro quotidianità, le gioie dell’amore condiviso, i problemi di coppia, le preoccupazioni per i figli, la sofferenza delle malattie, il dolore per la perdita del coniuge nelle meditazioni della Via Crucis. E c’è chi vive la guerra, come i popoli ucraino e russo da oltre un mese protagonisti di un conflitto che continua a registrare morti atroci, o chi ha dovuto affrontare il distacco dal proprio Paese per cercare un futuro altrove e soffre d’esser chiamato solo migrante. Storie vere, concrete. La Passione che sarà raccontata al Colosseo, nel Venerdì Santo, è quella di Cristo, ma incarnata nella vita di ogni giorno di tanti focolari domestici. E vibrano di vissuto i testi scritti da una coppia di giovani sposi (I stazione), una famiglia in missione (II), da sposi anziani senza figli (III), una famiglia numerosa (IV), una famiglia con un figlio con disabilità (V), una famiglia che gestisce una casa famiglia (VI), una famiglia con un genitore malato (VII), una coppia di nonni (VIII), una famiglia adottiva (IX), una vedova con figli (X), una famiglia con un figlio consacrato (XI), una famiglia che ha perso una figlia (XII), una famiglia ucraina e una famiglia russa (XIII) e una famiglia di migranti (XIV).
Le famiglie protagoniste nell’Anno famiglia “Amoris laetitia”
Papa Francesco ha voluto le famiglie protagoniste delle 14 stazioni, nell’anno a loro dedicato con il quale la Chiesa sta celebrando i 5 anni dell’esortazione apostolica Amoris laetitia; anno che si concluderà con il decimo Incontro mondiale delle famiglie in programma a Roma dal 22 al 26 giugno. Le testimonianze, affiancate al percorso di Gesù verso il Calvario, descrivono spaccati di vita in cui tante famiglie si possono ritrovare. E saranno, perlopiù, proprio le stesse famiglie che si sono raccontate nelle meditazioni a portare anche la Croce nell’Anfiteatro Flavio, dove, in mondovisione, la cristianità si raccoglierà nella notte del silenzio, a ricordo della crocifissione e morte di Gesù che sembrò spegnere nei discepoli la speranza accesa dalla Buona Novella.
Un matrimonio agli albori e una coppia in missione
Con Gesù, quello delle famiglie è un vero percorso nelle stagioni della vita, anche se le 14 stazioni non rispecchiano del tutto l’elenco più usato dalla Tradizione. Ma è noto che, nella storia della devozione, i nomi, e talvolta il numero, delle stazioni hanno avuto schemi diversi. Ad aprire la Via Dolorosa è una coppia il cui matrimonio ha appena due anni. Nelle loro riflessioni c’è la felicità per il cammino intrapreso, ma ci sono anche sono i timori e le incertezze verso il futuro: la paura di una separazione, perché a tanti coniugi è accaduto, le incomprensioni nel dialogo, la fatica di arrivare a fine mese. Nella successiva meditazione ci sono le giornate di una famiglia in missione che ha voluto portare l’amore di Cristo lì dove ancora non lo si conosce, ma che convive con l’angoscia di condurre una vita precaria, lontana dalle proprie origini. “Non è semplice vivere solo di fede e di carità, perché spesso non riusciamo ad affidarci pienamente alla Provvidenza. E a volte, davanti al dolore e alla sofferenza di una madre che muore di parto e per di più sotto le bombe – si legge nella II stazione – o di una famiglia distrutta dalla guerra o dalla carestia e dai soprusi, viene la tentazione di rispondere con la spada, di fuggire (…) Ma sarebbe tradire i nostri fratelli più poveri, che sono la tua carne nel mondo e che ci ricordano che Tu sei il Vivente”.
I figli
E ci sono le coppie che non riescono ad avere figli, che continuano a camminare ogni giorno tenendosi per mano, prendendosi cura degli altri, divenuti nel tempo casa e famiglia. Così come quei coniugi che, invece, per i figli hanno modificato i loro sogni professionali, con il timore di rinnegare tutto, come Pietro; con “l’angoscia e la tentazione del rimpianto di fronte all’ennesima spesa imprevista”. Ma se non è stato facile sacrificare i vecchi desideri per la famiglia, “è infinitamente più bello così”. Per chi ha un figlio disabile la croce è, purtroppo, l’opinione della gente che definisce un peso quella prole diversa. Ma ciò che si apprende è che “la disabilità non è un vanto né un’etichetta, piuttosto la veste di un’anima che spesso preferisce tacere di fronte ai giudizi ingiusti, non per vergogna ma per misericordia verso chi giudica”. “Gesù è flagellato e coronato di spine”, ricorda la VI stazione meditata da due sposi con 42 anni di matrimonio, 3 figli naturali, 9 nipoti e 5 figli adottivi non autosufficienti e con problemi psichici. “Non meritiamo tanta benedizione di vita – scrivono -. Per chi crede che non sia umano lasciare solo chi soffre, lo Spirito Santo muove nell’intimo la volontà ad agire e a non rimanere indifferenti, estranei” spiegano, aggiungendo che “il dolore riporta all’essenziale, ordina le priorità della vita e restituisce la semplicità della dignità umana”. E chi è protagonista di un’adozione rivela, invece, che il caricarsi, “genitori e figli”, di quella croce che è la storia di una vita segnata dall’abbandono, guarita da un’accoglienza, nasconde un segreto di felicità. Nell’XI stazione, “Gesù promette il Regno al buon ladrone”, si definiscono malfattori, due genitori che non hanno inizialmente accettato la scelta del sacerdozio del loro figlio. Poi la consapevolezza di aver sbagliato, contrastando in vari modi quella vocazione, e la confessione a Dio: “Noi siamo un vaso e Tu sei il mare. Noi siamo una scintilla e Tu sei il fuoco. E allora, come il buon ladrone, anche noi ti chiediamo di ricordarti di noi quando entrerai nel tuo Regno”.
I pesi dei nonni e le famiglie spezzate
Nella via verso il Golgota, si racconta anche un marito che affronta la malattia della moglie, una croce inaspettata, come quella di cui è caricato Gesù, che ha stravolto gli equilibri familiari ma che ha fatto sbocciare tanti aiuti. E si descrivono pure due nonni in pensione, che sognavano una terza età serena, ma che devono sostenere le famiglie delle loro figlie in difficoltà ed occuparsi dei nipoti. “Caricati di una croce”, pure loro, riconoscono un dono, tuttavia, quell’“essere ‘ossigeno’ per le famiglie” dei figli, perché “non si finisce mai di essere mamma e papà”. Una madre sola con 2 figli, osserva, poi, che “sotto la croce ogni famiglia, anche la più sbilenca, la più dolente, la più strana, la più monca, trova il suo senso profondo”, scoprendo l’amore del Creatore, quello dei fratelli e “una Chiesa che, con tutti i suoi difetti, tende la mano”. E una donna che ha perso il marito e una figlia, pur fra gli interrogativi scaturiti dal dolore, percepisce la sua croce “abitata dal Signore” e si vede ancora famiglia, immedesimandosi in Maria ai piedi di Gesù.
La guerra in Ucraina
Le ultime due stazioni sono narrazioni di questi giorni. Una famiglia ucraina e una famiglia russa specificano tutto ciò che la guerra cambia, “l’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie”. Chiedono a Dio perché, fra le lacrime finite e la rabbia che “ha lasciato il passo alla rassegnazione”, e si disperano nel non riuscire più a sentire l’amore dell’Onnipotente. E consapevoli della difficoltà di una riconciliazione fra i loro Paesi invocano il Signore perché parli “nel silenzio della morte e della divisione”, insegnando “a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.
Le speranze dei migranti
Infine, una famiglia di migranti si confida, dopo duri viaggi, percepita come un peso nel Paese che la ospita. “Qui siamo numeri, categorie, semplificazioni. Eppure siamo molto di più che immigrati. Siamo persone”, si legge fra le righe della XIV stazione – “Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro” – insieme ai loro sacrifici e al loro passato. Ma non c’è rassegnazione nelle loro parole, bensì speranza. “Sappiamo che la grande pietra sulla porta del sepolcro un giorno verrà rotolata via” concludono guardando alla Pasqua e alla vita nuova di Cristo.
MEDITAZIONI E PREGHIERE
preparate da
I | una coppia di giovani sposi |
II | una famiglia in missione |
III | sposi anziani senza figli |
IV | una famiglia numerosa |
V | una famiglia con un figlio con disabilità |
VI | una famiglia che gestisce una casa famiglia |
VII | una famiglia con un genitore malato |
VIII | una coppia di nonni |
IX | una famiglia adottiva |
X | una vedova con figli |
XI | una famiglia con un figlio consacrato |
XII | una famiglia che ha perso una figlia |
XIII | una famiglia ucraina e una famiglia russa |
XIV | una famiglia di migranti |
VIA CRUCIS
Canto
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
R/. Amen.
Preghiera d’inizio
Signore Gesù,
in questo giorno consacrato dalla tua Passione
leviamo a Te le nostre voci,
fiduciosi nel tuo ascolto.
Ti benediciamo
perché sei per noi sorgente di vita,
ti fai carico delle nostre sofferenze,
con la tua santa croce hai redento il mondo.
Crediamo
che dalle tue piaghe siamo stati guariti,
che non ci lasci soli nell’ora della prova,
che il tuo Vangelo è vera sapienza.
Riconosciamo
il tuo corpo martoriato in tanti nostri fratelli e sorelle,
la violenza che hai subito in chi è perseguitato,
il tuo abbandono nello strazio di chi viene ucciso.
Tu, che hai voluto vivere in una famiglia,
guarda con benevolenza le nostre famiglie:
esaudisci le preghiere,
ascolta i lamenti,
benedici i propositi,
accompagna il cammino,
sostieni le incertezze,
consola gli affetti feriti,
infondi il coraggio di amare,
concedi la grazia del perdono,
rendile aperte ai bisogni degli altri.
Signore Gesù,
Tu che sei il Crocifisso Risorto,
fa’ che non ci lasciamo rubare la speranza
di una nuova umanità,
dei cieli nuovi e della terra nuova,
dove asciugherai ogni lacrima dai nostri occhi
e non vi sarà più lamento, né affanno,
perché le cose vecchie sono passate
e saremo una grande famiglia
nella tua casa di amore e di pace.
I stazione
Gesù in agonia nell’Orto degli ulivi
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Giunsero ad un podere chiamato Getsemani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». (Mc 14, 32-36)
Eccoci qui, sposati da appena due anni. Il nostro matrimonio ancora non è stato provato da troppe burrasche. C’è stata la pandemia che ha complicato un po’ tutto, ma siamo felici. La nostra sembra essere una lunga luna di miele, nonostante i litigi quotidiani. Nonostante le nostre differenze. Eppure spesso abbiamo paura. Quando pensiamo alle coppie di amici più grandi che non ce l’hanno fatta. Quando leggiamo sui giornali che aumentano le separazioni. Quando ci dicono che sicuramente ci lasceremo perché così va il mondo. È una questione di statistica. Quando ci sentiamo soli perché non ci capiamo. Quando con fatica arriviamo alla fine del mese. Quando ci ritroviamo, sconosciuti, sotto uno stesso tetto. Quando ci svegliamo di notte e sentiamo nel cuore il peso e l’angoscia della nostra “orfananza”. Perché ci dimentichiamo di essere figli. Perché crediamo che il nostro matrimonio e la nostra famiglia dipenda solo da noi, dalle nostre forze. Ci stiamo rendendo conto che il matrimonio non è solo un’avventura romantica, ma è anche Getsemani, è anche l’angoscia prima di spezzare il tuo corpo per l’altro.
Signore Gesù, che hai patito paura e angoscia.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai pregato nell’ora della prova.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che ci chiami a vegliare e pregare con Te.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che tra pacifici ulivi
hai accettato pregando
di patire per noi fino alla morte, e alla morte di croce,
ascolta le nostre suppliche per i giovani sposi:
aiutali ad affrontare le difficoltà uniti a Te
e dona a tutti noi di restare con Te nell’ora della prova.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
II stazione
Gesù tradito da Giuda e abbandonato dai suoi
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Mentre Gesù ancora parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. (Lc 22, 47-50) Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.(Mt 26, 52. 56)
Siamo partiti per la missione, Signore, quasi dieci anni fa, perché non ci bastava la nostra felicità. Volevamo dare la nostra vita affinché anche altri sperimentassero la stessa gioia. Volevamo mostrare l’amore di Cristo anche a chi non lo conosce. Non importa dove. La vita di comunità e le attività di ogni giorno ci aiutano a educare i figli con una visione aperta della vita e del mondo. Ma non è facile: non nascondiamo l’angoscia e la paura di condurre una vita familiare precaria, lontana dal nostro Paese. A tutto questo si aggiunge il terrore della guerra così drammaticamente attuale in questi mesi. Non è semplice vivere solo di fede e di carità, perché spesso non riusciamo ad affidarci pienamente alla Provvidenza. E a volte, davanti al dolore e alla sofferenza di una madre che muore di parto e per di più sotto le bombe, o di una famiglia distrutta dalla guerra o dalla carestia e dai soprusi, viene la tentazione di rispondere con la spada, di fuggire, di abbandonarti, di lasciare tutto pensando che non valga la pena… Ma sarebbe tradire i nostri fratelli più poveri, che sono la tua carne nel mondo e che ci ricordano che Tu sei il Vivente.
Signore Gesù, che sei stato tradito con un bacio.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che sei stato abbandonato dai discepoli.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai sperimentato solitudine e umiliazione.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che hai accolto con amore
il bacio traditore di Giuda,
ascolta le nostre suppliche:
dona alle famiglie in missione
il coraggio di testimoniare il tuo Vangelo
e concedi a tutti noi di rispondere al male con il bene,
per essere costruttori di pace e riconciliazione.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
III stazione
Gesù è condannato dal Sinedrio
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!». Tutti sentenziarono che era reo di morte. (Mc 14, 55. 61-62. 64)
Siamo stati fidanzati pochi mesi, poi la vita ci ha separato a lungo, facendoci conoscere lo straziante tepore del cuore che batte a distanza. E quando ci siamo ritrovati ci siamo sposati subito, con la fretta di chi aveva atteso e temuto già tanto. Abbiamo lasciato le nostre case d’origine per crearne una nostra. Abbiamo intrapreso il nostro cammino di sposi, pieni di progetti e anche di illusioni della gioventù. Poi la vita ci ha scoperto più fragili, e al tempo stesso ci ha spogliato delle nostre aspettative, facendoci camminare in una strada tante volte in salita, alla cui sommità ci siamo trovati faccia a faccia con l’impossibilità di diventare genitori. Sperimentando spesso con dolore tanti giudizi sulla nostra sterilità. “Come mai non avete figli?”, ci è stato chiesto mille volte, come a insinuare che il nostro matrimonio e il nostro amore non bastassero per essere una famiglia. Quanti sguardi poco comprensivi abbiamo digerito. Ma continuiamo a camminare ogni giorno tenendoci per mano, prendendoci cura insieme di una comunità di fratelli e amici che, tra solitudini e tenerezze, è divenuta nel tempo casa e famiglia.
Signore Gesù, che hai subito l’ingiusta condanna.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai sopportato insinuazioni e accuse.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che, innocente, sei stato perseguitato.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che sei stato condannato ingiustamente,
ascolta la nostra preghiera:
concedi agli sposi senza figli
di camminare tenendosi per mano,
vivendo in pienezza il Sacramento dell’amore coniugale,
e a tutti noi di vivere le avversità con mite fermezza.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
IV stazione
Gesù è rinnegato da Pietro
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». E subito, per la seconda volta un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto. (Mc 14, 66-68. 72)
Quando ci siamo sposati credevamo di non poter avere figli. Poi, in viaggio di nozze, è arrivato il primo, e ci ha cambiato la vita. Avevamo dei progetti più lenti, realizzarci nel lavoro, viaggiare, provare a vivere almeno un po’ da eterni fidanzati… E invece, mentre ancora increduli toccavamo con mano la bellezza di questo regalo, è arrivato il secondo figlio: una bambina. E così, a ripensarci oggi, sono arrivati anche gli altri, quasi senza che ce ne accorgessimo. E i nostri sogni? Plasmati dagli eventi. La nostra realizzazione professionale? Modificata dai fatti della vita che irrompe. E poi il timore di poter un giorno rinnegare tutto, come Pietro; l’angoscia e la tentazione del rimpianto di fronte all’ennesima spesa imprevista; la preoccupazione per le tensioni con i figli adolescenti. I vecchi desideri hanno ceduto il passo alla nostra famiglia. Non è facile, certo, ma è infinitamente più bello così. E nonostante i pensieri e la densità delle nostre giornate, che sembrano non bastarci mai, non torneremmo mai indietro.
Signore Gesù, che hai asciugato le lacrime di Pietro.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che perdoni chi riconosce di aver peccato.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che comprendi le nostre incertezze.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che apri le braccia a chi invoca il perdono,
ascolta la nostra supplica:
concedi alle famiglie numerose
di superare con gioia ogni difficoltà
e a tutti noi di rialzarci sempre dopo una caduta.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
V stazione
Gesù è giudicato da Pilato
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dar soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. (Mc 15, 12-15)
Nostro figlio era stato giudicato già prima di venire al mondo. Avevamo incontrato medici che si erano presi cura della sua vita prima che nascesse, e medici che a chiare lettere ci avevano fatto capire che era meglio non farlo nascere. E quando abbiamo scelto la vita, siamo stati anche noi oggetto di giudizio: “Sarà un peso per voi e per la società”, ci è stato detto. “Crocifiggilo”. Eppure non aveva fatto alcun male. Quante volte il giudizio del mondo è affrettato e superficiale e ci addolora anche solo con uno sguardo. Ci portiamo addosso la vergogna di una diversità più spesso compatita che abitata. La disabilità non è un vanto né un’etichetta, piuttosto la veste di un’anima che spesso preferisce tacere di fronte ai giudizi ingiusti, non per vergogna ma per misericordia verso chi giudica. Non siamo immuni dalla croce del dubbio o dalla tentazione di chiederci come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente. Ma, in realtà, la disabilità è una condizione, non una caratteristica, e l’anima, grazie a Dio, non conosce barriere.
Signore Gesù, che hai guardato con amore i tuoi avversari.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che non hai temuto chi uccide il corpo ma non la vita.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che giudichi con amore misericordioso.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che sei stato giudicato da logiche mondane,
ascolta le nostre suppliche
per le famiglie con figli sofferenti:
dona loro sollievo nella fatica
e a tutti noi di scegliere, custodire e amare la vita sempre e comunque.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
VI stazione
Gesù è flagellato e coronato di spine
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Pilato dopo aver fatto flagellare Gesù lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. (Mc 15, 15. 17-19)
La nostra casa è grande, non solo in termini di spazio, ma soprattutto per la ricchezza umana che vi abita. Sin dall’inizio del matrimonio non siamo mai stati solo in due. La nostra vocazione all’accoglienza del dolore è stata ed è tutt’ora, a distanza di 42 anni di matrimonio e tre figli naturali, nove nipoti e cinque figli adottivi non autosufficienti e con gravi difficoltà psichiche, tutt’altro che triste. Non meritiamo tanta benedizione di vita. Per chi crede che non sia umano lasciare solo chi soffre, lo Spirito Santo muove nell’intimo la volontà ad agire e a non rimanere indifferenti, estranei. Il dolore ci ha cambiato. Il dolore riporta all’essenziale, ordina le priorità della vita e restituisce la semplicità della dignità umana, in quanto tale. Sulla via dolorosa della vita di tanti flagellati e crocifissi, accanto a loro, sotto il peso della loro croce, abbiamo scoperto che il vero re è colui che si dona e si dà in pasto, anima e corpo.
Signore Gesù, che sei stato flagellato nella carne e nello spirito.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai conosciuto il dolore innocente.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che sei stato umiliato, insultato, coronato di spine.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che hai patito dolore e disprezzo,
ascolta la nostra supplica:
concedi alle nostre famiglie
di imparare ad accogliere chi è ferito
e a tutti noi di farci carico e di prendersi cura dei dolori degli altri.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
VII stazione
Gesù è caricato della Croce
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dopo essersi fatti beffe di Gesù, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. (Mc 15, 20)
Una mattina come tante mia moglie è svenuta due volte. La corsa in ospedale e la scoperta di una malattia che nella sua testa già stava insinuando il veleno. L’operazione, la riabilitazione, le cure…; e oggi una quotidianità completamente nuova per tutti noi. Il Signore ci parla attraverso accadimenti che non sempre comprendiamo e ci conduce per mano verso lo sviluppo della parte migliore di noi. Aveva un ruolo, una posizione, una “veste”, e si è ritrovata completamente diversa. Nuda, indifesa, crocifissa. E io con lei. Attraverso questa malattia, su questa croce, siamo diventati il pilastro sul quale i figli sanno di potersi appoggiare. Prima non era così. Potrei quasi dire che oggi, con i suoi occhi penetranti nel loro glabro dolore, è pienamente madre e moglie. Senza orpelli, nell’essenzialità di una vita più difficile e nuova. Essere bloccati, inchiodati da un pensiero martellante costringe soprattutto me, che ero così cocciutamente orgoglioso, a scoprire nelle altre famiglie il meraviglioso dono che sono: chi prova a farti ridere, chi ti aiuta in cucina, chi ti accompagna i figli a catechismo, chi ti ascolta, chi ti capisce con uno sguardo, chi pur avendo situazioni altrettanto se non più complicate si preoccupa costantemente per te.
Signore Gesù, che non hai cercato onori mondani.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che ti sei fatto carico dei pesi di tutti i mortali.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai abbracciato il pesante legno della croce.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che hai mutato il patibolo di morte
in sorgente inesauribile di vita,
ascolta le nostre invocazioni:
concedi ai figli di avere cura dei genitori,
custodendoli con gratitudine,
e a tutti noi di imparare da Te la gioia di amare e donarsi generosamente.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
VIII stazione
Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la Croce
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Mentre i soldati lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. (Lc 23, 26)
Siamo andati in pensione due anni fa e proprio mentre iniziavamo a fantasticare su come spendere le energie recuperate, ci è giunta la notizia del licenziamento di nostro genero. Durante la pandemia abbiamo assistito inermi alla crisi del matrimonio della nostra figlia maggiore. I nipoti hanno iniziato a inondare di vitalità e confusione la nostra casa non più solo la domenica e, soprattutto, come non accadeva da quando erano piccoli i nostri tre figli. Abbiamo montato in auto un seggiolino e comprato una lavagna su cui trascrivere gli impegni dei nostri cinque nipoti per non rischiare di dimenticare qualcosa. I nostri muscoli non sono quelli di una volta, ma il bagaglio delle esperienze ci rende più docili alla vita rispetto a quando avevamo la forza di correre. La croce della precarietà delle famiglie e del lavoro ci preoccupa. E oggi, che saremmo naturalmente portati ad occuparci delle nostre stanchezze e della innegabile paura della morte, siamo caricati di una croce inaspettata, postaci sulle spalle nostro malgrado. Il passo si fa spesso lento e la notte, dopo aver sorriso, ci troviamo a piangere di compassione. Ma essere “ossigeno” per le famiglie dei nostri figli è un dono che ci riporta alle emozioni provate quando erano piccoli. Non si finisce mai di essere mamma e papà.
Signore Gesù, che hai condiviso il peso della croce.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che ci sottoponi al giudizio della tua croce.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che chiedi di seguirti portando la nostra croce.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che ci chiami a portare i pesi gli uni degli altri,
ascolta le nostre suppliche:
concedi alle nostre famiglie
di saper condividere gioie e fatiche,
e a tutti noi di crescere nella fraternità operosa.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
IX stazione
Gesù incontra le donne di Gerusalemme
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Seguiva Gesù una grande moltitudine di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli». (Lc 23, 27-28)
Adesso siamo in quattro. Per lunghi anni siamo stati in due, e abbiamo affrontato la croce della solitudine e la gestazione di una genitorialità diversa da come l’avevamo sempre immaginata. L’adozione è la storia di una vita segnata dall’abbandono che viene guarita da un’accoglienza. Ma l’abbandono è una ferita che sanguina sempre. E l’adozione è una croce che genitori e figli si caricano insieme sulle spalle, sopportandola, cercando di alleviarne il dolore e anche amandola, in quanto parte della storia del figlio. Ma fa male vedere un figlio che soffre per il suo passato. Fa male provare ad amarlo senza riuscire a scalfire minimamente il suo dolore. Ci siamo adottati a vicenda. E non c’è un giorno in cui non ci svegliamo pensando che ne è valsa la pena; che tutta questa fatica non è vana; che questa croce, anche se dolorosa, nasconde un segreto di felicità.
Signore Gesù, che hai raccolto lo sguardo delle donne di Gerusalemme.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai asciugato lacrime e consolato cuori.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai percorso con coraggio la via della croce.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che sei andato incontro alla croce
ad occhi aperti e con cuore pronto,
ascolta le nostre suppliche:
concedi ai genitori e ai loro figli adottivi
di crescere insieme come famiglie accoglienti
e a tutti noi di collaborare alla gioia del prossimo.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». (Lc 23, 33-38)
Siamo una madre e due figli. Da oltre sette anni siamo una sedia a tre gambe invece che quattro: bellissima e di valore, anche se un pochino instabile. Sotto la croce ogni famiglia, anche la più sbilenca, la più dolente, la più strana, la più monca, trova il suo senso profondo. Anche la nostra. Abbiamo sperimentato, non senza lacrime e dolore, che Gesù in quell’abbraccio di travi inchiodate ci guarda e non ci lascia mai soli.
Ci affida non solo a un generico amore del creatore rispetto alle sue creature ma ci consegna a un amico, a una madre, a un figlio, a un fratello. A una Chiesa che, con tutti i suoi difetti, tende la mano e, per quanto impossibile possa sembrare, sostiene a tratti il peso per noi consentendoci di tanto in tanto di riprendere fiato. L’amore si moltiplica perché è gratuito, anche quando ho la tentazione di capire perché, se “ha salvato gli altri… se è il Cristo di Dio, il suo eletto”, non abbia potuto salvare anche mio marito. Ma la ferita di Uno sulla croce è eredità, legame e relazione insieme. L’Amore si fa reale, perché, nel nostro abisso e nei nostri disagi, non siamo abbandonati.
Signore Gesù, che hai steso le braccia sulla croce.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che per salvare noi non hai salvato Te stesso.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai perdonato i tuoi uccisori.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che con le braccia aperte in croce
stringi a Te chi è solo e abbandonato,
ascolta la nostra preghiera:
concedi alle famiglie colpite dalla perdita di un genitore
di sentirti presente nel loro dolore,
e a tutti noi di saper piangere con chi piange.
Tu che vivi e regno nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
XI stazione
Gesù promette il Regno al buon ladrone
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero Gesù e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Uno dei malfattori disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso». (Lc 23, 33. 42-43)
Solo adesso sorridiamo ricordandoci tutte le aspettative che avevamo messo su nostro figlio. Lo avevamo cresciuto perché fosse felice, perché si realizzasse. Perché seguisse le orme del nonno. Sì, forse, avremmo voluto per lui una vita diversa. Una famiglia, un lavoro, dei figli, dei nipoti. Insomma la “normalità”. Avevamo già vissuto la sua vita al posto suo. E invece sei arrivato Tu e hai sconvolto tutto. Hai distrutto i nostri sogni per qualcosa di più grande. Hai fatto in modo che la sua vita non seguisse la logica del “si è sempre fatto così” e lo hai chiamato a Te. Ma come? Perché proprio lui? Perché proprio nostro figlio? All’inizio non l’abbiamo presa bene. Lo abbiamo contrastato. Lo abbiamo abbandonato. Credevamo che la nostra freddezza lo avrebbe fatto tornare sui suoi passi. Abbiamo provato a insinuare nella sua testa il dubbio che stesse sbagliando tutto. Come due malfattori. Ma abbiamo capito che non si può lottare contro di Te. Noi siamo un vaso e Tu sei il mare. Noi siamo una scintilla e Tu sei il fuoco. E allora, come il buon ladrone, anche noi ti chiediamo di ricordarti di noi quando entrerai nel tuo Regno.
Signore Gesù, che sei morto come un malfattore.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che hai trasformato la croce in un trono regale.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che ci hai aperto le porte del paradiso perduto.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che ci hai rivelato i misteri del tuo Regno,
dove il più grande è colui che serve,
ascolta le nostre suppliche:
guida i genitori a servire la vocazione dei figli
e dona a tutti noi di essere tuoi fedeli discepoli.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
XII stazione
Gesù dona la Madre al discepolo amato
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. (Gv 19, 25-27)
Eravamo in cinque in casa: io, mio marito e i nostri tre figli. Cinque anni fa la vita si è complicata. Una diagnosi difficile da accettare, una malattia oncologica scritta ogni istante sul volto della figlia più piccola. Una malattia che, pur non avendo mai spento il suo sorriso, ha reso lo stridore dell’ingiustizia che vivevamo ancora più doloroso. Malgrado le “beffe” di cui il dolore sembrava averci già ricoperto, dopo solo sei anni di matrimonio mio marito ci ha lasciato per una morte improvvisa, mettendoci su una strada di solitudine straziante, durante la quale in due anni abbiamo accompagnato la piccola di casa al suo ultimo saluto. Sono passati cinque anni dall’inizio di questa avventura che non abbiamo assolutamente compreso razionalmente, ma la certezza è che questa grande croce è stata abitata dal Signore e lo è ancora oggi. “Dio non chiama chi è capace ma rende capace chi chiama”: questo ci disse un giorno una suora, e queste parole ci hanno cambiato la prospettiva di vita negli ultimi anni. La menzogna più grande con cui abbiamo combattuto era quella di non essere più famiglia. Non conosco altro modo per rispondere al mio cuore e al mio dolore nella carne, se non quello di affidarmi al Signore che vive questo pezzo di strada terrena con me. Tante volte, nelle sedute di chemioterapia di mia figlia, mi sono sentita come Maria sotto la croce; ed è quella esperienza che mi fa sentire oggi – anche se solo per un pezzetto – madre del mio Signore.
Signore Gesù, che hai conosciuto lo strazio degli affetti.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che non hai dato alla morte l’ultima parola.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che ci hai donato per testamento la tua stessa Madre.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che prima di spirare hai voluto
consegnarci tua Madre e affidare noi alle sue cure,
ascolta le nostre suppliche:
concedi alle famiglie segnate dalla morte di un figlio
di custodire la grazia ricevuta con il dono della loro vita
e a tutti noi, nella consolazione dello Spirito, di raccogliere le tue ultime volontà.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
XIII stazione
Gesù muore sulla Croce
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. (Mc 15, 34. 36-37)
La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore. “Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?”. Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci. Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare.
Signore Gesù, che ci hai amato sino alla fine.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che, morendo, hai distrutto la morte.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che, esalando l’ultimo respiro, ci hai donato la vita.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che dal tuo costato trafitto
hai fatto sgorgare la riconciliazione per tutti,
ascolta le nostre umili voci:
dona alle famiglie distrutte da lacrime e sangue
di credere nella potenza del perdono
e a tutti noi di costruire pace e concordia.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
XIV stazione
Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria. (Mt 27, 59-61)
Ormai siamo qui. Siamo morti al nostro passato. Avremmo voluto vivere nella nostra terra, ma la guerra ce lo ha impedito. È difficile per una famiglia dover scegliere tra i suoi sogni e la libertà. Tra i desideri e la sopravvivenza. Siamo qui dopo viaggi in cui abbiamo visto morire donne e bambini, amici, fratelli e sorelle. Siamo qui, sopravvissuti. Percepiti come un peso. Noi che a casa nostra eravamo importanti, qui siamo numeri, categorie, semplificazioni. Eppure siamo molto di più che immigrati. Siamo persone. Siamo venuti qui per i nostri figli. Moriamo ogni giorno per loro, perché qui possano provare a vivere una vita normale, senza le bombe, senza il sangue, senza le persecuzioni. Siamo cattolici, ma anche questo a volte sembra passare in secondo piano rispetto al fatto che siamo migranti. Se non ci rassegniamo è perché sappiamo che la grande pietra sulla porta del sepolcro un giorno verrà rotolata via.
Signore Gesù, tolto dal legno della croce da mani amiche.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che fosti sepolto nella tomba nuova di Giuseppe d’Arimatea.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che non hai conosciuto la corruzione del sepolcro.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che sei disceso agli inferi
per liberare Adamo ed Eva con i loro figli dall’antica prigionia,
ascolta le nostre suppliche per le famiglie dei migranti:
strappale dall’isolamento che uccide
e concedi a tutti noi di riconoscerti in ogni persona
come nostro amato fratello e sorella.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
Preghiera finale
Padre misericordioso,
che fai sorgere il sole sui buoni e sui cattivi,
non abbandonare l’opera delle tue mani,
per la quale non hai esitato
a consegnare il tuo unico Figlio,
nato dalla Vergine,
crocifisso sotto Ponzio Pilato,
morto e sepolto nel cuore della terra,
risuscitato dai morti il terzo giorno,
apparso a Maria di Magdala,
a Pietro, agli altri apostoli e discepoli,
sempre vivo nella santa Chiesa,
suo Corpo vivente nel mondo.
Tieni accesa nelle nostre famiglie
la lampada del Vangelo,
che rischiara gioie e dolori,
fatiche e speranze:
ogni casa rifletta il volto della Chiesa,
la cui legge suprema è l’amore.
Per l’effusione del tuo Spirito,
aiutaci a spogliarci dell’uomo vecchio,
corrotto dalle passioni ingannatrici,
e rivestici dell’uomo nuovo,
creato secondo la giustizia e la santità.
Tienici per mano, come un Padre,
perché non ci allontaniamo da Te;
converti al tuo cuore i nostri cuori ribelli,
perché impariamo a seguire progetti di pace;
porta gli avversari a stringersi la mano,
perché gustino il perdono reciproco;
disarma la mano alzata del fratello contro il fratello,
perché dove c’è l’odio fiorisca la concordia.
Fa’ che non ci comportiamo da nemici della croce di Cristo,
per partecipare alla gloria della sua risurrezione.
Egli vive e regna con Te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
R/. Amen.
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