IL RE PERDE TRONO E DIGNITÀ
Solo 9 voti sui 14 necessari nelle prime 3 votazioni, Baldassarre lo sfiducia in Aula
Anziché dimettersi, come suggerito da Pittella, fa una sospensione di «10 minuti» che dura 24 ore
POTENZA. La crisi politica più lunga e più pazza del mondo a cui abbiamo mai assistito. È questo in sintesi l’esito del Consiglio regionale di ieri il cui unico punto all’ordine del giorno era l’elezione del Presidente del Consiglio regionale. Per l’uscente presidente del parlamentino lucano, il leghista Carmine Cicala una netta fumata nera.
Per ben tre volte il leghista non ha raggiunto i voti sufficienti per la rielezione. E non si intende le 14 preferenze necessarie per le prime tre elezioni, ma gli 11 voti che gli avrebbero permesso di arrivare alla quarta votazione con la sicurezza matematica di ottenere un secondo mandato.
IN FRANTUMI L’ACCORDO ROMANO
Le premesse della seduta del Consiglio di ieri erano note da giorni. Nonostante l’accordo raggiunto tra i partiti della maggioranza c’era già da un pezzo, siglato a Roma dai vertici del centrodestra, e prevedeva la rielezione del presidente uscente Cicala i franchi tiratori hanno mandato tutto all’aria.
Si riapre, dopo la mancata rielezione di Cicala, nuovamente la crisi nel centrodestra regionale che già lo scorso mese aveva portato a ben due rimpasti di Giunta in meno di una settimana. La seduta riaggiornata a questa mattina potrebbe però non avere ancora la quadra a portata di mano e non è detto che nella notte si sia trovato un accordo che tolga il governatore lucano Bardi dall’imbarazzo e Cicala da una lunga e lenta agonia.
IL DISSIDENTE BALDASSARRE
Il colpo di scena è stato messo in atto dal consigliere Vincenzo Baldassarre. Si mormorava da giorni che l’ex assessore all’Agricoltura non si sarebbe allineato alla scelta della maggioranza di convergere su Cicala. Il consigliere regionale, ritornato da poco in IDeA, deve ancora digerire il sacrificio delle dimissioni dalla Giunta per permettere a Bardi di ricucire con il Bardi ter lo strappo con FdI. E così ad avvio dei lavori Baldassarre ha chiarito che non avrebbe votato il candidato espresso dalla maggioranza e che per protesta non avrebbe ritirato la scheda di voto.
Si è aperta con una prospettiva piena di incognite l’elezione del presidente del Consiglio regionale.
LE VOTAZIONI
Nei primi tre scrutini per l’elezione del nuovo presidente del parlamentino lucano servivano 14 voti su 21 consiglieri aventi diritto. Ai 13 voti della maggioranza si sarebbero dovuti sommare i voti dell’opposizione. Una possibilità ben lontana dal potersi concretizzare. Infatti, per i primi tre scrutini su 20 presenti si è proceduto a 7 schede bianche, 1 nulla e 9 per Cicala. A queste va aggiunta l’astensione al voto di Baldassare e l’assenza di Vizziello e Zullino.
I due leghisti pur presenti nel palazzo regionale dopo la dichiarazione di voto del collega Baldassarre hanno abbandonato l’Aula proprio durante le operazioni di voto. Assenze non di poco conto, considerato che gli scrutini decisivi sono quelli dalla quarta votazione in poi in cui i voti necessari per l’elezione sono 11. Infatti, ai 9 voti già ottenuti da Cicala bastava si aggiungessero solo altre 2 preferenze per riconfermare la rielezione.
Ma con il dissidente Baldassarre e l’assenza a questo punto strategica di Vizziello e Zullino la rielezione per il presidente uscente si è mostrata come un miraggio. Anche perchè dall’opposizione il salvagente di salvataggio non sarebbe mai arrivato.
Motivo che ha spinto il capogruppo della Lega Cariello a chiedere 10 minuti di sospensione per provare a risanare il gruppo.
ZULLINO E VIZZIELLO VERSO ESPULSIONE DALLA LEGA
I 10 minuti più lunghi della storia. Il presidente scaduto, Carmine Cicala, aveva aggiornato la seduta «a massimo 10 minuti».
Dopo quasi 5 ore di sospensione ola notizia è che la seduta riprenderà oggi alle 11. Non c’è intesa sul nome del presidente uscente che alle prime tre votazioni non ha raggiunto il quorum.
Trattative fino a notte inoltrata per andare alla quarta chiama oggi e individuare il nuovo inquilino al vertice del Consiglio in via Verrastro.
L’unica soluzione per mantenere gli equilibri di maggioranza è però che esso debba essere individuato all’interno della Lega, altrimenti si rischia la tenuta generale del governo.
A quanto si apprende da rumors, la Lega perderebbe due pezzi: Zullino e Vizziello verso l’espulsione? Una notizia plausibile considerato che dopo la presa di posizione di Baldassarre sono stati proprio i due colleghi di partito di Cicala a non sostenerlo nella rielezione.
Zullino di fatti aveva già la scorsa settimana annunciato l’intenzione di far venir meno il suo voto su Cicala, al quarto scrutinio se non avesse ottenuto almeno 13 voti (vale a dire le preferente dell’intera maggioranza) nei primi tre scrutini. Stessa linea appoggiata dal collega di partito Vizziello.
Ma se oggi i due dovessero mantenere la linea di “dissidenza” che non coincide con le indicazioni di partito i vertici del Carroccio potrebbero valutare l’idea di sospenderli dal partito.
CICALA ALLA RICERCA DI VOTI
Il problema della rielezione per il presidente uscente non è solo interno alla Lega.
Certamente il Carroccio è il suo partito e almeno i suo compagni avrebbero dovuto sostenerlo in pieno. Ma facendo due calcoli è chiaro che nelle prime tre votazioni, con solo 9 preferenze per Cicala, oltre al voto mancante di Baldassarre, Vizziello e Zullino c’è qualcun altro della maggioranza che non lo ha sostenuto. La conta finale dei voti per il presidente in proroga è impietosa.
Le schede bianche o nulle potrebbero essere tanto della consigliera Dina Sileo che si è autosospesa della Lega passando al Gruppo misto, che non ha risparmiato critiche sulla gestione del suo ex partito, tanto del capogruppo di FI Francesco Piro, in protesta con la maggioranza dopo l’esito dell’ultimo rimpasto di Giunta.
Se nella notte Cicala non fosse riuscito a convincere i due colleghi di partito dovrà anche trovare chi nel resto della maggioranza non gli ha confermato la preferenza.
Se non dovesse neanche nel quarto scrutinio raggiungere almeno 11 voti per il leghista è chiaro che solo un salvagente lanciato dall’opposizione potrebbe salvarlo.
Anche se all’interno della minoranza Cicala non parrebbe godere di grandi estimatori.
LA REGIONE FERMA AL PALO
Se neanche oggi la maggioranza riuscisse a compattarsi su un nome a uscirne sconfitto è l’intero sistema regionale, non solo Cicala.
L’assenza di un nuovo UdP vorrebbe dire il prolungarsi ancora della paralisi dell’attività consiliare, come la mancata nomina delle commissioni o l’approvazione del bilancio che il 31 aprile finirà anche la sua proroga.
Con quanto ne consegue in termini di spesa per la Regione e gli Enti sub regionali.