«CONQUISTA DI UN DIRITTO RIVOLUZIONARIO»
L’avvocato Domenico Pittella: «La sentenza della Corte Costituzionale è un risultato storico»
L’INTERVISTA AI FIGLI IL COGNOME ANCHE DELLA MADRE, IL DIFENSORE DELLA COPPIA DI LAGONEGRO SPIEGA A CRONACHE I DETTAGLI
Non sarà più automatica l’attribuzione del cognome paterno: le norme che lo prevedono sono illegittime.
Ora i nuovi nati potranno portare quello di entrambi i genitori, a meno che loro stessi decidano diversamente: «Un risultato storico – afferma l’avv. Domenico Pittella che, insieme all’avv.
Giampaolo Brienza, con cui ha seguito la causa – per cui ci siamo battuti e siamo riusciti a portare il caso davanti alla Corte Costituzionale, affinché questo caso venisse accolto».
LA SENTENZA DOPO IL RICORSO DI DUE AVVOCATI LUCANI
Grazie alla Corte Costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, si conquista un diritto storico, non solo per le donne, finora negato dall’articolo 262 del codice civile, quello di poter dare ai propri figli il proprio nome.
Cade un retaggio culturale che ha dettato le regole per il cognome da assegnare al figlio nato.
Ma da oggi tutto questo finisce. Uomini e donne sono esattamente sullo stesso piano. Senza le gerarchie obbligatorie che finora hanno, in base alle leggi e ai codici, assegnato la primazia al cognome del padre.
Con due grandi novità rispetto al passato: da oggi, i genitori potranno dare anche solo il cognome della madre, oppure, qualora non ci fosse accordo tra i genitori, il nato non avrà più assegnatoli il cognome del padre, ma porterà il cognome di entrambi. «La pronuncia è indubbiamente rivoluzionaria.
Questa è una conquista storica – enfatizza Pittella – non solo nell’interesse delle madri italiane, ma anche per quello dei nati perché può avvenire solo in un contesto familiare in cui è sovrano il principio di eguaglianza fra genitori, in cui è possibile sviluppare un’identità del nato in armonia con i principi fondamentali accolti dalla nostra Carta costituzionale».
IL CASO
Il caso in questione è nato dalla vicenda di una coppia lucana, due genitori, che inizialmente si è rivolta ai magistrati del tribunale di Lagonegro chiedendo che fosse consentita la possibilità di attribuire al terzo figlio il solo cognome materno, lo stesso degli altri due figli nati quando la coppia stessa non era ancora sposata.
Ma Lagonegro respinse la richiesta e la decisione venne impugnata davanti alla Corte di Appello di Potenza, che accolse il reclamo.
«I nostri assistiti – spiega Pittella – volevano dare il cognome della sola madre perché avevano due figlie riconosciute solo in un secondo momento dal padre. Quindi le figlie – continua l’avvocato – che sono state riconosciute in un primo momento solo dalla madre, hanno quindi portato il solo cognome materno.
Al momento del riconoscimento di entrambi i genitori, nel loro interesse, hanno deciso di non aggiungere il cognome paterno perché la loro identità si era ormai formata».
Con la nascita dell’ultimo nato, la coppia, aveva intenzione di attribuire il solo cognome materno, il medesimo delle sorelle, per «garantire – spiega l’avv. Pittella – un’omogeneità e la costituzione di un’identità in armonia con le consanguinee».
Alla luce del quadro normativo vigente, però, gli assistiti sarebbero stati costretti a scegliere tra il dare entrambi i cognomi all’ultimo nato «pregiudicandone la formazione della sua identità e armonia con le sorelle o, addirittura – evidenzia Pittella – cambiare il cognome delle sorelle che avevano già sviluppato una propria identià ben definita: una scelta – incalza – che sarebbe stata davvero paradossale ed in palese contrasto con i principi della Carta costituzionale».
La regola del cognome paterno era un qualcosa che poteva spiegarsi alla luce di una concezione patriarcale della famiglia. Oramai, si spera, sorpassato.
Così come la disposizione superata nel 1975, quello dell’art. 144 del Codice Civile, secondo cui “il marito è il capo della famiglia e la moglie assue il cognome del marito”, come una sorta di vessillo, un elemento che ne rappresentasse l’appartenenza della famiglia all’esterno.
«Un’orba superata», la definisce Pittella. Ebbene, così come il cognome da acquisire dal marito non più come scelta obbligata, al pari la regola del cognome dei figli sarà quello di entrambi i genitori, salvo che i genitori, d’accordo tra loro, decidano di dare il solo cognome della madre o del padre o di entrambi.
Il messaggio di una pronuncia della Corte Costituzionale che farà sicuramente giurisprudenza e che ha avviato la consapevolezza che da oggi per ogni nato quella del cognome è una scelta condivisa tra i genitori.
«Senza più quell’automatismo del cognome del padre – spiega Pittella – una pronuncia, perciò, fondamentale perché è all’insegna del prinicipio di eguaglianza e parità tra i genitori – enfatizza Pittella – e all’insegna del “best interest”, ossia del miglior interesse per il nato, perché il suo migliore interesse è quello di crescere in una famiglia in cui regna sovrano il principio di parità fra i genitori».
Oggi cade dunque l’articolo 262 del codice civile e con questo accade anche il “miracolo” della piena parità giuridica uomo-donna che piccona il patriarcato e che pare essere divenuta una realtà possibile.
Oggi la decisione è stata presa. A partire dai diritti di un figlio. Un’occasione di riscatto per riequilibrare le normative sulla parità di genere.
UNA DOPPIA SODDISFAZIONE DA PROFESSIONISTA E DA UOMO
«Per me è un risultato fondamentale – spiega Pittella – sia perché studio il Diritto civile da anni, ho conseguito il dottorato di ricerca in diritto civile e insegno diritto civile – dunque una vita votata in funzione di questo – è un tema sul quale ho studiato tanto tempo e investito tante battaglie per arrivare a questo tipo di risultato».
«Tutti noi – conclude Pittella – possiamo migliorare l’ordinamento giuridico per metterlo in linea con i principi e i diritti fondamentali e sento di esserci riuscito dopo tanta fatica e tanto impegno.
Sono emozionato, soddisfatto e felice ».