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DALL’ESALTAZIONE, ALL’AUTOFUSTIGAZIONE

Cose mai viste, per l’insulto sessista Leone si autoassegna la punizione che non condivide


I sindacati davanti alla Regione chiedono le dimissioni. E pure Bardi si piglia la pizzicata e stigmatizza


POTENZA. Ci sono volute quasi 24 ore per vedere Rocco Leone abbassare la testa e pronunciare la fatidica frase che tutti si sarebbero aspettati molto ma molto prima: «Esprimo le mie più sentite e sincere scuse all’assessore Merra».

DALLA «BATTUTA GOLIARDICA» AL «RISPETTO DI OGNI ESSERE UMANO»

Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia dopo un primo tentativo di derubricare la sua frase sessista a «battuta goliardica» rivolta all’assessora Donatella Merra, travolto dall’ondata di sdegno da lui stesso sollevata è stato costretto a farsi un vero e proprio esame di coscienza.

L’ex assessore alla Sanità probabilmente non si sarebbe mai aspettato che con la frase «le ho consigliato gargarismi di pisello», rivolta alla Merra durante i lavori del Consiglio regionale, l’intera nazione gli puntasse il dito contro e lo invitasse (in modo non proprio gentile) a dimettersi dalla sua carica istituzionale.

La notte, però, si dice che porta consiglio. E a quanto pare il meloniano dopo aver accantonato la prima frase detta di getto all’Ansa sull’accaduto, ha preferito fare un “mea culpa” decisamente più incisivo: «Quanto accaduto ieri mi ha profondamente segnato. Esprimo le mie più sentite e sincere scuse all’assessore Merra, a cui mi lega un rapporto di assoluto e reciproco rispetto, che sono certo sappia benissimo che non volevo in alcun modo mancarle di rispetto né istituzionale tantomeno personale.

Sento di dovere delle scuse anche alle donne, alle mamme, ai lucani tutti che mi hanno scelto quale loro rappresentante». Invitando «tutti, a mettere da parte il falso moralismo di circostanza, e cominciare a pensare, parlare e soprattutto agire nel rispetto di ogni essere umano».

L’AFFONDO AI COLLEGHI DAL «MORALISMO POSTUMO»

Leone in questi quasi tre anni di governo regionale targato Vito Bardi è stato più volte oggetto di “scivoloni”.

I suoi modi sono noti ai più, certamente genuino ma poco propenso al politichese. E probabilmente poco incline a comprendere velocemente le conseguenze che una frase detta di getto potrebbe causare.

Questa volta, però, Leone non si è nascosto. A certo sì aspettato quasi 24 ore per scusarsi, ma pare lo abbia fatto con sincerità. D’altronde non è stato l’unico esponente di centrodestra ad attendere più miti consigli. Basta pensare che a serata molto ma molto inoltrata di lunedì sono giunti i primi messaggi di solidarietà alla Merra dal centrodestra.

Senza tener conto di qualche collega di Leone che ha provato anche far passare come la frase fosse stata «pronunciate fuori dal contesto istituzionale». Probabilmente le operazioni di voto per l’elezione del Presidente del Consiglio non rientrano in un contesto istituzionale. Buono a sapersi. Non a caso è lo stesso Leone che dopo essersi scusato non si è lasciato scappare l’occasione di accusare i colleghi di «moralismo postumo totalmente ipocrita e strumentale». Già, anche ieri da queste colonne ci siamo chiesti come mai oltre a provare a coprire il microfono durante le parole di Leone nessun consigliere abbia provato a fargli chiedere scusa in diretta all’assessora Merra.

L’APPELLO AL SUO PARTITO

Per Leone però le scuse vanno rivolte anche «Al mio partito, a cui ho certamente creato imbarazzo, soprattutto perché rappresentante di una storia fatta di uomini e di donne altamente legati al senso di rispetto e di garbo e sicuramente lontano da atteggiamenti irriguardosi in sedi private ed istituzionali ».

Bisogna capire se la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni provi a mettere in campo quanto più volte asserito sul sessismo di cui lei stessa è stata più volte vittima.

Arriverà la richiesta di lasciare il partito e anche le contestuali dimissioni? «Il mio più forte rammarico – ha aggiunto Leone, per il quale molti hanno chiesto le dimissioni – è che una pessima frase pronunciata come battuta tra colleghi, perché di questo si tratta, carpita da un microfono, possa oscurare il mio impegno professionale, sociale e solo da ultimo politico a sostegno delle donne.

Ricordo a me stesso, prima ancora che agli altri, che la mia vita è sempre stata devoluta al sostegno delle donne e ancor più delle mamme e dei loro bambini e decine di anni di dedizione non possono essere cancellate da una frase».

L’AUTO PUNIZIONE

Dopo le scuse l’ex assessore alla sanità ha deciso anche di mettere nero su bianco in una lettera inviata all’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale «nonostante nel mio contegno non si ravvisino gli estremi delle previsioni di cui al comma quinto dell’art. 59 del Regolamento interno del Consiglio Regionale, l’intenzione di astenermi, a titolo di autocensura, dalla partecipazione alle sedute del Consiglio e delle Commissioni per due settimane a decorrere dalla data di ieri, rinunciando ai corrispondenti emolumenti».

Concludendo: «Certo, quel microfono ieri era casualmente aperto, e io da uomo di istituzione, sono pronto a pagare le conseguenze della leggerezza nel pronunciare quella frase (che ribadisco ritenere pessima)».


 

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