MARIO DRAGHI IN SORRENTO
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è intervenuto a Sorrento all’apertura dei lavori del Forum “Verso sud: la strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo”
13 Maggio 2022
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è intervenuto a Sorrento all’apertura dei lavori del Forum “Verso sud: la strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo”
Intervento del Presidente Draghi al Forum “Verso sud: la strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo”
Venerdì, 13 Maggio 2022
Signor Presidente della Repubblica,
Presidente Fico,
Vicepresidente Šuica,
Presidente De Luca,
Sindaco Coppola,
Sindaco Manfredi,
Prefetto Palomba
Ambasciatori e autorità tutte, e illustri ospiti,
sono davvero felice di essere oggi a Sorrento per questo incontro.
Voglio ringraziare la ministra Carfagna per la splendida iniziativa e per l’invito.
Dalla formazione di questo Governo, il Sud è al centro dell’azione dell’esecutivo, delle nostre politiche di rilancio del Paese.
Vogliamo che il Mezzogiorno torni ad avere la centralità che merita, in Italia e in Europa.
Il quadro geopolitico che ci muta davanti presenta rischi, ma anche opportunità, in particolare per i Paesi del Mediterraneo.
La giornata di oggi è un segno della nostra volontà di immaginare e costruire un Sud diverso.
Un Mezzogiorno protagonista delle grandi sfide dei nostri tempi.
L’evoluzione delle politiche pubbliche per il Meridione è spesso rappresentata come una successione di inevitabili sprechi, fallimenti.
La storia economica del Sud nel Secondo Dopoguerra è però più complessa di come raccontano questi pigri pregiudizi.
Dagli anni ’50 fino alla crisi petrolifera del ‘73, sospinto anche dagli investimenti pubblici, il Sud è cresciuto a una velocità superiore al Nord.
In quel periodo il rapporto tra il prodotto interno lordo pro capite del Mezzogiorno e quello del Centro-Nord è migliorato di 10 punti percentuali – dal 55 al 65 per cento.
Tra la seconda metà degli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000, le politiche di investimento hanno contribuito a restringere la forbice tra Nord e Sud, con impatti positivi sull’occupazione.
Il Sud non era – e non è – dunque destinato a rimanere indietro.
Prenderne atto non vuol dire cedere “all’inconsistente miraggio di un diverso corso della nostra storia”, per citare il meridionalista Manlio Rossi-Doria.
Vuol dire individuare come questo corso possa essere corretto, nell’interesse di tutti.
Il Mezzogiorno ha tutto il potenziale per convergere rapidamente verso il Centro-Nord.
Per farlo, serve prima di tutto la giusta collaborazione tra investimenti pubblici e privati;
Serve rafforzare la capacità amministrativa, a partire dalla giustizia, formare le competenze necessarie;
E serve puntare sui talenti troppo spesso lasciati ai margini, a partire dai giovani e dalle donne.
L’Italia e l’Unione Europea devono collaborare per agevolare questo processo.
Questo è lo spirito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che destina almeno il 40% dei fondi al Sud – finanziamenti che si sommano a quelli del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Con il PNRR riduciamo i divari territoriali nei servizi, in particolare nell’istruzione, tramite investimenti mirati nella scuola, nella ricerca, nelle università.
Dobbiamo fare in modo che tutti i cittadini italiani possano accedere a servizi della stessa qualità e con la stessa facilità.
Al tempo stesso, con il PNRR sviluppiamo al Sud una politica industriale improntata all’innovazione in filiere strategiche, come quella dei semiconduttori e della mobilità sostenibile.
Lo facciamo in pieno raccordo con gli enti territoriali – i veri protagonisti del PNRR.
Perché siamo consapevoli che le realtà amministrative e imprenditoriali locali conoscono il loro territorio molto meglio di quanto si possa da Roma o da Bruxelles.
I finanziamenti, da soli, non bastano: serve la capacità di utilizzarli bene e in tempi certi.
Purtroppo, questa capacità è spesso minore proprio dove gli investimenti sono più necessari.
Per assicurarci che i fondi siano impiegati in modo efficiente, rafforziamo gli enti locali con l’assunzione di professionalità tecniche.
La struttura del PNRR prevede che lo stanziamento di finanziamenti sia vincolato al rispetto delle scadenze, al raggiungimento di precisi obiettivi.
Dobbiamo procedere rapidamente con l’agenda di riforme concordata con l’Unione Europea, per non perdere accesso ai finanziamenti e superare le fragilità strutturali che hanno rallentato la crescita dell’Italia e del Sud.
Il “mar tranquillo” che abbiamo vicino – per citare il poeta sorrentino Torquato Tasso – ci ricorda quanto la prosperità del Mezzogiorno sia dipesa, e continui a dipendere anche dal Mediterraneo.
È grazie agli scambi marittimi che le città del Sud – e penso ora alla Repubblica di Amalfi – sono state per secoli un motore dell’economia, della cultura, della storia d’Europa.
La vicinanza del Sud al cosiddetto “Grande Mare” è un vantaggio strategico da cogliere, un’opportunità da sfruttare.
Per farlo, c’è bisogno di adeguate politiche di investimento nazionali ed europee, che si integrino con le idee e il dinamismo delle realtà produttive locali.
Il Mezzogiorno è – come diceva Don Luigi Sturzo – “il ponte gettato dalla natura” fra il continente europeo e le coste dell’Africa e dell’Asia, un punto nazionale di scambi e di commerci.
In passato, le politiche di sviluppo del Mezzogiorno non hanno valorizzato abbastanza questa caratteristica.
Oggi l’area mediterranea ha un livello di integrazione inferiore alle sue potenzialità.
Circa il 90% del commercio nel Mediterraneo avviene tra Paesi dell’Unione Europea.
Appena il 9% sono scambi tra l’Europa e la sponda Sud del Mediterraneo.
Solo l’1% sono scambi tra i paesi della sponda Sud.
Per invertire la rotta, investiamo innanzitutto nelle infrastrutture.
Oltre metà dei fondi del PNRR e del Fondo Complementare in progetti infrastrutturali sono destinati al Mezzogiorno.
Stanziamo 1,5 miliardi per i porti del Sud, per renderli più efficienti, sostenibili, moderni.
Potenziamo l’alta velocità e miglioriamo il collegamento del sistema portuale al resto della rete, per facilitare il trasporto di merci.
Dobbiamo rafforzare la cooperazione tra Paesi del Mediterraneo anche nella politica energetica.
La guerra in Ucraina ha fatto emergere la pericolosità della nostra dipendenza dal gas russo.
L’Italia si è mossa con la massima celerità per diversificare le forniture di gas – e intende continuare a farlo.
E in tutto questo, il Sud è centrale. Allo stesso tempo, acceleriamo gli investimenti dell’energia rinnovabile, per migliorare la sostenibilità del nostro modello produttivo.
E a proposito di questo tutta l’attività nel campo del gas di cui si parla oggi, è necessaria perché siamo in un periodo di emergenza ma non avviene a scapito del raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica che abbiamo fissato, concordato nel nostro Paese e in Europa.
Per cui acceleriamo lo sviluppo dell’energia rinnovabile più di quanto abbiamo fatto fino ad ora. L’emergenza semmai spinge a una maggiore velocità degli investimenti in energie rinnovabili e questo per migliorare la sostenibilità del nostro modello economico, ma anche ormai per garantire quell’indipendenza energetica, economica e politica a cui tendiamo e a cui i tempi che stiamo vivendo ci portano.
I Paesi della sponda Sud del Mediterraneo sono un partner naturale su entrambi questi fronti.
Gli accordi che abbiamo concluso di recente con l’Algeria offrono un modello da seguire.
Vogliamo accompagnare la transizione energetica nell’intera regione e contribuire, insieme alle autorità locali, a creare nuova occupazione e opportunità di crescita.
Per rafforzare questi partenariati, dobbiamo lavorare per la stabilizzazione politica della regione mediterranea.
Mi riferisco in particolare alla Libia, un Paese dalle enormi potenzialità.
Ma penso, più in generale, ai rischi che la guerra pone alla stabilità dell’Africa, del Medio Oriente.
Il blocco delle esportazioni di grano dall’Ucraina rischia di provocare una crisi alimentare, che a sua volta potrebbe produrre instabilità politica ma soprattutto una crisi umanitaria di proporzioni straordinarie.
L’Italia intende continuare a essere in prima linea per costruire un futuro di pace e di prosperità in tutta la regione mediterranea.
Intendiamo investire da subito nella sicurezza alimentare, insieme al resto dell’Unione Europea, per rafforzare e rendere più integrate le catene di approvvigionamento.
Lo sviluppo dell’area mediterranea non può essere visto soltanto sotto il profilo delle politiche di coesione.
È, piuttosto, la risposta a una lunga serie di sfide comuni: l’autonomia energetica, la tutela dell’ambiente, il miglior inserimento dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro.
Va incontro all’esigenza di una maggiore integrazione europea, di una più forte proiezione dell’Europa nel Mediterraneo.
E dobbiamo costruirlo insieme – Governo e Regioni, pubblico e privato, Nord e Sud.
Un diverso corso della storia è possibile.