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IL PD SI SALVI DA LA REGINA

I dem spariscono dal territorio. Il csx non esiste, si salva solo Italia viva


Nei 22 comuni al voto arranca pure il cdx con i top player Pepe e Rosa che scalpitano nei box


DI MASSIMO DELLAPENNA


A quanto pare, la tanto attesa “Cura La Regina” nel Partito Democratico, il cambio generazionale voluto dalle vecchie glorie del Pd sta iniziando a produrre i suoi frutti in Basilicata. Se prima del cambio del segretario regionale il Pd non riusciva ad arrivare al ballottaggio né a Potenza né a Melfi né a Matera, con il cambio di segretario il Partito Democratico, che un tempo imperversava come dominatore incontrastato su tutto il territorio regionale, non riesce neanche a presentare la lista alle elezioni comunali di Policoro.

In pratica negli ultimi tre anni si è votato nelle principali città della nostra regione, nelle uniche città sopra i 15.000 abitanti dove il Consiglio si vota con il doppio turno che impone la presentazione di coalizioni, il Partito Democratico ha dimostrato di non esistere più sul territorio.

A Potenza ha vinto il sindaco leghista Guarente a capo di una coalizione di centrodestra in un ballottaggio al cardiopalma contro il candidato sindaco di una lista civica (Bianca Andretta, candidata ufficiale del centrosinistra non è arrivata al secondo turno), a Melfi il candidato sindaco del centrodestra ha vinto al primo turno, a Matera il ballottaggio ha visto vincente il M5S contro il centrodestra, a Policoro il Partito Democratico, forse per evitare brutte figure, ha preferito essere assente dalle elezioni comunali.

Soltanto a Pisticci, tra i Comuni più importanti della Regione, il Pd è riuscito ad arrivare al ballottaggio e vincere. Malgrado la presenza onnivora sui media, la continua evidenziazione della questione morale, la critica a qualsiasi azione compiuta dal centrodestra, La Regina è riuscito nell’intento di seppellire definitivamente il Partito Democratico in Basilicata.

IL GLADIATORE E IL GIOVANE MARIO

A sinistra, in verità, al di là delle retoriche sul nuovismo, riescono a dimostrare, seppure in contesti e con strategie diverse, una propria presenza e vitalità soltanto due poli di aggregazione. Da un lato il Gladiatore Pittella, dall’altro il govane Polese, due certezze nel centrosinistra, capaci in modo diverso di intercettare il consenso e di elaborare strategie e tattiche politiche malgrado l’afasia generale del centrosinistra. Nel caso di Pittella si deve, ovviamente, far riferimento all’intero nucleo familiare.

Gianni Pittella, da molti anche a sinistra dato per sconfitto dopo la non elezione al maggioritario al Senato in Basilicata col conseguente ricorso al seggio paracadute in Campania, ha avuto la forza e la capacità di ripiegarsi sul lavoro, di ripartire dal proprio Comune come sindaco che continua ad essere l’unica certezza nel campo del centrosinistra.

Marcello Pittella, da grande gladiatore qual è, risolte le vicende giudiziarie e di salute, senza cedere di un millimetro alle accuse della magistratura e dell’opinione pubblica anche interna al suo partito, ha ripreso centralità politica. In Consiglio regionale giganteggia in un mondo di nani, dispensa lezioni di politica e in molti (anche nel centrodestra) nel vedere la scena del Presidente Bardi in fuga davanti alle critiche consiliari di Leone, hanno pensato che Pittella non sarebbe mai fuggito.

Dall’altro lato del metodo nel centrosinistra, Mario Polese, uscito dalla scuola di Pittella, ha da tempo iniziato un suo percorso personale.

In Consiglio si è distinto (insieme a Braia) in una proposta politica chiara ma mai aggressiva, serena nei giudizi e in grado di intercettare il consenso anche nel mondo del centrodestra. Alle elezioni per il rinnovo della Presidenza del Consiglio ha superato abbondantemente i voti dell’opposizione e in molti, anche al di fuori del Palazzo, apprezzano la sue doti di moderazione e di mediazione senza che questo comporti la necessità di rinunciare ad una proposta politica alternativa

. I Pittella e Polese rappresentano, forse, l’unica vera forza di aggregazione nel centrosinistra al di là delle comparsate distruttrici di La Regina e della retorica giovanilista senza contenuti.


SE ATENE PIANGE, SPARTA NON RIDE

I dati forniti negli ultimi giorni dimostrano che il Governatore Bardi è all’ultimo posto nella graduatoria di gradimento tra i Presidenti delle Regioni, la Basilicata secondo i sondaggi, è (insieme alla Campania) l’unica Regione del Mezzogiorno dove il centrodestra perderebbe anche le elezioni politiche contro una coalizione tra i cinque stelle e il centrosinistra.

Il tutto malgrado un centrodestra che, come detto, ha vinto nelle due principali città della Provincia di Potenza, è arrivato al ballottaggio superando il centrosinistra nella città di Matera e, se dovesse conquistare anche Policoro, si troverebbe a governare 3 sulle 5 città sopra i 15.000 abitanti. L’azione del Governatore Bardi non ha il consenso dei lucani malgrado l’inesistenza del Partito Democratico.

CI VORREBBE UN PITTELLA A DESTRA

Quello che manca al centrodestra di Governo, forse, è proprio un Pittella. Manca, cioè, un gladiatore capace di interpretare l’ansia di cambiamento che ha portato il centrodestra a vincere per la prima volta le elezioni regionali in Basilicata. Ingessato nella sua smania di apparire “super partes”, chiuso in una visione istituzionalizzata del proprio ruolo, il Governatore non ha riscosso e non riscuote il consenso non soltanto della maggioranza dei lucani, ma neanche della maggioranza degli elettori del centrodestra.

Prima che Bardi fosse calato dall’alto e incaricato di guidare la coalizione da semisconosciuto al territorio, il centrodestra aveva due leader diversi e distinti. Da un lato il Sen. Pasquale Pepe, dall’altro l’ex assessore e storico leader di FdI Gianni Rosa.

Due leader a modo loro carismatici che hanno incarnato in modo diverso la voglia di cambiamento degli elettori lucani. In una sorta di tafazzismo politico entrambi sono stati periferizzati nei loro rispettivi partiti e nelle scelte del governatore. Certo tutte e due sono riusciti ad inserire due uomini di stretta loro fiducia (Galella e Fanelli) nella Giunta Regionale, ma nessuno dei due ha la personalità per essere un punto di aggregazione anche se il giovane Galella, malgrado le critiche iniziali, si sta muovendo bene nel suo settore di competenza.

LE PAROLE DI SOMMA

Francesco Somma, nella sua ultima uscita pubblica, ha detto una cosa sacrosanta che evidenzia il fallimento delle scelte del centrodestra di Governo evidenziando come non sia possibile rimanere schiavi della burocrazia che non decide e non da certezze.

Quello di Somma è un grido che rappresenta la voce dell’elettorato di centrodestra, di quel popolo lucano che chiedeva a gran voce di essere liberato dall’oppressione soffocante del mostro burocratico del Partito Regione e che non ha trovato ancora riscontro in un centrodestra che al Governo non è riuscito a dare una svolta reale e un cambiamento radicale.

Dopo tre anni di Governo non è cambiato niente, nessuna riforma della Sanità, nessun cambiamento nelle politiche di sviluppo, nessuna riduzione della macchina burocratica (ancora esiste l’ibrido Agrobios e nessun cambio politico al carrozzone Acquedotto Lucano per esempio…), come dimostrato da Cronache, addirittura gli uomini del sottogoverno sono sempre gli stessi con in testa l’ex Dg voluto all’Apt dal compagno Folino, Perri, messo alla gestione del Pnrr e con gli incarichi affidati sempre alle stesse persone.

Con il plenipotenziario dirigente del Pd Domenico Tripaldi che continua a mantenere lo stesso ruolo ed elargire prebende agli amici del centrosinistra, come se al governo ci fossero ancora i dem. Se il Pd di La Regina è scomparso dalla scena politica, il centrodestra maggioritario nelle elezioni amministrative rischia di perdere l’abbrivio a causa della zavorra del Governatore. Eppure da una parte e dall’altra ci sarebbero le risorse politiche per cambiare rotta.

Da una parte Polese e Pittella, dall’altra Pepe e Rosa potrebbero invertire le rotte di naufragio delle rispettive coalizioni. Sul Titanic, però, solo dopo l’affondamento si resero conto che l’iceberg esisteva davvero, fino a quel momento preferirono non leggere i messaggi che arrivavano ai marconisti.


 

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