L’ORIGINE DEL MALE
Voci lucane, l’appuntamento con le tematiche sociali che attanagliano il nostro tempo
DI ANTONIO SALERNO
LA QUESTIONE MERIDIONALE: STORIA ED ATTUALITÀ
Da circa centocinquant’anni eminenti studiosi si interrogano sulla questione meridionale. Riflettere sulle cause dello stato di arretratezza dell’economia, dei costumi e della cultura nelle regioni del sud dell’Italia è materia di studi che esulano dal lavoro giornalistico. Osservare però il contesto socioeconomico della nostra realtà più stretta, con qualche accenno anche alle questioni più generali e provare a trarne delle conclusioni attiene al compito dell’analisi giornalistica. È di certo questione spinosa e fors’anche pericolosa parlare della contemporaneità quando i problemi sono cocenti e le responsabilità hanno un nome e un volto ma lasciando tali questioni alla storia non si farebbe in tempo a trovare i rimedi per curare il male. La questione meridionale oggi, che coinvolge più di altre la Regione Basilicata, può essere identificata in primis con la questione della Giustizia.
UNA GUIDA
Platone, pur lungi dall’essere depositario di verità assolute ma comunque considerato il padre della ricerca nell’ambito della dottrina morale, riteneva che la giustizia si realizza quando ciascun cittadino assolve al proprio dovere ed ha ciò che gli spetta: ognuno deve scegliere ciò per cui è adatto e dedicarsi ad esso.
IL FAMILISMO
Ma tra le condizioni fondamentali alla realizzazione della giustizia dello Stato vi è l’abolizione della vita familiare. Qui Platone sicuramente estremizza il concetto, così com’è nel suo costume, però segna una strada quando affondando il colpo attribuisce allo Stato il ruolo di famiglia di ogni singolo individuo. Attualizzando e sgrossando quel concetto sicuramente possiamo ritrovarci nell’affermazione che “ l’interesse del singolo non può prescindere dall’interesse della collettività e non potrà essere realizzato senza il contributo di tutti i suoi membri che dovranno attendere al meglio ai compiti ad essi assegnati”.
CLIENTELISMO E MERITOCRAZIA
Sicuramente ottenere un posto di lavoro non meritato potrà risolvere un problema dell’individuo e della sua famiglia ma se consideriamo il fatto che tale prerogativa, quando eretta a sistema, viene svenduta su larga scala allora, con lo stesso diritto avremo insegnanti incapaci, medici inetti, servizi inadeguati, tecnici al soldo di mecenati, libero arbitrio nell’apparato della burocrazia, infrastrutture fatiscenti e non funzionali, abbandono sociale: una bolgia dantesca accomunata da un’unica cosa: “ il non aver meritato ciò che si è ottenuto”. Ne viene il non essere in grado, in molti casi, di svolgere il compito assegnato come avrebbe fatto qualcuno che fosse stato meritevole. Facendo rampollare deduzioni da deduzioni si giunge alla conclusione che per un vantaggio non spettante, riservato ad una parte di una comunità, tutti sono costretti a subire una infinità di disagi che infettano la vita del cittadino come una sespsi letale.
LA DEMOCRAZIA È UN VALORE SOLO A CERTE CONDIZIONI
Platone stesso, più di venti secoli prima di oggi, definiva la democrazia una forma di governo che può essere retta da leggi o governata contro le leggi. Ma nel secondo caso l’individualismo conduceva alla dissoluzione dello Stato. I discorsi astratti però, risultano utili quando possono essere calati nella realtà. La concessione per l’estrazione di combustibili fossili stipulata tra le compagnie, lo Stato e la Regione Basilicata prevede la compensazione ambientale sotto forma di risarcimento economico, le Royalty, ma anche sotto forma di lavori di manutenzione stradale, interventi ambientali e molto altro. Non vi è però l’obbligo di assunzione dei cittadini residenti nelle aree in cui insistono i giacimenti. In alternativa si è convenuto sulla necessità di dotare queste aree di risorse finanziarie sufficienti a promuovere iniziative imprenditoriali virtuose in grado di creare una occupazione diffusa, stabile, che sopravviva alle attività estrattive ma sopratutto che funga da trampolino per uno sviluppo culturale, la modernizzazione e l’efficientamento dei servizi e delle infrastrutture.
IL VOTO DI SCAMBIO
Il lucano però è tentato dalla via più comoda, più sicura, più breve: la raccomandazione per un “posto”. Per questo perde di vista il fatto che i costi per le materie prime che ENI o Total estraggono dal sottosuolo sono già contemplati nelle relative concessioni e ciò che viene chiesto alla politica, costretta dalla popolazione ad elemosinare, per quei posti di lavoro non dovuti potrebbe essere ben più alto: scarsa attenzione sulle norme di salvaguardia ambientale; scarsa tutela dei diritti dei lavoratori stessi; mancanza di un rigido monitoraggio delle quantità di materiali estratti, subappalti capestro, solo per fare qualche esempio teorico.
IL VANTAGGIO DELLE REGOLE
Ciò che il saggio filosofo avrebbe invece proposto in questo caso sarebbe stato un accordo, mediato dai sindacati, sull’assunzione di una percentuale di operai lucani nel settore delle estrazioni previa rigorosa selezione e formazione così da fornire le risorse umane e professionali migliori alle imprese in forma assolutamente legale e parallelamente mettere in pratica, sempre utilizzando criteri meritocratici e su tutto il territorio lucano, quello che è nello spirito della convenzione: l’avvio di una economia radicata nel territorio, che tenga conto delle risorse del territorio, eco compatibile, pensata per integrarsi nei processi economici nazionali ed internazionali: obiettivi ambiziosi da raggiungere su scala regionale. Questa economia assorbirebbe la forza lavoro rimasta fuori dall’ambito dell’industria petrolifera e dall’indotto rivalutando nel contempo tutte le risorse del territorio.
LE RESPONSABIITÀ
Ma riversare sulla gente tutte le colpe sarebbe tanto ingiusto quanto sbagliato. Il grande filosofo che abbiamo scelto come guida per questa riflessione ci dice che lo Stato dev’essere costituito da tre classi: i governanti; l’apparato della giustizia; i cittadini. A leggere le concessioni, le leggi e gli ordinamenti si può dire che i governanti, almeno sulla carta, il loro lavoro lo hanno fatto e continuano a farlo. Ai cittadini, soprattutto quando si trovano in uno stato di arretratezza, ignoranza, isolamento o di bisogno non si può chiedere nulla e in generale non gli si possono muovere critiche che non siano di ordine morale, anche secondo Platone per il quale “ in democrazia i cittadini sono liberi e ad ognuno è lecito di fare quello che vuole e…l’uomo democratico non è parsimonioso come l’oligarchico ma tende ad abbandonarsi a desideri smodati”. La nostra guida sembra averci condotto però ad un punto morto ove ad essere messo in discussione è la forma stessa dello Stato.
L’IMPORTANZA DELLE LEGGI
Ma proprio come ogni saggio consigliere alla fine ci offre la soluzione e lo fa nel dialogo di 12 libri intitolato “le leggi”. Perfettamente consapevole della debolezza dell’animo umano Platone ritiene indispensabile che in uno Stato bene ordinato vi siano leggi e sanzioni penali. La cultura classica che da sempre illumina chi opera nel campo del Diritto ha colto da qualche millennio questo aspetto fondamentale della vita pubblica mettendo a punto una infinità di regole, leggi, grida, decreti, statuti, bolle, ordinamenti che vanno dalla Carta Costituzionale ai diritti internazionali dell’uomo fino ai regolamenti condominiali contenuti nel Codice Civile. Quindi? Le regole, indispensabili per rendere ordinato uno Stato e per garantire una prospera e pacifica convivenza tra i cittadini, esistono! Per di più queste regole possono essere aggiornate e modificate, rese attuali o abrogate da un parlamento democratico. Esistono, ed hanno un costo altissimo, le cariche per coloro che hanno il compito di farle rispettare quelle leggi. Esistono sanzioni e pene da applicare ai trasgressori.
IL MOTORE PRIMO
Come si spiega allora il degrado morale, la corruzione delle menti e dei costumi che ci circonda? Come si spiega che dopo quasi un secolo dall’analisi del Banfield la Basilicata ancora non riesca ad uscire dal familismo amorale, atto di difesa estrema contro l’assenza e i soprusi da parte dei poteri dello Stato? Come si spiega il senso di sfiducia e di rassegnazione nei confronti della giustizia che permea la nostra società inducendola al “si salvi chi può”? Come si spiega l’arroganza, la negligenza e l’impunità assicurata all’apparato o come meglio si conviene definirlo “sistema” burocratico.
IL MEDIO EV
la pratica dei privilegi, delle leggi applicate arbitrariamente a seconda dei casi, della giustizia ad intermittenza, dell’impunità di cui godono i giudici che operano sotto la scritta “la legge è uguale per tutti”, della commistione tra i poteri dello Stato, dello spregio in cui viene tenuto l’uomo libero è un retaggio di una società medievale del quale le nuove generazioni dovranno liberarsi al più presto attraverso lo studio, la consapevolezza dei diritti e l’esercizio dell’impegno politico che rientra a far parte dei doveri fondamentali dell’uomo democratico.
EPILOGO
Con tristezza ma senza rassegnazione bisogna ammettere che per cominciare a ricostruire il Meridione e la Basilicata, al netto di tutti quelli che vanno a studiare alla Bocconi, a Londra o negli USA e sappiamo chi sono, per i nostri giovani, quelli che amano la nostra terra e vogliono investire le loro vite per farla crescere e prosperare sarà necessario partire dalla delicatissima questione della Giustizia senza la quale ogni legge, regolamento o principio etico posto a fondamenta della civile convivenza sotto l’ala del diritto non potrà mai rappresentare una via per il progresso o una tutela contro i soprusi e tanto meno un parametro da rispettare per vedersi riconosciuto il titolo di cittadino appartenente ad una comunità moderna.