MOSTRE, ‘L’INFERNO DI DANTE’, 60 OPERE DI PETTINICCHI
Un viaggio nell’Inferno della “Divina Commedia” attraverso le opere dell’artista molisano Antonio Pettinicchi
Un viaggio surreale nell’Inferno della Divina Commedia con ‘L’Inferno di Dante’, la mostra del compianto artista molisano Antonio Pettinicchi (Lucito 25 ottobre 1925-Bojano 24 giugno 2014), allestita alla Gil di Campobasso.
Un’esposizione, a cura di Vincenzo Manocchio (Artes), di 60 opere inedite del maestro appartenenti alla collezione della famiglia Cicchese per la prima volta esposte al pubblico che raccontano la visione di Pettinicchi dell’Inferno di Dante.
L’iniziativa, in collaborazione con la Fondazione ‘Molise Cultura’. La mostra, inaugurata il 13 maggio, resterà aperta fino al 3 luglio e potrà essere visitata, con ingresso gratuito, dal martedì alla domenica nei seguenti orari: 10-13 e 17-20. In questi giorni ha già fatto registrare un buon numero di presenze. “In essa – spiegano gli organizzatori – sorprendono la estemporaneità e la freschezza tecnica con le quali i temi si intersecano e a volte si sovrappongono in un susseguirsi di tratti grafici, macchie di colore e trasparenze di acquerelli con buona grazia della carta che li accoglie l’artista si spinge oltre il figurativo, a volte detestandolo con delle configurazioni deformanti il corpo umano, fino ad arrivare con grande, esclusiva maestria a forme incredibilmente astratte, quasi a voler dare per scontato e anacronistico la descrizione della figura umana”. Pettinicchi, dunque, “avverte la necessità in queste tavole di fissare l’espressione artistica individuale attraverso l’atto puro del dipingere estemporaneo. In queste opere l’impegno è maggiormente centrato sul gesto e sul segno entrambi concentrati sul rapporto forma-colore. Colore che intanto predomina nelle composizioni in varie tonalità del blu cobalto attraversate dal nero; quando questi due colori incontrano il rosso, si configura un quadro cromatico di elevatissimo sapore emotivo, messo in opera con pochi, estemporanei tratti a volte tormentati e violenti”. Insomma “una sorprendente interpretazione lontana dal racconto e dal volere a tutti i costi essere narrativa, ma rigorosamente legata all’arte per l’arte, all’arte senza condizionamenti di sorta”.