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COLPI A BANCOMAT CON TECNICA DELLA ‘MARMOTTA’

Otto persone sono state arrestate per associazione a delinquere

Otto persone sono state raggiunte da ordinanza di custodia cautelare – 7 arresti in carcere e un obbligo di dimora – per associazione a delinquere finalizzata al furto di auto, a fabbricazione, detenzione, porto e utilizzo in luogo pubblico di rudimentali ordigni esplosivi, le cosiddette marmotte, e a commettere furti aggravati ai bancomat di banche e uffici postali utilizzando tali ordigni.

Condotta dai Carabinieri del nucleo investigativo del Comando provinciale di Chieti, l’operazione è stata ribattezzata ‘Juliet’ perché l’auto che veniva rubata in varie parti del territorio e utilizzata per i furti era una Giulietta. Il provvedimento cautelare è del Gip del Tribunale di Chieti, Andrea Di Bernardino, su richiesta del sostituto procuratore Giancarlo Ciani.
In carcere sono finiti 4 uomini di Cerignola (Foggia) fra i 34 e i 37 anni, un napoletano di 32 anni, due foggiani di 30 e 22 anni. Obbligo di dimora per un 27enne di Foggia. Sono ritenuti responsabili dell’attacco al bancomat della Bper di Miglianico (Chieti) del 9 settembre 2021, di analogo colpo alla Bcc Sangro Teatina di Canosa Sannita (Chieti) il 16 settembre successivo e del colpo del 7 ottobre, sempre con esplosivo, messo a segno all’ufficio postale di San Vincenzo di Guardiagrele (Chieti), furti con bottino complessivo di 76 mila euro. Nelle indagini è finito anche l’abbandono, durante la fuga, di due ordigni, altrettante “marmotte” poi recuperate dai Carabinieri. I particolari sono stati resi noti in conferenza stampa dal comandante provinciale dei Carabinieri di Chieti, col. Alceo Greco, dai comandanti delle Compagnie di Lanciano e Chieti, Vincenzo Orlando e Massimo Di Lena, dal comandante del nucleo investigativo, Placido Abbatantuoni, e dal comandante della Compagnia di Ortona, Luigi Grella.
La banda poteva contare, come base logistica-operativa, su un’abitazione a Francavilla al Mare (Chieti). Utili per individuare gli otto sono state le immagini delle telecamere di sorveglianza nelle aree dei furti, l’esame del Dna prelevato sui reperti, il cui esito è stato comparato con i profili genetici presenti nella banca dati nazionale, e l’esame informatico dei Gps di auto e cellulari.

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